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Mantenimento: il passaggio dall'affido esclusivo a quello condiviso non comporta una riduzione dell'assegno



Con sentenza n. 16649 del 22 luglio 2014, la Corte diCassazione ha chiarito un principio di diritto in ordine alla misura dell'assegno di mantenimento inuna vicenda inerente la richiesta di revisione da parte del padre obbligato, in conseguenza del passaggio dal regime diaffidamento esclusivo dei figli alla madre a quello di affidamento condiviso.

Escludendo chetale passaggio comporti, men che meno automaticamente, una riduzione dellamisura del contributo al mantenimento dei figli disposto nel regime diaffidamento esclusivo, la Suprema Corte ha affermato che “tale riduzione può essere disposta solo con riguardo a concreteevidenze di riduzione del carico di spesa e di impiego di disponibilitàpersonali derivanti dall'affidocondiviso”.

L'affidamentocongiunto dei figli ad entrambi i genitori ha chiarito infatti la corte è “istituto che, in quanto fondato sull'esclusivointeresse del minore, non fa venir menol'obbligo patrimoniale di uno dei genitori di contribuire, con lacorresponsione di un assegno, al mantenimento dei figli, in relazione alle loroesigenze di vita, sulla base del contesto familiare e sociale di appartenenza, rimanendoper converso escluso che l'istituto stesso implichi, come conseguenza"automatica”, che ciascuno dei genitori debba provvedere paritariamente,in modo diretto ed autonomo, alle predette esigenze”.

Pronunciandosi,anche in ordine alla questione dell'assegnazione di parte della casa familiare(disposta, per l'intero, a favore della madre insieme ai figli), la SupremaCorte ha rigettato la richiesta delpadre di riduzione di una porzione dell'abitazione (nella specie, villa sudue piani fuori terra) con attribuzionein suo favore dell'appartamento al primo piano, previe opere di chiusura della comunicazione con il pian terrenoriservato all'ex moglie e ai figli.

Condividendo lestatuizioni della Corte d'appello, la Cassazione ha ritenuto che il principio ispiratore dell'assegnazionedella casa familiare è “quello di conservare, nell'interesse esclusivo deifigli, l'habitat domestico, inteso comeil centro degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui siesprime e si articola la vita familiare”.

Per cui, nel casodi specie, aldilà delle concrete possibilità di creazione di due distinteautonome unità abitative (trattandosi di casa di ampie dimensioni, articolatasu due livelli), la Corte ha ritenuto “ladivisibilità dell'abitazione non conforme all'interesse dei minori – daritenersi preminente e compatibile con le condizioni economiche del padre – di conservare la disponibilità dell'interoimmobile che è stato concepito, realizzato e adibito a unitaria abitazione familiare, e di non subire, nellaloro vita quotidiana, il peso e i rischi di ulteriori conflitti familiari che sai ebbero, presumibilmente, incentivatidall'abitazione dei genitori nello stesso fabbricato”.

Data: 28/07/2014 18:30:00
Autore: Marina Crisafi