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Cassazione: legittimo il licenziamento per giusta causa del lavoratore assente ingiustificato



La Corte diCassazione, con sentenza n. 25824 del 18 novembre 2013, ha affermato lalegittimità del licenziamento intimato al lavoratore che non rientra inservizio, entro i termini indicati nella comunicazione inviatagli dal datore, affermandodi non aver mai ricevuto la raccomandata con l'invito a riprendere servizio.

La Suprema Corte,ricordando che "è principio già affermato in sede di legittimità, sebbenein tema di comunicazione del recesso ma validamente applicabile anche nellaspecie, quello secondo cui, qualora la comunicazione del provvedimento dilicenziamento venga effettuata al dipendente mediante lettera raccomandataspedita al suo domicilio, essa, a norma dell'art. 1335 c.c., si presumeconosciuta dal momento in cui giunge al domicilio del destinatario, ovvero, nelcaso in cui la lettera raccomandata non sia stata consegnata per assenza deldestinatario e di altra persona abilitata a riceverla, dal momento del rilasciodel relativo avviso di giacenza presso l'ufficio postale, precisa come nellaspecie, "risulta che la comunicazione presso l'indirizzo di Via (...) èstata restituita al mittente per compiuta giacenza il 25.8.2005 ed anche l'ulterioremissiva di contestazione degli addebiti era restituita al mittente il23.10.2005 sempre per compiuta giacenza, sì che la valutazione del giudice dimerito circa la sufficienza di tale attestazione, anche in considerazione dellamancanza di contrari elementi di prova forniti dalla controparte, si rivela deltutto corretta e si sottrae perciò alle censure della ricorrente."

D'altra parte- proseguono i giudici di legittimità - ai fini dell'applicazione dell'art.1335 cod. civ., è sufficiente osservare che tale disposizione consente disuperare la presunzione di conoscenza ivi prevista soltanto mediante la prova,da parte del destinatario, di essere stato, senza colpa, nell'impossibilità diavere avuto notizia dell'atto. Nel caso di specie, il ricorrente non forniscené allega alcun fatto diretto a dimostrare di non aver potuto avere conoscenzaeffettiva dell'atto, né che tale mancanza era ascrivibile ad un comportamentoincolpevole, cercando di imputare al mittente una colpevole utilizzazione di unindirizzo che, in base a regole di correttezza e buona fede, desunte da unricostruzione dei fatti del tutto personale, doveva ritenersi da parte dellasocietà da utilizzare successivamente agli altri indicati.

Nel caso presoin esame dalla Suprema Corte, la sentenza impugnata "ha fornito adeguatamotivazione, in linea con l'insegnamento giurisprudenziale di legittimità,secondo cui, per stabilire in concreto l'esistenza di una giusta causa dilicenziamento, che deve rivestire il carattere di grave negazione deglielementi essenziali del rapporto di lavoro ed in particolare di quellofiduciario e la cui prova incombe sul datore di lavoro, occorre valutare da unlato la gravità dei fatti addebitati al lavoratore, in relazione alla portataoggettiva e soggettiva dei medesimi, alle circostanze nelle quali sono staticommessi ed all'intensità dell'elemento intenzionale, dall'altro laproporzionalità fra tali fatti e la sanzione inflitta, stabilendo se la lesionedell'elemento fiduciario su cui si basa la collaborazione del prestatore dilavoro sia in concreto tale da giustificare o meno la massima sanzionedisciplinare".

La decisioneimpugnata dal lavoratore - si legge nella parte motivata della sentenza - apparerispettosa dei principi di diritto enunciati in materia da questa Corte, inquanto il giudice dal gravame ha dato conto delle ragioni poste a fondamentodella stessa, rilevando che "la condotta del lavoratore, connotata da un'assenzaprotrattasi per più di dieci giorni, anche sotto il profilo dell'elementointenzionale ha integrato un comportamento idoneo alla ravvisabilità dellagiusta causa del recesso, sia perché le eventuali convinzioni personali delricorrente sono, per quanto già detto, del tutto irrilevanti a fronte del datooggettivo della mancata presentazione al lavoro a seguito di regolare inviodella raccomandata presso il luogo dove secondo legge la stessa doveva essererecapitata, sia perché ogni conseguenza negativa è imputabile unicamente alpredetto, che avrebbe dovuto predisporre, secondo un principio di buona fede edi ordinaria diligenza, meccanismi idonei a rendere a lui conoscibile ognicomunicazione datoriale."

Data: 22/11/2013 11:00:00
Autore: L.S.