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Realizzazione dell'opera pubblica su terreno occupato in assenza di un valido titolo di esproprio.



di Gerolamo Taras - Il completamento dell'opera pubblica el'irreversibile trasformazione del bene sine titulo non determinano alcuneffetto acquisitivo della proprietà in capo alla P.A.

La mancata adozione del decreto di esproprio entro il periodo di vigenzadella dichiarazione di pubblica utilità determina l'inefficacia del decreto dioccupazione di urgenza e della dichiarazione di pubblica utilità, così darendere privo di titolo tutto il periodo di occupazione dei terreni,compreso anche il periodo di inizialelegittima occupazione, anche se all'epoca supportato dal decreto di occupazione d'urgenza.

E' quanto emerge dalla Sentenza n. 00706/2014del TribunaleAmministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Seconda) pronunciata nellacausa intentata dai proprietari per il risarcimento dei danni loro derivanti dall' occupazione di alcuni immobili. Occupazionedisposta, in esecuzione dei decreti di occupazione d'urgenza emessi dal Sindaco di un Comune dellaSardegna, per la realizzazione di un' opera pubblica, ma alla quale non eraseguito nei termini il decreto di esproprio.

I ricorrenti hanno sostenuto di aver perso la proprietà dei loro terreni per accessione invertita (la Pubblica Amministrazione sarebbe diventata proprietaria dell' immobile in conseguenza della realizzazione dell'operapubblica in assenza deldecreto di esproprio).

Hanno chiesto, quindi, la condanna del Comune al risarcimentodei danni connessi alla occupazione illecita e per la perdita della proprietà.

Secondo il TAR la domanda di risarcimento danni per laperdita della proprietà non può essere accolta: ilcompletamento dell'opera pubblica e l'irreversibile trasformazione del benesine titulo non determinano, infatti, alcun effetto acquisitivo della proprietàin capo alla P.A.

Viene invece accolta la domanda di risarcimento, con riferimento ai danni conseguenti al mancato godimento delle areeoccupate, a partire dalle date di occupazione delle stesse da parte del Comuneper la realizzazione dell'opera pubblica.

Queste le argomentazioni del Giudice.

“Come già affermato dalla Sezione con la sentenza del 19 febbraio 2013 n.145, il principio dell'occupazioneacquisitiva, per effetto della realizzazione dell'opera pubblica sulterreno occupato, è stato riconsiderato dal Consiglio di Stato con le sentenze A.P.,29.04.2005, n. 2 e sez. IV, 21.05.2007, n. 2582, che il Collegio condivide,nella quale ultima è stato ribadito chetale modalità di acquisto della proprietà “non è conforme ai principi dellaConvenzione Europea sui diritti dell'uomo, che hanno una diretta rilevanzanell'ordinamento interno, poiché:

- per l'art. 117, primo comma, della Costituzione, le leggi devonorispettare i “vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario”;

- per l'art. 6 (F) del Trattato di Maastricht (modificato dal Trattato di Amsterdam),«l'Unione rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dallaConvenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertàfondamentali, ... in quanto principi generali del diritto comunitario»;

- per la pacifica giurisprudenza della CEDU si è posta in diretto contrasto con l'art. 1, prot. 1, della Convenzionela prassi interna sulla ‘espropriazione indiretta', secondo cuil'Amministrazione diventerebbe proprietaria del bene, in assenza di un attoablatorio”

Nella sentenza si afferma anche che “dallaConvenzione europea e dal diritto comunitario già emerge il principio chepreclude di ravvisare una ‘espropriazione indiretta' o ‘sostanziale', pur inassenza di un idoneo titolo, previsto dalla legge.”

Orbene, l'istituto, di matrice giurisprudenziale, della c.d. accessione invertita (o occupazione acquisitiva ousurpativa) è stato espunto dall'ordinamento giuridico per effettodell'intervento della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo che ha imposto unadeguamento della disciplina in materia con l'introduzione, da ultimo,dell'art. 42 bis del T.U. degli espropri, applicabile anche “ai fatti anteriorialla sua entrata in vigore”.

Alla luce del richiamato contesto normativo e giurisprudenziale, ilcompletamento dell'opera pubblica e l'irreversibile trasformazione del benesine titulo non determinano alcun effetto acquisitivo della proprietà in capoalla Pubblica Amministrazione.

Di conseguenza i ricorrenti sono daritenersi tutt'ora proprietari dei terreni occupati sine titulo dal Comune, ilquale potrà essere chiamato a restituirli.

Nel caso in esame tuttavia, il TAR non ha potuto ordinare la restituzione delle aree infavore dei ricorrenti, mancando una specifica domanda in tal senso. Né ha potuto condannare il Comune a risarcire i danni asseritamente subiti per effetto dellaperdita del diritto dominicale, in quanto, tale circostanza non si è maiverificata. I ricorrenti risultano tuttora proprietari dei terreni in questione.

Il risarcimento del danno è stato riconosciuto per tutto il periodo di illecita utilizzazione del bene da parteComune e cioè dalle date di immissione in possesso nelle aree fino alla datadella loro restituzione oppure, nell'ipotesidi adozione del provvedimento di acquisizione sanante, fino al passaggiodella proprietà dei terreni in capo al Comune.

La quantificazione va fatta ai sensi dell'art. 42 bis del D.P.R. n. 327/2001, comma 3 e va pertanto operata anno peranno in base al valore del terreno alla data del 31 dicembre di ogni anno diriferimento; segnatamente va riconosciuto per ogni anno di occupazioneillecita, ove non risulti una diversa entità del danno, il 5% del valore che l'areaaveva al termine di ogni anno di occupazione. I ratei così ottenuti vannomaggiorati di interessi e rivalutazione monetaria fino all'effettivo pagamentodelle relative somme .

Non manca l' invito al Comune che, “anche al fine dievitare un successivo contenzioso, dovràvalutare l'opportunità di avviare, sussistendone i presupposti di legge, il procedimento di cui all'articolo 42 bisdel D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 - Testo unico delle disposizioni legislative eregolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità- finalizzatoall'adozione di un provvedimento motivato di acquisizione dei terreni occupati;in questa ipotesi dovrà riconoscere ai ricorrenti il danno da perditadefinitiva della proprietà, da liquidarsi nel rispetto dei criteri indicati dalcitato articolo. Ove ritenga che nonsussistano i presupposti per disporre l'acquisizione sanante, dovràconseguentemente restituire i terreni ai ricorrenti, previa riduzione inpristino con l'eliminazione delle opere realizzate sui terreni medesimi.

Apriamo una piccola parentesi sull'istituto della cosiddetta “accessione invertita o occupazione acquisitiva ousurpativa” - che chiaramente non può essere ridotto in queste poche pagine: molte le problematiche rimaste tuttoraaperte, anche dopo l' introduzione dell' articolo 42 bis (Utilizzazionesenza titolo di un bene per scopi di interesse pubblico) sul testo unico degli espropri. E sicuramente torneremosulla materia. Infatti la norma, che è stata introdotta dall'art. 34 d.l. 6.7.2011, n. 98, convertito con modificazioninella l. 15.7.2011, n. 111 a seguito della declaratoria di incostituzionalitàdel previgente art. 43, reca la disciplina della cd. acquisizione sanante, ed èstata (ed è tuttora) oggetto di un vivace dibattito giurisprudenziale relativo, inparticolare, all'ampiezza dei poteri decisori del g.a. investito di unacontroversia concernente l'occupazione illegittima o senza titolo di un bene ela relativa trasformazione.

Sulle origini dell' istituto citiamo un passodella sentenza n. 2/2005 dell' Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato.

La giurisprudenza più risalentedi questo Consiglio di Stato (ex multis: IV, 17 gennaio 1978 n. 14 e 19dicembre 1975 n. 1327) conosceva l'istituto dell'espropriazione in sanatoria,rivolta ad assicurare ad opere pubbliche realizzate in virtù di occupazioned'urgenza scaduta o di occupazione abusiva la possibilità di sanatoria, inforza di un decreto di espropriazione emesso ex post, dotato di efficaciaretroattiva.

Tale giurisprudenza, idonea perun verso a “regolarizzare” la situazione proprietaria del bene in capoall'amministrazione, palesava peraltro, proprio a causa dei suoi effettiretroattivi, limiti sul versante della tutela del privato, soprattutto sotto ilprofilo dei rapporti tra risarcimento del danno e indennità di espropriazione.

La Corte di cassazione fu,pertanto, indotta a elaborare un istituto volto a contemperare i problemilegati alla perdita della proprietà con il riconoscimento di un'adeguatariparazione sul piano economico del proprietario.

Così, con una “inversione”della fattispecie civilistica dell'accessione, intesa come modo di acquistodella proprietà, fu elaborata la figura pretoria dell'occupazione appropriativa(o accessione invertita) (Cass. 26 febbraio 1983 n. 1464), che lega tra loroacquisto della proprietà da parte dell'amministrazione e realizzazionedell'opera pubblica; mentre gli ulteriori successivi sviluppi giurisprudenzialihanno consentito di distinguere da tale ipotesi e assoggettare a diversadisciplina quelle che sono state definite occupazioni usurpative (Cass. 18febbraio 2000 n. 1814; Cass. 28 marzo 2001 n. 4451), caratterizzate dallaradicale mancanza di un titolo pubblicistico legittimante.

L'elaborazionegiurisprudenziale in esame, sostanzialmente condivisa anche dalla prevalentegiurisprudenza di questo Consiglio di Stato, oltre a manifestare non pochipunti di incertezza in diritto (si pensi solo alla tematica del rapporto trarisarcimento e indennizzo e ai problemi inerenti alla prescrizione), presentavae presenta aspetti problematici anche con riferimento alla individuazione delmomento in cui l'opera pubblica possa ritenersi realizzata (e conseguentementeed irreversibilmente acquisito il suolo alla proprietà pubblica).

I contrastanti orientamenti seguiti dalla Corte diCassazione e dal Consiglio di Stato, soprattutto con riferimento allefattispecie in cui la giurisprudenza configurava la c.d. accessione invertita(o occupazione acquisitiva) come sottolineato nella sentenza n. 00145/2013 del TAR Sardegna, hanno sollevatoseri problemi per la individuazionedel criterio di riparto della giurisdizione in materia di espropriazioni perpubblica utilità. Le divergenze sonostate appianate con l'ultimo interventodella Corte Costituzionale, che ha delineatocon precisione il quadro delle competenze giurisdizionali in materia diespropri.

La Corte, tra l'altro, ha chiarito che “deve ritenersiconforme a Costituzione la devoluzione alla giurisdizione esclusiva del giudiceamministrativo delle controversie relative a comportamenti (di impossessamentodel bene altrui) collegati all'esercizio, pur se illegittimo, di un pubblicopotere, laddove deve essere dichiarata costituzionalmente illegittima ladevoluzione alla giurisdizione esclusiva di comportamenti posti in essere incarenza di potere ovvero in via di mero fatto” (Corte Cost. 11 maggio 2006 n.191).

In buona sostanza, laddove la lesione deldiritto di proprietà è riconducibile all'esercizio, sia pure illegittimo, delpotere pubblico la giurisdizione appartiene al giudice amministrativo.

Per contro sussiste la giurisdizione del giudiceordinario quando l'utilizzazione della proprietà privata avvenga in via di merofatto – perché manca il vincolo preordinato all'esproprio o la dichiarazione dip.u. – ovvero inizi in un momento in cui la P.A. ha già perduto ogni potereablatorio per la sopravvenuta inefficacia della pubblica utilità (Cass.SS.UU.19501/08).

Data: 04/09/2014 14:00:00
Autore: Gerolamo Taras