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Contrattazione privata: no all'obbligo di manifestare i motivi per i quali si contrae



"(…) pur non avendoil contraente diritto di occultare i fatti, la cui conoscenza siaindispensabile alla controparte per una corretta formazione della propriavolontà contrattuale, l'obbligo informativo non può essere esteso fino al puntodi imporre al medesimo contraente di manifestare i motivi per i quali stipulail contratto, cosi da consentire all'altra parte di trarre vantaggio nondall'oggetto della trattativa, ma dalle altrui motivazioni e risorse".

A dirlo è la Cassazionecon la sentenza 20 dicembre n. 28581, emessa nell'ambito di un giudiziopendente tra privati e avente ad oggetto la richiesta di condanna da parte diquest'ultimo al risarcimento di tutti i danni, dal primo cagionati per averglifatto acquistare un magazzino, ad un prezzo di gran lunga superiore al suo realevalore di mercato.

La vicenda, per verità,trae origine dalla notifica da parte dei legittimi proprietari dell'immobilecitato, ai conduttori dello stesso – seppure da questi utilizzato solo inparte, ed in forza del diritto di prelazione ad essi spettante ai sensidell'art. 38 legge 392/78, di un fittizio contratto preliminare dicompravendita, avente ad oggetto la vendita a terzi del magazzino da essicondotto in locazione.

Tale preliminare di compravenditaaveva indotto i due conduttori ad acquistare l'immobile da loro utilizzato qualesede della propria attività commerciale, per un prezzo notevolmente superiore alsuo reale valore commerciale.

La vicenda portatadinanzi alla Cassazione veniva risolta nei termini di cui segue.

Già la Corte d'Appellodi Palermo avanti alla quale si celebrava il giudizio di secondo grado,inquadrava la vicenda de quo quale ipotesidi dolo incidente ex art. 1440 c.c., “incui il raggiro architettato dalle venditrici non era stato tale da determinareil consenso dell'altra parte a stipulare il negozio, ma aveva comunque indottoquest'ultima a concludere il contratto a condizioni certamente più oneroserispetto a quelle da essi sperate. I due conduttori, nella fattispecie avevanosborsato la somma richiesta (che sapevano sproporzionata rispetto al prezzo dimercato, come del resto stabilito dalla CTU collegiale), allo scopo di non perdereil magazzino (e connesso avviamento) dove esercitavano la loro aziendafamiliare”.

La Cassazione, poi,chiarita la distinzione tra dolo determinante e dolo incidente, così concludeva:“il dolo quale vizio del consenso si riferisce a quegli artifici o raggiriposti in essere dal deceptor(contraente in mala fede) allo scopo di indurre il deceptus (contraente raggirato), alla conclusione di un negozio.Dottrina e giurisprudenza distinguono il dolo determinante - che sicaratterizza per avere determinato la vittima a stipulare un atto che nonavrebbe concluso ove non fosse stata ingannata - dal dolo incidente (incidens) che si limita ad incidere solosu tutte o su alcune condizioni del contratto. Si dice che in tal caso il doloha giuocato un ruolo solamente nel contesto del regolamento negoziale in quanto"se non fosse caduta in errore, la parte raggirata avrebbe stipulatol'atto a condizioni diverse e quindi per lei meno onerose". Proprio perquesto, ai sensi dell'art. 1440 c.c. il contratto non è annullabile e rimanevalido, ma viene però riconosciuto al deceptusil risarcimento del danno conseguente all'attività fraudolenta. (…) Nel caso dispecie, tuttavia, come "nell'ipotesi ipotesi di domanda di risarcimentoper dolo incidente relativa al danno derivante da un contratto valido edefficace ma sconveniente, l'eventuale esistenza dell'inganno nella formazionedel consenso non incide sulla possibilità di far valere i diritti sorti dalmedesimo contratto, ma comporta soltanto che il contraente, il quale abbiaviolato l'obbligo di buona fede, è responsabile del danno provocato dal suocomportamento illecito, commisurato al minor vantaggio ovvero al maggioraggravio economico prodotto dallo stesso. Ciononostante, - conclude la Corte – “pur non avendo il contraente diritto dioccultare i fatti, la cui conoscenza sia indispensabile alla controparte peruna corretta formazione della propria volontà contrattuale, l'obbligoinformativo non può essere esteso fino al punto di imporre al medesimocontraente di manifestare i motivi per i quali stipula il contratto, cosi daconsentire all'altra parte di trarre vantaggio non dall'oggetto dellatrattativa, ma dalle altrui motivazioni e risorse". (Cass. n. 5965 del16/04/2012).

Data: 13/01/2014 11:10:00
Autore: Sabrina Caporale