La Corte di Cassazione (sentenza 17144/2009), in materia di concorrenza sleale ha chiarito che l'utilizzo di un marchio simile a quello utilizzato da un'impresa più conosciuta sul mercato su prodotti dello stesso tipo è idonea a determinare confondibilità quantomeno in relazione alla riconducibilità dell'attività di un'impresa a quella dell'altra. Secondo la Corte non eliminano il rischio di confusione nè la differenza di prezzo, nè la differenza qualitativa nè il diverso target della clientela. In sostanza una simile attività rientra nelle previsioni di cui all'art. 2598 del codice civile che considera atti di concorrenza sleale, tra le altre cose, l'uso di "nomi o segni distintivi idonei a produrre confusione con i nomi o con i segni distintivi legittimamente usati da altri", oppur el'imitazione servile di prodotti di un concorrente, o ancora il compimento "con qualsiasi altro mezzo atti idonei a creare confusione con i prodotti e con l'attività di un concorrente".

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