di Licia Albertazzi - Corte di Cassazione Civile, sezione lavoro, sentenza n. 9383 del 29 Aprile 2014. I dipendenti di servizio di trasporto pubblico locale, ove il luogo di inizio servizio (il deposito) non coincida con quello di fine, possono richiedere al datore di lavoro che il tempo necessario per coprire tale tragitto rientri nella retribuzione effettiva? Secondo le disposizioni del r.d.l. 2328/1923, infatti, ai lavoratori spetterebbe di essere retribuiti rispettivamente per la metà del tempo impiegato per raggiungere, a fine turno, il punto di origine servizio. Tale domanda, proposta da diversi lavoratori, viene prima rigettata in primo grado e successivamente riproposta e accolta in appello. Avverso tale ultima sentenza il datore di lavoro propone ricorso in Cassazione.

Rileva la Suprema Corte come tale discrepanza spaziale non fosse determinata da esigenze aziendali specifiche, ma fosse il frutto di libera scelta dei lavoratori. "I lavoratori erano liberi di organizzare i loro spostamenti in base a scelte discrezionali, dettate esclusivamente da proprie comodità personali". Dall'istruttoria del grado di merito è emerso chiaramente come il datore di lavoro non avesse imposto tale pratica, ma come la stessa fosse originata da scelte di comodo. La norma citata dai dipendenti è infatti applicabile solo nel caso in cui la discrepanza tra punto di inizio e di fine prestazione di lavoro sia determinata da specifiche esigenze aziendali, interpretazione che risulta chiara nel termine, utilizzato dal legislatore, "viaggi comandati". Il ricorso è accolto e la Cassazione decide già nel merito, rigettando la domanda dei lavoratori.


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