La Corte di Cassazione, con sentenza n. 40050 del 10 ottobre 2012, ha confermato la condanna per omicidio colposo nei confronti della proprietaria di un appartamento, nonché del figlio (amministratore di fatto) a seguito della morte dell'inquilino dell'abitazione rimasto folgorato per l'assenza di "salvavita" nell'immobile.

La vicenda presa in esame dai giudici di legittimità riguarda la morte di un inquilino che, raggiunto da scarica elettrica mentre si trovava sotto la doccia, dopo aver vanamente disattivato l'interruttore generale della propria abitazione, poiché la dispersione elettrica non era cessata, si era recato sulla terrazza, ove erano alloggiate le vasche dell'acqua, ivi rimanendo folgorato (verrà trovato dai soccorritori aggrappato alla ringhiera). 

Secondo i ricorrenti già condannati entrambi dalla Corte d'Appello per omicidio colposo, l'evento dipese dall'improvviso, arbitrario ed illogico comportamento dell'inquilino che, in presenza di dispersione elettrica, invece  che contattare personale specializzato, pensò di salire sulla terrazza, alla quale - sempre secondo quanto riferiscono i ricorrenti - non aveva diritto di accedere.

La Suprema Corte, respingendo le tesi dei ricorrenti (errate secondo la corte laddove si sostiene che la Corte territoriale sarebbe incorsa in vizio motivazionale nel fare applicazione del principio di causalità), afferma che "senza conoscere se l'impianto elettrico dell'abitazione fosse dotato, come la legge richiede, di interruttore differenziale, è certo che ove fosse stato regolarmente posto in essere strumento efficiente di tal fatta il tragico evento non si sarebbe dato, perchè l'immediata disattivazione elettrica avrebbe impedito la folgorazione".

Nessuna condotta - si legge nella sentenza

- "estranea all'id quod plerumque accidit può attribuirsi alla vittima, la quale, percepita la scarica elettrica mentre era sotto la doccia, salì sul terrazzo, evidentemente di libero accesso (e nulla rileva che in questa sede i ricorrenti asseriscano che la vittima non avesse titolo civilistico al fine), per accertarsi della ragione della dispersione. (..) Ivi, come ha precisato la Corte d'Appello, l'uomo, senza che avesse in alcun modo armeggiato rischiosamente con i fili elettrici, venne attinto dalla mortale scarica per aver contemporaneamente toccato il tubo conduttore dell'elettricità all'autoclave e l'inferriata a potenziale elettrico zero.".


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