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La legittimazione dei consiglieri comunali ad impugnare gli atti dell'organo di cui fanno parte



di Gerolamo Taras - Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, la legittimazione dei consiglieri comunali adimpugnare gli atti degli organo di cui fanno parte, è limitata ai casi in cuivengono in rilievo determinazioni direttamente incidenti sul dirittoall'ufficio ovvero violazioni proceduralilesive in via diretta del munus dicomponente dell'organo (Cons. Stato, Sez. IV 2.10.2012 n. 5184).

In altre parole i singoli consiglieri possono agirecontro atti del Consiglio comunale solo quando, in relazione a tali atti, èvulnerato l'esercizio del mandato connesso alla loro carica elettiva. Nessuna norma o principio conferisce loro, infatti, un autonomo poteredi azione popolare tale da consentire di agire sempre e comunque in giudizio alfine di ottenere il ripristino della legalità che assumono violata.

Inoltre il giudizio amministrativo non ènella normalità dei casi deputato a risolvere controversie tra organiappartenenti ad uno stesso ente ovvero tra i componenti di uno stesso organo. Ne consegue che la legittimazione deiconsiglieri comunali ad impugnare gli atti dell'organo di cui fanno parte vacircoscritta entro limiti ben precisi, connaturati alla posizione dagli stessirivestita, ed in particolare una siffatta legittimazione può essere ipotizzatasoltanto allorché vengano in rilievo atti incidenti in via diretta sul dirittoall'ufficio, ovvero violazioni procedurali direttamente lesive del“munus” rivestito dal componente dell'organo; diversamente, deve escludersi chein capo ai consiglieri sia configurabile un interesse protetto e differenziatoall'impugnazione delle deliberazioni dell'organismo di appartenenza, non essendoconsentita ai consiglieri medesimi la proposizione di un'azione popolare voltaa contestare in astratto la legittimità dell'atto impugnato (Cons. Stato, sez.V, 15 dicembre 2005, n. 7122; da ultimo, T.A.R. Liguria, sez. II, 15 febbraio2007, n. 231).

Il Tribunale Amministrativo Regionale perla Sardegna (Sezione Seconda) con la sentenza N. 00815/2014 del 15/10/2014, aderendoall' orientamento maggioritario presente nella Giurisprudenza Amministrtativa, haritenuto inammissibile per difetto di legittimazione ad agire, il ricorsopresentato da alcuni consiglieri comunali controun atto deliberativo dell' organo di cui facevano parte, chiedendone l'annullamento.

Oggetto della delibera: la surrogazione diun Consigliere Comunale dimissionario.

I ricorrenti avevano lamentato sotto diversi profilila violazione delle disposizioni che presidiano la regolare convocazione dell'assemblea comunale. I vizi proceduraliavrebbero compromesso o comunque pregiudicato il pieno dispiegarsi delleprerogative connesse alla loro carica.

Di diverso avviso il TAR: l' adozione della deliberazione di surroga deiConsiglieri Comunali dimissionari, contemplata dall' articolo 38 del TestoUnico degli Enti Locali, costituisce un obbligo per l' Ente Locale, che deve provvedervientro il termine di dieci giorni dalla presentazione delle dimissioni. Taleattività, oltre che obbligatoria, è anche vincolata nel contenuto, come previstodal successivo art. 45 (Nei consigli provinciali, comunali ecircoscrizionali il seggio che durante il quinquennio rimanga vacante perqualsiasi causa, anche se sopravvenuta, è attribuito al candidato che nellamedesima lista segue immediatamente l'ultimo eletto). Per cui, in questo caso, non si ravviserebbe un concreto e specifico interesse deiricorrenti a contestare la legittimità di un atto il cui contenuto, privo diogni contenuto provvedi mentale, sarebbe comunque interamente sottratto ad unaloro possibilità di intervento.

Il TAR richiama, a sostegno della propria decisione, le argomentazioni contenute nellasentenza del TAR Abruzzo, n. 667 del 30 luglio 2005, attinente ad una vicendasostanzialmente analoga:

Occorreaver riguardo in proposito a quelli che sono, nella vicenda all'esame, gliinteressi degni di tutela secondo l'ordinamento.

Tali interessi sono quelli, da una parte, tesi allaricostituzione del “plenum” dell'Organo consiliare e, dall'altra, quelli tesi agarantire l'esercizio dello “jus ad officium” del consigliere subentrante.Detti interessi, in virtù dei quali è possibile agire in giudizio ove subiscanolesione, trovano tutela contestuale nell'art.38.8 del D.Lvo 18.8.2000, n.267,secondo cui “il Consiglio, entro e non oltre dieci giorni, deve procedere allasurroga dei consiglieri dimissionari…”, nonché nell'art.45.1 del medesimo testonormativo che, nel caso di seggio che rimanga vacante nei consigli provinciali,comunali e circoscrizionali, lo attribuisce al candidato che nella medesimalista segue immediatamente l'ultimo eletto.

Le norme citate, imponendo al Consiglio l'obbligo diprocedere alla surroga e configurandoquindi per tale ragione la relativa attività come vincolata e obbligatoria,tutelano in primo luogo l'interesse pubblico al buon andamento della P.A. dicui all'art.97 della Cost. mediante la presenza in Consiglio di tutti glieletti espressi dal corpo elettorale, la cui volontà quindi la legge si premuradi rispettare, in secondo luogo tendono a garantire l'espletamento del mandatoda parte del primo dei non eletti e a tutelare la specifica manifestazione divolontà dei cittadini elettori che per costui hanno espresso la loro preferenza(cfr. C.S., sez.V, 17.7.2004, n.5157).

Le disposizioni citate quindi individuano ecircoscrivono l'ambito degli interessi tutelabili e le correlative posizionilegittimanti, ambito dal quale esula l'interesse fatto valere dai ricorrenti,giuridicamente qualificabile quale interesse di mero fatto, in quanto nonconsiderato dalle norme, rispetto alle quali anzi si muove in direzioneopposta, ponendosi in contrasto con fondamentali principi dell'ordinamento.

Nella specie è fuori dubbio che la deliberazione disurroga sia atto necessario e dovuto, tanto che, secondo la giurisprudenza, lasua natura di atto obbligatorio e vincolato lo sottrae a margini didiscrezionalità sull'an e sul quid o di valutazioni politiche espresse dallamaggioranza o, come nella specie, dalla minoranza, con l'effetto che l'obbligodi restituire all'organo consiliare comunale la sua integrità consente solo diverificare nei surrogandi la sussistenza o meno delle cause ostative previstedalla legge (TAR Piemonte, sez.II, 3.6.1993, n.221; C.S., 22.11.1991, n.1346).

La questione, della legittimazione alricorso dei consiglieri comunali di minoranza contro atti del loro comune chenon incidono sull'esercizio del loro mandato, né sul loro status ovverosulle prerogative del loro ufficio, è stata oggetto di numerose pronunce della MagistraturaAmministrativa. In tutte le decisioni èpresente la preoccupazione di non limitare le prerogative dei ConsiglieriComunali, ma al tempo stesso di evitare l' utilizzo “di presunte irregolarità nel procedimento formativo dell'atto lesivedel diritto del consigliere per sostenere una impugnativa fondata su vizisostanziali di merito della deliberazione. Invero, se l'interesse delconsigliere è alla tutela del proprio ufficio il contenuto dell'atto è allostesso perfettamente indifferente”.

“Deve rilevarsi che la tutela del ius adofficium appare, né potrebbe essere diversamente, del tutto svincolata dalcontenuto o dalla legittimità sostanziale degli atti in relazione ai quali lapredetta lesione si è verificata. Di talchè anche un atto perfettamentelegittimo nei propri profili sostanziali ovvero opportuno può nondimeno esserestato assunto in violazione dello ius ad officium dei consiglieri e come taleessere annullato”.

“Non appare possibile, tuttavia, utilizzare presunteirregolarità nel procedimento formativo dell'atto lesive del diritto delconsigliere per sostenere una impugnativa fondata su vizi sostanziali di meritodella deliberazione”.

“Opinare diversamente significa realizzare unainammissibile trasposizione della dialettica maggioranza opposizione in sedegiurisdizionale” TAR Genova 231/2007.

Ancora il Consiglio di Stato (SezioneQuinta sentenza N. 02213/2013) recentemente ha evidenziato che "la legittimazione dei consiglieridissenzienti ad impugnare le delibere dell'organo di cui fanno parte hacarattere eccezionale, dato che il giudizio amministrativo non è di regolaaperto alle controversie tra organi o componenti di organi di uno stesso ente,ma è diretto a risolvere controversie intersoggettive, per cui esso rimane circoscrittoalle ipotesi di lesione della loro sfera giuridica, quale ad esempio loscioglimento e la nomina di un commissario ad acta, in cui dettoeffetto lesivo discenda ab externo rispetto all'organo di cui fa parte (così lasentenza 31 gennaio 2001, n. 358);

- la legittimazione ad agire dei consiglieri nonrisiede nella deviazione dell'atto impugnato rispetto allo schemanormativamente previsto, quando da essa non derivi la compressione di unaprerogativa del loro ufficio protetta dall'ordinamento generale, occorrendo inogni caso avere riguardo, a questo fine, “alla natura ed al contenutodella delibera impugnata” e non già delle norme interne relative alfunzionamento dell'organo (sentenza 15 dicembre 2005, n. 7122);

- conseguentemente, la contestazione deiconsiglieri dissenzienti non può quindi limitarsi a censurare l'oggetto o lemodalità di formazione della deliberazione senza dedurre che da esse ne siaderivata una lesione dalle loro prerogative, giacché questa non discendeautomaticamente da violazione di forma o di sostanza nell'adozione di un attodeliberativo (sentenza 29 aprile 2010, n. 2457).

Mentre; con la sentenza N.00593/2014, la Sesta Sezione del Consiglio di Stato, precisa che “l'impugnativadi singoli consiglieri può ipotizzarsi soltanto allorché vengano in rilievoatti incidenti in via diretta sul diritto all'ufficio dei medesimi e, quindi,su un diritto spettante alla persona investita della carica di consigliere,dovendosi escludere che ogni violazione di forma o di sostanza nell'adozione diuna deliberazione, che di per sé può produrre un atto illegittimo impugnabiledai soggetti diretti destinatari o direttamente lesi dal medesimo, si traducain una automatica lesione dello ius ad officium (cfr. exmultis Cons. Stato, IV, 2 ottobre 2012, n. 5184; V,15 dicembre 2005 n.7122).

In particolare, si ritiene che vi sialegittimazione al ricorso solo quando i vizi dedotti attengano ai seguentiprofili: a) erronee modalità di convocazione dell'organo consiliare; b)violazione dell'ordine del giorno, c) inosservanza del deposito delladocumentazione necessaria per poter liberamente e consapevolmente deliberare;d) più in generale, preclusione in tutto o in parte dell'esercizio dellefunzioni relative all'incarico rivestito”.

In definitiva, la legittimazione dei consiglieri comunaliall'impugnazione delle deliberazioni dell'organismo collegiale del quale fannoparte è ravvisabile soltanto ove le stesse investano direttamente la sferagiuridica del ricorrente, negandogli l'esercizio delle prerogative correlateall'ufficio pubblico di cui sia titolare.

Data: 04/11/2014 16:50:00
Autore: Gerolamo Taras