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Ammissione al passivo del fallimento del credito risarcitorio del lavoratore vittima di infortunio



Avv. Francesco Palumbo - Tribunale di Veronasezione fall. Decreto 27.11.2012 n. 6, est. Platania, Perbellini(avv. Zampieri) e Fall. Verona Ondulati (avv.Capuzzo).

"Infortunio sul lavoro.Responsabilità datoriale. Risarcimento del danno richiestoal passivo del fallimento del datore di lavoro in viaprivilegiata. Ammissibilità. Indennizzo corrisposto allavoratore dall'INAIL. Detrazione dall'ammontare complessivo delrisarcimento. Necessità.

Va ammesso al passivodel fallimento del datore di lavoro il credito risarcitorio dellavoratore vittima di infortunio sul lavoro a titolo di dannobiologico, in via privilegiata ex art. 2751 n. 1 cod.civ.

Va detratto,dall'ammontare del danno calcolato secondo i criteri adottati dalTribunale di Milano, l'indennizzo corrisposto al lavoratoredall'INAIL, non escludendosi che l'istituto assicuratore possainsinuarsi al passivo del fallimento in futuro e comunqueritenendo che il lavoratore non può ottenere unrisarcimento eccedente quanto effettivamentedovutogli".

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La decisione, che siannota, consente di affrontare i seguenti temi sottesi allaliquidazione del danno, in favore di lavoratore vittima diinfortunio o di malattia professionale e posto a carico deldatore di lavoro responsabile dell'evento lesivo, in concorso congli indennizzi corrisposti al lavoratore, per lo stesso evento,dall'INAIL:

1) il principio dellacompensatio lucri cum damno, ovvero il divieto di cumulare ilguadagno con il risarcimento;

2) l'adattamento diquesto principio all'esigenza della integralità delrisarcimento, in particolare in favore del lavoratore rimastovittima di un infortunio sul lavoro ovvero di una malattiaprofessionale;

3) ancora più inparticolare, il rispetto di detta esigenza per l'azione diregresso o surroga dell'INAIL in confronto del datore di lavoro,responsabile dell'infortunio o della tecnopatia, a frontedell'obbligo risarcitorio in favore del lavoratore vittimadell'evento dannoso;

4) infine, il confrontotra debito risarcitorio del datore di lavoro responsabile emancato esercizio dell'azione di rivalsa da parte dell'INAIL arecupero degli indennizzi corrisposti al lavoratore inconseguenza dell'infortunio o della tecnopatia.

La sentenza in esameprende lo spunto dalla domanda svolta dal lavoratore, vittima diinfortunio, nella causa di risarcimento avanzata a carico deldatore di lavoro responsabile, dichiarato fallito nel corso delgiudizio, di non detrarre dall'ammontare del risarcimentodovutogli quanto, separatamente, indennizzatogli dall'INAIL,stante l'accertato mancato esercizio dell'azione di rivalsa daparte dell'Istituto contro il datore di lavoro.

Il giudice ha rispostonegativamente alla domanda del lavoratore annotando che l'azione(di regresso) da parte dell'INAIL avrebbe potuto ancora essereesercitata, e tanto imponeva di detrarre - al fine di evitareduplicazioni risarcitorie - dal quantum risarcitorio, calcolatosecondo le regole della responsabilità civile, (nellospecifico : sulla base delle tabelle elaborate dal Tribunale diMilano), l'indennizzo INAIL.

La questione sembraallontanata, ma non risolta.

Il quesito posto,infatti, era il seguente:

nell'ipotesi in cui, inconcorso con una accertata responsabilità risarcitoria deldatore di lavoro per l'infortunio o la tecnopatia, l'INAIL nonabbia esercitato, e dichiari di non voler esercitare, ovvero glisia prescritto il diritto all'esercizio dell'azione di regresso,dall'ammontare del quantum risarcitorio dovuto al lavoratoreoccorre ugualmente detrarre l'indennizzo che gli abbiacorrisposto?

Vengono ingioco:

l'art. 2043 c.c.,secondo cui il responsabile del danno ne è obbligato alrisarcimento (integrale, secondo le sezioni unite dellaCassazione del novembre 2008)

gli artt. 10 e 11 delDPR 1124 del 1965, secondo cui (art. 11):

"L'Istituto assicuratoredeve pagare le indennità anche nei casi previsti dalprecedente articolo, salvo il diritto di regresso per le sommepagate a titolo d'indennità e per le spese accessoriecontro le persone civilmente responsabili. La persona civilmenteresponsabile deve, altresì, versare all'istitutoassicuratore una somma corrispondente al valore capitaledell'ulteriore rendita dovuta, calcolato in base alle tabelle dicui all'art. 39.

La sentenza, che accertala responsabilità civile a norma del precedente articolo,è sufficiente a costituire l'Istituto assicuratore incredito verso la persona civilmente responsabile per le sommeindicate nel comma precedente."

In conseguenza delladecisione della Corte Costituzionale 485 del 1991, del D.Lvo 38del 2000 e del riconoscimento, ormai unanime in giurisprudenza,del diritto del lavoratore, vittima di infortunio o di tecnopatiaper colpa del datore di lavoro, al risarcimento del danno nonlimitato all'indennizzo corrispostogli dall'INAIL, si èformata e confermata la teoria del danno differenziale, secondocui, in termini semplici, una volta effettuato dal giudice ilconteggio del risarcimento dovuto dal datore di lavoro allavoratore, secondo le regole della responsabilità civile,occorre detrarre l'ammontare dell'indennizzo (in capitale se ipostumi sono inferiori al 16% ovvero in rendita capitalizzata sei postumi sono superiori) corrisposto dall'INAIL e per il qualel'Istituto assicuratore ha azione di rivalsa nei confronti deldatore di lavoro.

Molto precisa, fra letante, è sul punto la sentenza del Trib. Pisa 03.05.11 n.308 in Riv. It. Dir. Lav. 2012, 2, 11, 507:

"Anche dopo la novella di cui al d.lg. n. 38 del 2000, illavoratore ha diritto, ricorrendo i presupposti dell'art. 10 t.u.1124 del 1965, ad agire contro il datore di lavoro per il ristorodel danno biologico cd. differenziale, poichèl'indennità Inail, in considerazione della sua naturaassistenziale, non copre esattamente il danno alla salute. Ognidiversa interpretazione si porrebbe in contrasto con i principicostituzionali di tutela del lavoro (art. 1 e 35 cost.),nonchè con il principio di uguaglianza."

Il Tribunale di Triestein dec. 09.03.11 n. 257 in Guida al diritto 2011, 24, 69,puntualizza e chiarisce il senso del dannodifferenziale:

"In caso di infortunio sul lavoro, spetta al lavoratore ildiritto al risarcimento del danno differenziale (che riguarda leposte di danno comprese nella garanzia assicurativa e che vienedestinato al lavoratore infortunato dopo che siano statesoddisfatte le ragioni dell'Inail), anche in presenzadell'indennizzo erogato dall'Inail. Infatti, se, da un lato, illavoratore, che ottiene il risarcimento della medesima voce didanno da parte del danneggiante e da parte dell'Inail, ottieneun'ingiusta locupletazione, viceversa, non riconoscere allavoratore il danno differenziale, ove esistente, determinerebbeuna disparità di trattamento fra chi subisce un dannoindennizzabile dall'Inail (secondo la somma predeterminata dallalegge) e chi, invece, subisce un danno non rientrante nell'ambitodi applicabilità del d.lg. n. 38 del2000".

La questione si sarebbepotuta definire semplice, se non avesse il rischio di diveniresemplicistica.

Prima dell'entrata invigore del D.Lvo 38 del 2000 (che, come detto, obbliga l'INAIL adindennizzare anche il pregiudizio biologico oltre quello relativoalla incapacità lavorativa generica previsto dal DPR 1124del 1965), la giurisprudenza aveva già affrontato il temadel danno differenziale, così confermando da ultimoche (Cass. civ. sez. 3^ 29.09.05 n.19150):

"Questa Corte in costante indirizzo (ex plurimis: Cass. , n.12247/98: Cass. n. 8998/99; Cass., n. 10289/2001; Cass., n.4080/2002) ha stabilito che l'INAIL non ha azione di regresso enon può surrogarsi nei diritti dell'assicurato alrisarcimento del danno alla persona - e ciò senzapossibilità di scindere, all'interno di questo, le variecomponenti - nè a norma dell'art. 1916 cod. civ.,nè ai sensi degli artt. 10 e 11 del DPR 30 giugno 1965, n.1124, atteso che la copertura assicurativa prevista dall'attualesistema di assicurazione sociale contro gli infortuni sul lavoroe le malattie professionali, pur non avendo per oggetto il dannopatrimoniale in senso stretto, posto che la prestazionedell'INAIL spetta a prescindere dalla sussistenza o meno diun'effettiva perdita o riduzione dei guadagni dell'assicurato-,non ha per oggetto nè il danno biologico nè ildanno morale, poichè le indennità previste dalcitato DPR sono collegate e commisurate esclusivamente airiflessi che la menomazione psicofisica ha sull'attitudine allavoro dell'assicurato, mentre nessun rilievo assumono glisvantaggi, le privazioni e gli ostacoli che la menomazionecomporta con riferimento agli altri ambiti ed agli altri modi incui il soggetto svolge la sua personalità nella vita direlazione, tra cui la stessa capacità di lavorogenerica".

Ne conseguiva che ilgiudice, liquidando il danno nella sua complessità edintegralità, detraeva "soltanto" l'indennizzo corrispostodall'INAIL al lavoratore, senza possibilità nè perl'Istituto assicuratore di "aggredire" le componenti delrisarcimento a titolo di danno patrimoniale, biologico e morale,nè per il datore di lavoro danneggiante di ritenersidispensato dall'obbligo risarcitorio in favore dellavoratore.

L'avvento del D.lo 38del 2000 ha da un lato ampliato l'azione dell'INAIL, che orapuò rivalersi in regresso o in surroga anche per il dannobiologico permanente (ma non per i postumi temporanei, nèper il danno morale, nè per il danno da incapacitàspecifica), e, dall'altro lato, ha aumentato l'obbligazione dirifondere all'Istituto, che agisca in regresso o in surroga,esattamente la somma da questo corrisposte al lavoratore, ilquale - in sostanza - incasserà dall'Istituto l'indennizzoper danno da incapacità generica e biologico permanente, edal datore di lavoro la differenza con il risarcimentocomplessivamente calcolato.

Puntualizzacosì Cons. Stato 19.01.2011 n.365:

"- che, quanto al rapporto tra rendita vitalizia erogatadall'I.N.A.I.L. e risarcimento dei danni non patrimoniali (ivicompresi quello alla salute o biologico e quello morale)conseguenti a infortunio sul lavoro, in conseguenzadell'estraneità di tali componenti di danno alla coperturadell'assicurazione obbligatoria disciplinata dal d.p.r. 30 giugno1965, n. 1124 (applicabile ratione temporis alla fattispecie subiudice) e in applicazione dei principi affermati nelle sentenzedella Corte Costituzionale nn. 87, 356 e 485 del 1991, lelimitazioni poste dall'art. 10 d.p.r. 30 giugno 1965, n. 1124all'azione risarcitoria del lavoratore infortunato nei confrontidel datore di lavoro - sia in punto di an (responsabilitàpenale), sia in punto di quantum (danno differenziale) -,riguardano solo il danno patrimoniale collegato allacapacità lavorativa generica, mentre esse non si applicanoal danno alla salute o biologico e ai danni morali ex art. 2059c.c., entrambi di natura non patrimoniale esulanti dallacopertura assicurativa obbligatoria (mentre secondo la disciplinasuccessiva, introdotta dall'art. 13 d. lgs. 23 febbraio 2000, n.38, anche il danno biologico è coperto da tale formaassicurativa), sicché il lavoratore ha diritto al lororisarcimento integrale in presenza dei presupposti della relativaresponsabilità del datore di lavoro (v. sul punto, expiurimis, Cass. Civ., Sez. lav., 5 maggio 2010, n. 10834; Cass.Civ., Sez. lav., 19 gennaio 2002, n. 1114; Cass. Civ., Sez. lav.,20 ottobre 1998, n. 10405)".

Cass. sez. 3°23.05.2006 n. 4020 hachiarito:

"In caso di illecitolesivo dell'integrità psico - fisica della persona, ilgiudice è tenuto a verificare se le lesioni accertateoltre ad incidere sulla salute del soggetto, abbiano ancheridotto la sua capacità lavorativa specifica, conriduzione, per il futuro, della sua capacità di reddito,attribuendo in tal caso due distinte voci di risarcimento,rispettivamente a titolo di danno biologico e di dannopatrimoniale per la riduzione della capacità lavorativaspecifica. Nell'ambito delle somme liquidate per la prima voce,è quindi precluso al giudice individuare e disaggregare lacomponente riferibile alla perdita della capacitàlavorativa. (Nella specie la S.C. ha cassato la sentenza dimerito che aveva riconosciuto il diritto dì surrogazionedell'Inail su parte delle somme liquidate al danneggiato a titolodi danno biologico)."

AncheCass. civ. sez. 3° 10.01.2008 n. 255ha esplicitato il pensiero:

"La Corte di appello haliquidato l'intera somma richiesta dall'Inail - erogata dall'Istituto all'infortunato quale indennizzo per l'incidenzadell'invalidità sulla sua capacità lavorativa -senza previamente stabilire quale somma sarebbe spettata allostesso in risarcimento dei danni patrimoniali, in applicazionedei principi di diritto civile, relativi al risarcimento di talgenere di danno, come se i criteri di liquidazione del dirittocivile e quelli stabiliti dalla normativa in tema diassicurazioni sociali contro gli infortuni sul lavoro venisserocompletamente a coincidere.

In realtà detticriteri non coincidono nè concettualmente - quanto al tipodi danno patrimoniale risarcibile in sede civilistica(tendenzialmente, solo l'incapacità lavorativa specifica,oltre alle spese vive) - nè quanto alle modalità dicalcolo delle percentuali di invalidità, che sono diverse,nell'una e nell'altra sede; nè, quindi, quanto alla misuradell'incidenza dell'invalidità sull'attitudine al lavoro,misura che nella specie è molto diversa, essendo stataaccertata (peraltro, in base a criteri diversi) in unapercentuale dell'8% nel giudizio civile e del 20% in sede Inail.Fermo restando, pertanto, che l'Inail non può aggredire lesomme liquidate al danneggiato a titolo di risarcimento dei dannimorali e dei danni biologici -in virtù della notagiurisprudenza della Corte Costituzionale (sentenze n. 319 del1989, n. 356 del 1991 e n.485 del 1991) - il giudice puòaccogliere l'azione di rivalsa dell'Inail (si tratti dell'azionediretta e immediata di regresso, dì cui al D.P.R. n. 1124del 1965, artt. 10 e 11 o dell'azione in surroga di cui all'art.1916 cod. civ.) solo entro i limiti della somma liquidata in sedecivile a titolo di risarcimento dei danni patrimoniali, previoaccertamento dell'esistenza e dell'entità di tali danni,in base alle norme del codice civile. Questa Corte ha giàavuto occasione di decidere che, in tema di azione di regresso,il datore di lavoro è estraneo al rapporto tral'infortunato e l'istituto assicuratore pubblico e non puòcontestarne il fondamento. E' però tenuto al pagamento neiconfronti dell'INAIL solo entro i limiti dei principi cheinformano la responsabilità civile per il danno subito dallavoratore. Conseguentemente, il giudice del merito devecalcolare il predetto danno civilistico (ai sensi dell'art. 2056cod. civ. e art. 1223 cod. civ. e segg.), anche in relazione allapercentuale riconosciuta dal consulente tecnico d'ufficio, checostituisce il limite massimo del diritto di regresso dell'INAIL,senza entrare nel merito della valutazione effettuatadall'Istituto a mezzo dei suoi sanitari ai finì del dannoinfortunistico, stabilendo quindi, se l'importo richiestodall'Istituto rientri o meno nel predetto limite (Cass. civ. 9agosto 2006 n. 17960)."

Particolarmente preziosaappare la notazione in punto difformità di valutazione deipostumi in sede giudizio civile di risarcimento (8%) ed in sededi valutazione INAIL (20%), stabilendo che l'Istituto devearrestare la propria azione di rivalsa nei limiti (8%) stabilitidal CTU in sede di giudizio civile di risarcimento non potendoaggredire la maggior percentuale (di danno) corrispondente allavalutazione dei postumi (20%) effettuata dall'Istituto in sede dicorresponsione dell'indennizzo.

Con ovvio beneficio peril lavoratore, vittima dell'evento lesivo, ed indifferenza per ildatore di lavoro danneggiante, che risarcirà in più- a titolo differenziale - il lavoratore danneggiato ed in menol'INAIL.

Ma è in tema dicalcolo del risarcimento del danno differenziale che si sonomanifestate le difficoltà:

da parte di chi (datoredi lavoro danneggiante e, per lui, compagnia di assicurazione peri rischi da responsabilità civile) fosse tenutoall'obbligo risarcitorio (danno da incapacità specifica +danno biologico temporaneo + danno morale) ed al rimborso infavore dell'INAIL degli indennizzi corrisposti al lavoratore(danno da incapacità generica + danno biologicopermanente), si è più volte invocata la compensatiolucri cum damno al fine di detrarre, dal complesso risarcitorio,quanto ricevuto (indennizzato) dal lavoratore danneggiato daparte dell'INAIL:

Così si poneesplicitamente Cass. civ. sez. 3° del06.09.2012 n. 14941:

"A riguardo, mette conto di premettere che, secondo ilconsolidato orientamento di questa Corte, nella concretadeterminazione del pregiudizio subito dal lavoratore, rimastovittima di un infortunio sul lavoro, si deve tenere debito contodi quanto percepito dall'infortunato in esecuzione di un accordotransattivo concluso con l'assicuratore del terzo responsabilemediante detrazione dalla somma dovutagli dall'INAIL, senza checiò dia luogo d un compensazione, non consentita inmateria, e senza che pertanto la somma da detrarre possa essergravata di interessi e rivalutazione (cfr. Cass. 347/98). Edinvero, "L'assicurato, rimasto vittima di un infortunio sullavoro, nell'ipotesi di transazione conclusa direttamente (coneffetto liberatorio) con il responsabile civile (con la suasocietà assicuratrice) dell'infortunio che ha risarcitointeramente il danno dedotto dal danneggiato, non puòconseguire dall'Inail un (ulteriore) indennizzo dello stessodanno - già in parte o per intero risarcito - se non neilimiti dell'eventuale differenza fra quanto ricevuto dalresponsabile (o dal suo assicuratore) e quanto ancora dovutodall'istituto previdenziale" (Cass. 2646/90). Deve essere benchiaro pertanto che occorre evitare la corresponsione di unduplice risarcimento in una all'illecito arricchimento deldanneggiato. E ciò, alla luce del "divieto dilocupletazione ricavabile dall'Ordinamento giuridico in relazioneagli artt. 1223, 1226 e 2056 c.c. (in tema di risarcimento deldanno), in relazione agli artt. 1910 e 1916 c.c. (in tema diindennizzo assicurativo) ed in relazione al D.P.R. 30 giugno1965, n. 1124, artt. 10 e 11, in tema specifico di assicurazioneobbligatoria contro gli infortuni sul lavoro" (cfr. Cass. n.2649/90)".

Ma se"deve essere ben chiaro"che il lavoratore danneggiato non possaconseguire un doppio risarcimento (rectius: un risarcimento daldatore di lavoro danneggiante ed un indennizzo dall'INAIL per lestesse voci di danno), deve essere altrettanto chiaro che ilcalcolo del danno differenziale è possibile soltanto travoci omogenee di risarcimento (tot di danno biologico, calcolatodal giudice nella causa di responsabilità contro il datoredi lavoro danneggiante, meno tot di indennizzo biologicocorrisposto dall'INAIL), ma non è possibile effettuare,per l'appunto: semplicisticamente, il calcolo dal dannodifferenziale detraendo tout court l'ammontare complessivodell'indennizzo INAIL dalla quantificazione, altrettantocomplessiva, del risarcimento del danno effettuata secondo leregole della responsabilità civile.

Così è lagià citata decisione del Cons. stato 365 del2011:

"che dunque il risarcimento integrale di queste voci di danno" (danni sulla salute o biologico e dannomorale ex art. 2059 c.c.) "costituisce undiritto del lavoratore infortunato da far valere autonomamente, enon già a titolo differenziale, nei confronti del propriodatore di lavoro, indipendentemente dalla entitàdell'indennizzo erogato dall'Istituto assicuratore, nei casi diinfortunio o malattia professionale addebitabili ad una colpa,anche se concorrente e non di rilievo penale, del datore dilavoro o di un qualsiasi suo sottoposto, di cui egli debbarispondere civilmente, con la sola esclusione - secondo le regolegenerali - dei casi in cui l'evento lesivo sia riconducibile acaso fortuito, a forza maggiore, o a colpa esclusiva dello stessolavoratore (v., ex plurimis, Cass. Civ., Sez. lav., 20 ottobre1998, n. 10405)."

In senso del tuttoconforme si è posta AppelloVenezia sez. lav. 21.07.2011 n. 466.

Altrettanto chiaro deveessere che non è possibile invocare la compensatio lucricum damno laddove le ragioni riparatorie invocate dal lavoratoredanneggiato traggano origine da diversi titoligiustificativi.

Cosìè Cass. civ. sez. 3^ 15.10.2009 n.251897:

"La tesi è che laprestazione erogata dall'INAIL alla vedova, come risultante dalladocumentazione in atti e non contestata, ha natura risarcitoriatrattandosi di infortunio in itinere del lavoratore. L'INAILavendo provveduto a costituire la rendita agisce poi in regressonei confronti del responsabile civile. Si verifica pertanto unaduplicazione del danno e la perdita di legittimazione attivadella parte lesa, competendo il ristoro all'INAIL ai sensidell'art. 1916 c.c.. Le memorie illustrano ulteriormente taleassunto. In senso contrario si osserva che la Corte di appello.nel rigettare le censure dello assicuratore, ora riproposte, hacorrettamente enunciato il seguente principio, che questa Cortecondivide 'l'erogazione della rendita INAIL alla vedova dellavoratore infortunato non esclude la risarcibilità deldanno patrimoniale parentale da lucro cessante, non potendosiapplicare il principio della compensatio lucri cum damno, inconsiderazione del diverso titolo giustificativo delle erogazioniin questione". La erogazione della rendita non toglie dunquealcuna legittimazione del parente a richiedere il danno chesubisce iure proprio per la perdita, patrimoniale o nonpatrimoniale e, per effetto della morte; e neppure legittimal'assicuratore all'inadempimento delle proprie prestazioni perl'illecito in ordine al quale tale la responsabilitàcivile solidale. Non sussiste pertanto alcuna duplicazione deldanno ai sensi dell'art. 1916 c c. che concerne il diritto disurrogazione dell'assicuratore verso il responsabile, e nongià il diritto del medesimo di eccepire il pagamento delterzo assicuratore sociale come fatto estintivo o compensativodel proprio debito. (cfr. Cass. 23 giugno 1994 n. 11112, Cass. 13Febbraio 1993, n. 3 e Corte Cost. 18 giugno 1979 n. 50). Dinessun rilievo, ai fini della fattispecie in esame. assume laesatta definizione della natura previdenziale o risarcitoriadell'obbligo INAIL che deriva direttamente dalla legge e perfattispecie diversa dall'illecito civile da circolazione inordine al quale valgono le norme codificate (in sede di illecitocivile e di codice delle assicurazioni e prima di legislazionespeciale)."

In questo non semplicepanorama si è posta la sentenza Cass. sez. lav. 15.07.05 n. 15022,la cui massima ha destato la più ampiaattenzione:

"La rendita corrispostadall'Inail ai familiari di persona deceduta in conseguenza delfatto illecito altrui, avendo ad oggetto il ristoro del dannopatrimoniale, deve essere detratta dalla liquidazione di talevoce di danno a carico del responsabile, tutte le volte chel'assicuratore sociale abbia manifestato l'intenzione disurrogarsi alla vittima nel relativo credito."

La massima èveramente fonte di grande curiosità perchè, da unlato, afferma il principio, contrastato dalla appena citata Cass.21897 del 2009, secondo cui la rendita corrisposta dall'INAILalla vedova del lavoratore danneggiato (c.d. rendita aisuperstiti) non può essere detratta dal risarcimento deldanno, patrimoniale e non patrimoniale, traendo origine dadiverso titolo giustificativo, e dall'altro lato chiarisce:"tutte le volte che l'assicuratoresociale (INAIL) abbia manifestato l'intenzione di surrogarsi allavittima nel relativo credito".

La curiosità("e se l'INAIL non abbia manifestato l'intenzionedi esercitare la surroga?) hainevitabilmente spinto ad esaminare la motivazione dellasentenza, il cui passo merita di essere riportato perintero:

"E' vero che in tema dirisarcimento del danno da fatto illecito, il principio della"compensatio lucri cum damno" può trovare applicazionesolo nel caso in cui il vantaggio ed il danno siano entrambiconseguenza immediata e diretta del fatto illecito, quali suoieffetti contrapposti, mentre non opera allorché laprestazione ricevuta dal danneggiato ripete la sua fonte e la suaragione giuridica da un titolo diverso ed indipendentedall'illecito stesso, il quale costituisce soltanto la condizioneperché questo titolo spieghi la sua efficacia, senza cheil correlativo effetto dì incremento patrimonialeeventualmente conseguito dall'infortunato possa incidere sul"quantum" del risarcimento dovuto dal danneggiante (Cass.10 21999 n1135). Tuttavia,allorché detta prestazione sia eseguita nel confronti deldanneggiato da un assicuratore (nella specie: sociale), il qualeabbia diritto di surroga nel confronti del danneggiante, conl'esercizio della surrogazione il danneggiato creditore perde latitolarità del credito ed in essa succede l'assicuratoresurrogatosi. Indipendentemente da quale sia la natura giuridicadi detta surroga (segnatamente se essa costituisca surrogazionerientrante nell'art.1203, n.5, come si discute in dottrina),è pacifico anche in giurisprudenza che essa comportil'acquisto a titolo derivativo dei diritti dell'assicurato controil responsabile. Il principio fissato dall'art. 1916 c.c. in tema diassicurazione privata contro i danni, in forza del quale lasurrogazione dell'assicuratore nel diritti dell'assicurato controil terzo responsabile consegue al pagamentodell'indennità, subisce nel campo delle assicurazionisociali - ove gli obblighi assicurativi sono caratterizzati dacertezza ed inderogabilità, oltre ad articolarsi in unamolteplicità di prestazioni non sempre quantificabiliimmediatamente in danaro - i necessari adattamenti, nel senso cheper il verificarsi dell'indicato subingresso dell'istitutoassicuratore (nella specie: Inail) basta la semplicecomunicazione al terzo responsabile dell'ammissione deldanneggiato all'assistenza prevista dalla legge, accompagnatadalla manifestazione della volontà di esercitare ildiritto di surroga, con la conseguenza che in tale momento vacalcolato l'indennizzo spettante all'assicurato ai fini della suadetrazione dall'importo complessivo del risarcimento del danno(Cass. 4/12/1997, n. 12327).In altri termini detta detrazione non èconseguenza dell'applicazione del principio della compensatiolucri cum damno, non essendo lo stesso applicabile, stante le duediverse fonti della prestazione (per il danneggiante: il fattoillecito; per l'assicuratore: l'assicurazione), ma dell'istitutodella surroga, il cui esercizio da parte dell'assicuratorecomporta la perdita della titolarità del credito deldanneggiato nei confronti del responsabile (nella parte in cuiè stato soddisfatto dall'assicuratore) e l'acquisto dellostesso da parte dell'assicuratore. Ciò corrisponde anche acorretti principi di allocazione del danno nell'ambito dellaresponsabilità aquiliana. Il responsabile del dannoingiusto è tenuto al risarcimento del danno. Sel'assicuratore sociale provvede al pagamento degli indennizzi dicompetenza, ma ciononostante non provvede alla surroga e, quindi,non vi è successione nel credito del danneggiato,quest'ultimo rimane creditore ed il danneggiante non potràgiovarsi del pagamento dell'assicuratore, per ridurre il suocarico risarcitorio, scaricandolo sull'assicuratore e, quindi,stante le modalità di calcolo dei contributi, su quellaparte di collettività che al pagamento degli stessi siatenuta. Rimarranno da regolare i rapporti interni tra danneggiatoed assicuratore: ma a questi rapporti è estraneo ildanneggiante debitore. Qualora, invece, risulti esercitata lasurrogazione, va effettuata la detrazione di quanto pagatodall'assicuratore, poiché da un lato il danneggiato haperso la titolarità del diritto di credito in parte qua edin essa è subentrato l'assicuratore, e dall'altra nonè giustificabile, sempre nella struttura dell'illecitocivile, che il danneggiante paghi una prima volta nel confrontidel danneggiato ed una seconda in sede di surrogazione neiconfronti dell'assicuratore."

La riportataaffermazione è, a dir poco, dirompente, ancheperchè - a quanto risulta - non seguita da alcunarettifica, ed esplicita che il danno risarcibile in favore dellavoratore, vittima di infortunio o di tecnopatia, trae fonte (ilfatto illecito del datore di lavoro) diversa dall'indennizzocorrisposto dall'INAIL (la cui fonte è l'assicurazionesociale), donde la non invocabilità della compensatiolucri cum damno, ma delle regole, ex art. 1916 c.c., dellasurroga.

Con la conseguenza chese l'INAIL non avesse ad esercitare l'azione di surroga(sostituendosi al lavoratore danneggiato in confronto con ildatore di lavoro danneggiante fino all'ammontare, omogeneo, degliindennizzi corrisposti al lavoratore), il danneggiato rimanecreditore, il danneggiante non potrà giovarsidell'indennizzo effettuato dall'INAIL per ridurre il suo caricorisarcitorio.

Il datore di lavorodanneggiante dovrà risarcire integralmente il danno allavoratore vittima dell'infortunio senza possibilità diricorrere al calcolo differenziale.

"Rimarranno da regolare" - avverte laCorte - "i rapporti interni tradanneggiato ed assicuratore, (nel senso che, a frontedell'integrale risarcimento corrisposto dal datore di lavorodanneggiante, l'INAIL potrebbe agire a carico del lavoratore perripetere quanto indennizzatogli), ma a questi rapporti èestraneo il danneggiante debitore".

Della citata decisionedella Corte si conosce un precedente in Cass. 11.07.87 n. 6074,in cui era stata analizzata la fattispecie di un risarcimento dainfortunio mortale negato alla vedova della vittima sull'assuntoche la capitalizzazione della rendita corrisposta dall'INAILfosse superiore all'ammontare del danno, quindi con applicazionedell'art. 10 del DPR 1124 del 1965.

Riformando la decisionedel giudice del merito, la Corte ha osservato che:"Perde, così, ogni rilievo lacircostanza, valorizzata dai giudici di secondo grado, cheL'INAIL ha corrisposto agli eredi Di Santo, per l'infortuniosubito dal prestatore d'opera, la principale prestazionerisarcitoria sotto forma di rendita vitalizia. E' vero, ora, cheil predetto istituto ha diritto di subingresso nella posizionegiuridica dei predetti eredi e nei limiti della predettaprestazione nei confronti del Battiata e del Mannina mediantel'azione surrogatoria di cui all'art. 1916 c.c. e che essiBattiata e Mannina sono conseguentemente obbligati acorrispondere agli eredi stessi soltanto quel risarcimento noncoperto dalla prestazione assicurativa, ma in proposito nessunadeduzione risulta proposta in ordine ad una efficacecomunicazione fatta dall'Istituto assicuratore ai predettiBattiata e Mannina di surrogarsi nei diritti di credito vantatiad una "riserva" di rivalsa fatta dal predetto Istituto neiconfronti del Battiata, di cui è cenno nella sentenzaimpugnata".

Ci sembra evidente chele stesse considerazioni valgano per l'ipotesi della azione diregresso, svolta dall'INAIL contro il datore di lavorodanneggiante, giacchè entrambe le azioni, la prima, comedetto, fondata sull'art. 1916 c.c., la seconda poggiata sugliartt. 10 e 11 del TU 1124 del 1965 mirano a reintegrare ilpatrimonio dell'assicuratore sociale degli indennizzi corrispostial lavoratore danneggiato.

Al di làdell'obiezione che le sentenze della Corte delimitano il campod'azione alla surroga, e non all'azione di regresso (ma entrambedipendono dall'iniziativa dell'assicuratore sociale), in mancanzadi pronunzie contrarie il principio deve essere adottato, con laconseguenza per cui, prima di consentire al giudice di effettuareil calcolo del danno differenziale, quantomeno sia doverosointerpellare l'INAIL per accertare se l'azione di surroga (o diregresso) sia stata esercitata.

Ovvero, se il datore dilavoro danneggiante ed il lavoratore danneggiato siano statimessi in mora.

Qualora l'INAIL, seinterpellata, non rispondesse, sarebbe doveroso, nel ricorsogiudiziale finalizzato ad ottenere il risarcimento del danno daparte del datore danneggiante, instare formalmente per lachiamata in causa dell'assicuratore sociale, sia per esercitare,se già non esercitata separatamente, l'azione di surroga odi regresso, sia per verificarne laesercitabilità.

Perchè,nell'ipotesi in cui l'azione da parte dell'INAIL non fossepiù esercitabile per prescrizione, il datore di lavorodanneggiante sarebbe tenuto all'integrale risarcimento del dannoin favore del lavoratore, e l'INAIL avrebbe la possibilitàdi "regolare i rapporti interni"con il lavoratore assicurato.

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Data: 25/06/2013 16:40:00
Autore: A.V.