Declaratoria di illegittimità costituzionale dell'art. 99, quinto comma, del codice penale limitatamente alle parole 'è obbligatorio e,'

Avv.to Marcella Ferrari

Commento alla sentenza della Corte Costituzionale 23 luglio 2015 n. 1851

Brevi cenni sulla recidiva

La recidiva viene disciplinata nel codice penale tra le circostanze inerenti alla persona del colpevole (art. 70 c. 2 c.p.) e nell'art. 992 c.p.: essa consiste nella "ricaduta" nel reato, non inerisce alla colpevolezza ma alla maggiore capacità di delinquere del reo3.

Dopo la riforma del 19744 che abbassò la misura edittale degli aumenti di pena e rese bilanciabile la circostanza, nel 20055 la sua disciplina è stata sostanzialmente inasprita, per porre un freno all'eccessivo clemenzialismo verificatosi, negli anni, per via della discrezionalità della sua applicazione da parte del giudice6


In particolare, l'art. 99 c. 5 c.p., come modificato, disciplina la recidiva obbligatoria; si tratta di una recidiva relativa ad un soggetto che commetta uno dei delitti indicati dall'art. 407 c. 2 lett.a) c.p.p. considerati delitti di particolare gravità ed allarme sociale. La norma, pertanto, introduce un meccanismo presuntivo di pericolosità ancorato alla commissione di un reato ricompreso nel catalogo della norma citata. Al di fuori dell'ipotesi del comma quinto, la recidiva resta facoltativa e rimessa alla discrezionalità del giudice, il quale nel farne applicazione deve avere riguardo a criteri guida, quali l'insensibilità etica del reo all'obbligo di non violare la legge e la sua attitudine a commettere nuovi reati. Nella recidiva facoltativa è compito del giudice verificare se, in concreto, la reiterazione dell'illecito è effettivo sintomo di riprovevolezza, tenendo conto della natura dei reati, del tipo di devianza e di altri parametri. All'esito di tale verifica, il giudice può anche negare la rilevanza aggravatrice della recidiva e non applicare il relativo aumento di pena (non già nel caso della recidiva obbligatoria).

La natura giuridica della recidiva è controversa.
Il codice la disciplina come circostanza aggravante (inerente alla persona del colpevole) ad effetto speciale (in quanto comporta un aumento di pena in misura superiore ad un terzo), nondimeno è concettualmente difficile concepire uno status (quello di recidivo appunto) come un elemento circostanziale7; secondo alcuni autori essa deve considerarsi come un elemento di commisurazione della pena alla stregua dell'art. 133 c.p. e rientra tra i cosiddetti "effetti penali"8 della condanna.

L'incostituzionalità della recidiva obbligatoria

La sentenza della Corte Costituzionale in commento scaturisce dall'ordinanza9 del 10 settembre 2014 della Corte di Cassazione con cui, la quinta sezione penale, ha sollevato una questione di legittimità costituzionale, per violazione degli artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione, in riferimento all'art. 99, quinto comma, del codice penale, come sostituito dall'art. 4 della legge 5 dicembre 2005, n. 251.

La recidiva obbligatoria, ai sensi dell'art. 99 c. 5 c.p., viene dichiarata, secondo la giurisprudenza costituzionale10, allorché il reo commetta un nuovo delitto incluso fra quelli indicati dall'art. 407, comma 2, lettera a) c.p.p, non occorrendo che anche il delitto per il quale vi è stata precedente condanna rientri nell'elencazione di cui al menzionato art. 407 c.p.p.11 .

La ratio sottesa alla recidiva inerisce alla maggiore pericolosità sociale del soggetto agente ed alla forma più accentuata di colpevolezza. Il giudizio sulla recidiva, da parte del giudice, non deve essere astratto ma, trattandosi di una circostanza aggravante, la valutazione della gravità del fatto di reato deve avere riguardo alla maggiore attitudine a delinquere del reo, intesa come capacità dello stesso a commettere nuovi reati, valutando altresì la relazione qualificata tra i precedenti del reo e il nuovo illecito da questi commesso, con riferimento ai criteri di commisurazione della pena di cui all'art. 133 c.p.

La Corte Costituzionale, nella sentenza in discorso, ripercorre la giurisprudenza di legittimità sulla recidiva e sottolinea come l'applicabilità della stessa richieda una relazione qualificata tra i precedenti del reo e il nuovo illecito, che deve risultare da un accertamento condotto in concreto, ricorrendo a parametri di valutazione, quali la natura dei reati commessi, la tipologia di devianza di cui rappresentano espressione, la qualità dei comportamenti, il livello di offensività delle condotte, l'arco di tempo in cui sono commessi, l'eventuale occasionalità della ricaduta e ogni altro possibile parametro rivelatore della personalità del reo e del grado di colpevolezza, non essendo sufficiente il dato dell'esistenza di precedenti penali12.

La Consulta rileva come i principi di cui sopra siano frustrati nell'ipotesi in cui si ricada nel campo della recidiva obbligatoria, in quel caso, infatti, il giudice applica un mero automatismo sanzionatorio, scevro della disamina dei parametri summenzionati. Si tratta, in buona sostanza, di una presunzione assoluta, iuris et de iure. Tale meccanismo, ad avviso della Corte, risultando avulso dall'accertamento in concreto e basandosi unicamente sul titolo del nuovo delitto, prescinde dalla valutazione dell'attitudine della ricaduta nel reato, esaurendosi, invece, in una presunzione assoluta (ed astratta) di una più accentuata colpevolezza o di una maggiore pericolosità. Con l'art. 99 c. 5 c.p., il legislatore sostituisce la valutazione in concreto del giudice, con un parametro legale basato sul fatto che il reato ricada dell'elenco di cui all'art. 407, comma 2, lett. a), c.p.p., il quale contiene delitti di particolare gravità e allarme sociale; in tal modo si esaurisce la valutazione sul fatto di reato che, invece, andrebbe svolta in concreto.

La giurisprudenza della Consulta sulle presunzioni legali in materia penale è uniforme: esse, qualora limitino un diritto fondamentale della persona, «violano il principio di eguaglianza, se risultano arbitrarie e irrazionali, cioè se non rispondono a dati di esperienza generalizzati, riassunti nella formula dell'id quod plerumque accidit13».
Le censure sollevate dal giudice rimettente, ed accolte dalla Consulta, con riguardo alla violazione dell'art. 3 Cost., si fondano sul fatto che l'art. 99 c. 5 c.p. crei un'illegittima uguaglianza di trattamento di situazioni diverse, «in quanto preclude l'accertamento della concreta significatività del nuovo episodio delittuoso sotto il profilo della più accentuata colpevolezza e della maggiore pericolosità del reo»; la violazione dell'art. 27, terzo comma, Cost., invece, si sostanzia nel fatto che «la preclusione dell'accertamento giurisdizionale della sussistenza, nel caso concreto, delle condizioni "sostanziali" legittimanti l'applicazione della recidiva renda la pena palesemente sproporzionata - e, dunque, inevitabilmente avvertita come ingiusta dal condannato - vanificandone, già a livello di comminatoria legislativa astratta, la finalità rieducativa».

La Corte Costituzionale, nell'accogliere tali censure, dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 99 c. 5 c.p., limitatamente alle parole «è obbligatorio». Secondo la Consulta «la previsione di un obbligatorio aumento di pena legato solamente al dato formale del titolo di reato, senza alcun accertamento della concreta significatività del nuovo episodio delittuoso - in rapporto alla natura e al tempo di commissione dei precedenti e avuto riguardo ai parametri indicati dall'art. 133 cod. pen. - sotto il profilo della più accentuata colpevolezza e della maggiore pericolosità del reo, [non viola solo l'art. 3 Cost] ma anche l'art. 27, terzo comma, Cost., che implica un costante ‘principio di proporzione' tra qualità e quantità della sanzione, da una parte, e offesa, dall'altra».
In buona sostanza, viene meno l'automatismo nella dichiarazione della recidiva ed il giudice dovrà valutare la sussistenza della circostanza, di volta in volta ed in concreto, rifacendosi ai criteri guida elaborati dalla Corte di Cassazione14. Solo in tal modo si potrà valutare se la ricadutjavascript:nicTemp();a nel reato sia effettivamente espressione di un'accentuata colpevolezza e di una maggiore pericolosità sociale.

Avv.to Marcella Ferrari - marciferrari@gmail.com
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Note

1 Sentenza n. 185 del 23 luglio 2015, (Presidente CRISCUOLO - Redattore LATTANZI) liberamente consultabile sul sito ufficiale della Corte Costituzionale (http://www.cortecostituzionale.it/actionPronuncia.do).

2 La norma in commento prevede diverse tipologie di recidiva.

La recidiva semplice consiste nella commissione di un delitto non colposo a seguito di condanna irrevocabile per altro delitto non colposo; la recidiva è aggravata se il nuovo delitto non colposo è della stessa indole (recidiva specifica) o è stato commesso entro cinque anni dal precedente (recidiva infraquinquennale), durante o dopo l'esecuzione della pena (recidiva vera), durante il tempo in cui il condannato si sottrae volontariamente all'esecuzione della pena (recidiva falsa); la recidiva è reiterata se il nuovo delitto non colposo è commesso da chi è già stato dichiarato recidivo. Infine, l'art. 99 c. 5, si occupa della recidiva obbligatoria.

3 G. FIANDACA - E. MUSCO, Diritto Penale, parte generale, Bologna, Zanichelli, 2011, 444 ss.

4 D.L. 11.04.1974 n. 99

5 Art. 4 della legge 5 dicembre 2005, n. 251 recante "Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione".

6 In tal senso G. FIANDACA - E. MUSCO, Diritto Penale, parte generale, cit.

7 Vedasi G. FIANDACA - E. MUSCO, Diritto Penale, parte generale, cit.

8 In tal senso F. MANTOVANI, Diritto Penale, Padova, Cedam, 2001, 676 ss.

Per completezza si ricorda che la dichiarazione di recidiva comporta molteplici conseguenze, ad esempio, impedisce il giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti sulle ritenute aggravanti (art. 69 c.p.); è di ostacolo al patteggiamento allargato (art. 444 c.p.p.); determina un aumento dei termini massimi di prescrizione dei reati (art. 161 c.p.); limita la possibilità di usufruire delle misure alternative alla detenzione (artt. 47 ter e 58 quater legge 26 luglio 1975 n. 354 [Ordinamento penitenziario] art. 94 D.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 [TU stupefacenti]).

9 La questione di legittimità costituzionale è stata sollevata, altresì, dalla Corte d'appello di Napoli, terza sezione penale, con ordinanza del 19 novembre 2014

10 Vedasi sentenza Corte Costituzionale n. 192 del 2007

11 In tal senso vedasi sentenza della Corte di cassazione, sezioni unite penali, 24 febbraio 2011, n. 20798.

12 Corte di cassazione, sezioni unite penali, 27 maggio 2010, n. 35738

13 «L'irragionevolezza della presunzione assoluta si può cogliere tutte le volte in cui sia "agevole" formulare ipotesi di accadimenti reali contrari alla generalizzazione posta a base della presunzione stessa» (ex multis, sentenze n. 232 e n. 213 del 2013, n. 182 e n. 164 del 2011, n. 265 e n. 139 del 2010).

14 Vedasi nota Errore: sorgente del riferimento non trovata

Testo sentenza 185/2015 della Corte Costituzionale

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