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Perdita del congiunto: Tribunale di Ascoli, senza convivenza nessun risarcimento ai nipoti



In tema di danno non patrimoniale daperdita del congiunto, non spetta nessunrisarcimento ai nipoti per la morte di uno degli ascendenti, in assenza di unrapporto di convivenza o, comunque, della dimostrazione di un particolarerapporto di stretto legame affettivo intrattenuto con l'ascendente stesso.

Lo ha stabilito il Tribunale di Ascoli, con ordinanza n. 4/2014, in una vicenda di malpractice medica, negando ilrisarcimento dei danni non patrimoniali ai nipoti di una donna, morta inseguito ad una intempestiva somministrazione di cure a causa della sottostimadel quadro patologico.

Il principio si colloca nel solco del recente orientamento della giurisprudenzadi legittimità (vedi “Cassazione: nuovi stili di vita,niente danni ai nipoti se muore nonno in incidente” su questo portale), richiamato dallo stesso collegio ascolano, secondo il quale “nell'ambito del danno non patrimoniale da perdita di congiunto, il rapporto reciproco tra nonni e nipoti,per essere giuridicamente qualificato e rilevante deve essere ancorato allaconvivenza, escludendo che, in assenza di questo presupposto, possaprovarsi in concreto l'esistenza di rapporti costanti e caratterizzati daaffetto reciproco e solidarietà con il familiare defunto” (così Cass. n.4253/2012 che riprende Cass. n. 6938/1993).

Le conclusionicui è pervenuta la Cassazione in ordine al suddetto principio di diritto si fondano, in sostanza, sia sullaconfigurazione “nucleare” della famiglia, composta da coniuge, genitori efigli in base al quadro emergente dalla Costituzione, sia sulla posizione dei nonni nell'ordinamento giuridico, giacchèle disposizioni civilistiche che li concernono specificamente “non consentonodi poter fondare un rapporto diretto, giuridicamente rilevante, tra nonni enipoti, evidenziando, invece, un rapportomediato dai genitori o di supplenza”, con il fine ultimo di contemperare, da un lato, la necessità di evitare una ingiustificatadilatazione dei soggetti danneggiati e, dall'altro, di assicurare la tutela di valori garantiti costituzionalmente.

Per taliragioni, la convivenza vieneindividuata quale “connotato minimo attraverso cui si esteriorizza l'intimitàdei rapporti parentali, anche allargati, caratterizzati da reciprocivincoli affettivi, di pratica della solidarietà, di sostegno economico” e vienespecificato che solo in tal guisa “ilrapporto tra danneggiato primario e secondario assume rilevanza giuridicaai fini della lesione del rapporto parentale, venendo in rilievo la comunitàfamiliare come luogo in cui, attraverso la quotidianità della vita, si esplicala personalità di ciascuno (art. 2 Cost.)”.

Tuttavia, giova rilevare come la stessa giurisprudenzadi legittimità, ha ritenuto che laconvivenza non possa essere considerata condizione necessaria per larisarcibilità del danno per la perdita del congiunto, e nello specifico di unascendente, bensì solo uno deipresupposti che, oltre al vincolo di stretta parentela, sono richiesti perfar ritenere che la morte del familiare abbia comportato la perdita di unvalido e concreto sostegno morale.

Tale diversoindirizzo pone, quindi, l'accento sulla “lesionedi valori costituzionalmente protetti e di diritti umani inviolabilideterminato dal decesso del congiunto e la conseguente perdita dell'unitàfamiliare quale perdita di affetti e di solidarietà inerenti alla famiglia comesocietà naturale, escludendosi che l'assenza di coabitazione possa essereconsiderata elemento decisivo di valutazione qualora sia imputabile acircostanze di vita che non escludono il permanere dei vincoli affettivi e lavicinanza psicologica con il congiunto deceduto” (cfr. Cass. n. 20231/2012;n. 15019/2005; n. 16716/2003).

Secondo isuddetti orientamenti richiamati, pertanto, il requisito della convivenza non può ritenersi determinante, poiché“attribuire a tale situazione un rilievo decisivo porrebbe ingiustamente in secondo piano l'importanza di un legameaffettivo e parentale la cui solidità e permanenza non possono ritenersi minoriin presenza di circostanze diverse, checomunque consentano una concreta effettività del naturale vincolo nonno-nipote:ad esempio, una frequentazione agevole eregolare per prossimità della residenza o anche la sussistenza - del tuttoconforme all'attuale società improntata alla continua telecomunicazione - dimolteplici contatti telefonici o telematici. A ben guardare, anzi, è proprio lacaratteristica suddetta di intenso livello di comunicazione in tempo reale cherende del tutto superflua la compresenza fisica nello stesso luogo percoltivare e consentire un reale rapporto parentale e ciò vale tanto per i nonniverso i nipoti quanto - il che è assai comune oggi, senza peraltro,significativamente, porre in dubbio o in una posizione di deminutio larisarcibilità - per i genitori verso figli che lavorano o studiano in altracittà o addirittura all'estero”. (cfr. Cass. Pen. n. 29735/2013).

Pertanto, persiffatto indirizzo ermeneutico, l'interpretedeve prescindere “da presunzioni generali juris et de jure”, utilizzandoinvece quale parametro “il concreto configurarsidelle relazioni affettive e parentali in ragione di peculiari condizionisoggettive e situazioni di fatto singolarmente valutabili, escludendo ognicarattere risolutivo della convivenza, che costituisce comunque unsignificativo elemento di valutazione in assenza del quale, tuttavia, puòcomunque dimostrarsi la sussistenza di un concreto pregiudizio derivante dallaperdita del congiunto”; in ogni caso, trattandosi di un accertamento - sulla base dell'adempimento dell'onere probatorio daparte del soggetto che chiede il risarcimento “non sussistendo alcuna praesumptio a suo favore” - che deve essere dal giudice attentamenteverificato (Cass. n. 29735/2013).

Vai al testo dell'ordinanza

Data: 30/07/2014 15:30:00
Autore: Marina Crisafi