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Liti tra vicini: se l'offeso va via per evitare la discussione cade il reato di minacce



Apostrofata e minacciata inmalo modo dal vicino di casa, la persona offesa rientra in casa per sottrarsiallo scontro. Nessun dubbio, quindi, per la Cassazione sul reato di ingiuria. Cade,invece, l'ipotesi del reato di minacce perché la scelta volontaria della personaoffesa di rientrare nella propria abitazione non è frutto di timore o paura, madesiderio di sottrarsi ad una situazione molesta.

È questa ladecisione adottata dalla Cassazione,nella sentenza n. 29221 del 4 luglio2014, in una vicenda inerente una delle classiche liti condominiali che aveva visto un uomo condannato dal giudicedi pace di Cosenza alla pena pecuniaria in ordine ai reati di ingiuria e minacce a danno del vicino. Nello specifico, l'imputatoera stato ritenuto responsabile di avere rivolto, per l'ennesima volta, allapersona offesa, sia pure dopo che la stessa si era allontanata dal pianerottolodi casa ma in presenza della moglie, l'espressione “scostumato di m…a”, tenendo altresì un comportamento minaccioso cheaveva indotto il vicino offeso ad andare via.

Premettendo preliminarmenteche “la configurazione del reato diminaccia non può prescindere dalla rappresentazione, ad opera dell'agente, diun male futuro ed ingiusto, la cui verificazione dipenda dalla sua volontà”,la Corte ha ritenuto che, nel caso di specie, tale evenienza non si fosseverificata. È vero, infatti, che l'imputato aveva proferito un'espressioneverbale offensiva e volgare, ma non minacciosa nel senso specificato, e chedall'esame oggettivo dei fatti emergeva “lasola volontà – della persona offesa - di sottrarsi ad un comportamento dell'imputatodi tipo molesto, ma pur tuttavia estraneo a qualsivoglia rappresentazione,anche soltanto gestuale, di un futuro male ingiusto dipendente dalla suavolontà”.

Quanto al reatodi ingiuria, invece, la Corte ha considerato le censure dell'impugnante manifestamenteinfondate.

È principiopacifico in giurisprudenza, ha affermato, infatti, la S.C. che “può configurarsi l'ingiuria anche quando lavittima delle espressioni offensive non possa dirsi effettivamente presente”,ovvero quando, come nel caso di specie, “per distrazione o per rumoriinterferenti non sia riuscita apercepire l'esatta portata delle espressioni ad essa rivolte, ma ne sia stata immediatamente informata daaltre persone presenti”. Risponde, inoltre, del reato “colui che si serva, per la comunicazione, di un intermediario – perquanto non concorrente – essendo sufficiente l'indubbia consapevolezza dell'agenteche l'ingiuria sia comunicata all'offesoe che questi ne abbia effettiva comunicazione”.

Per questimotivi, la Cassazione ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata perinsussistenza del reato di minacce e rinviato al giudice di pace di Cosenza perla determinazione della pena in ordine al residuo reato di ingiuria.

Data: 27/07/2014 10:00:00
Autore: Marina Crisafi