- Il danno da perdita del rapporto parentale: illecito plurioffensivo
- Il problema della liquidazione del danno non patrimoniale
- Il caso che ha detto no alle tabelle di Milano per il danno da perdita parentale
- Il sistema del punto variabile
Il danno da perdita del rapporto parentale: illecito plurioffensivo
Il problema della liquidazione del danno non patrimoniale
Il caso che ha detto no alle tabelle di Milano per il danno da perdita parentale
Il sistema del punto variabile
[1] L' ingiusto decesso del congiunto lede valori costituzionalmente e convenzionalmente tutelati quali l'intangibilità della sfera degli affetti e la stabilità del rapporto familiare artt. 2 Cost., 29 Cost. e 8 Cedu.
[2] Il presupposto di fondo utilizzato per accordare ai congiunti di un soggetto ucciso il diritto ad ottenere iure proprio dal danneggiante il risarcimento del pregiudizio sofferto è stato il riconoscimento dei diritti della famiglia ex art. 29 Cost. La Corte di Cassazione con una giurisprudenza pressoché consolidata ha ritenuto doveroso estendere il diritto alla riparazione del pregiudizio anche a soggetti estranei al ristretto nucleo familiare. Per il riconoscimento dei pregiudizi subiti da congiunti non appartenenti alla famiglia nucleare del de cuius,il Supremo Collegio ha però richiesto la dimostrazione della convivenza. V., ad esempio, le sentenze n.10823 dell'11 maggio 2007; n. 16018 del 7 luglio 2010; n. 1410 del 21 gennaio 2011; e soprattutto n. 4253 del 16 marzo 2012, nella quale si è stabilito che "il fatto illecito costituito dall'uccisione del congiunto dà luogo ad una danno non patrimoniale presunto, allorché colpisce soggetti legati da uno stretto vincolo di parentela…, perché invece possa ritenersi risarcibile la lesione del rapporto parentale subita da soggetti estranei a tale ristretto nucleo familiare (quali nonni, nipoti, il genero, o la nuora) è necessario che sussista una situazione di convivenza, in quanto connotato minimo attraverso cui si esteriorizza l'intimità delle relazioni di parentela allargata… solo in tal modo assumendo rilevanza giuridica il collegamento tra danneggiato primario e secondario, nonché la famiglia intesa come luogo in cui si esplica la personalità di ciascuno, ai sensi dell'art. 2 Cost.". Dopo qualche mese, tuttavia, la stessa III Sez. Civ., con la pronuncia n. 14931 (del 6 settembre 2012), e successivamente anche la III Sez. Pen., con la sentenza n. 29735 dell'11 luglio 2013, in Foro it., 2014, II, c. 86 ss., hanno considerato di secondaria importanza la coabitazione (poiché, come si legge in quest'ultima decisione, "in termini di risarcimento del danno non patrimoniale per perdita del congiunto, nella specie nonno-nipote, non può ritenersi determinante il requisito della convivenza, poiché attribuire a tale situazione un rilievo decisivo porrebbe ingiustamente in secondo piano l'importanza di un legame affettivo e parentale la cui solidità e permanenza non possono ritenersi minori in presenza di circostanze diverse, che comunque consentano una concreta effettività del naturale vincolo nonno nipote"). E quantunque già alcune precedenti pronunce (come la n. 15019/2005, cit.; e la n. 1203/2007, cit.) avessero sposato questo indirizzo, con le sentenze n. 1025 del 17 gennaio 2013; n. 23917 del 22 ottobre 2013; e n. 17006 del 25 luglio 2014 (della Sez. Lav.), il Supremo Collegio è tornato alla vecchia impostazione. Hanno aderito all'orientamento restrittivo Trib. Milano 18 luglio 2013 e 2 dicembre 2014, oltre che App. Milano 1 ottobre 2014 (per la quale, la madre non convivente "certo ha ragione di dolersi del peggiorato stato di salute del figlio, ma…non convivendo con costui… non ha visto mutate le proprie condizioni di vita") e Trib. Taranto 13 gennaio 2015. Favorevoli ad una interpretazione più elastica sono apparsi, viceversa, Trib. Roma, 9 aprile 2013; Trib. Lucca 10 giugno 2015, Trib. Modena 3 giugno 2015; e Trib. Pisa 20 aprile 2015. La recente pronuncia della Suprema Corte n. 21230 del 20 ottobre 2016 ha, comunque, ritenuto definitivamente superata la regola stabilita dalla vecchia (e assai criticata in dottrina) giurisprudenza, che ancorava il risarcimento del danno non patrimoniale da lesione del rapporto parentale ad "un elemento estrinseco, transitorio e del tutto casuale quale è quello della convivenza, di per sé poco significativo, ben potendo ipotizzarsi convivenze non fondate su vincoli affettivi ma determinate da necessità economiche, egoismi o altro e non convivenze determinate da esigenze di studio o di lavoro o non necessitate da bisogni assistenziali e di cura ma che non implicano, di per sé, carenza di intensi rapporti affettivi o difetto di relazioni di reciproca solidarietà". Secondo tale sentenza, la convivenza va considerata solo un "elemento probatorio utile, unitamente ad altri elementi, a dimostrare l'ampiezza e la profondità del vincolo affettivo che lega tra loro i parenti e a determinare…il quantum debeatur", anche perché far dipendere la liquidazione del pregiudizio in questione dalla "convivenza tra il congiunto non ricompreso nella cd. famiglia nucleare e la vittima potrebbe essere fodero di un automatismo risarcitorio sicuramente da bandire".
[3] A titolo di esempio si veda: n. 20667 del 5 ottobre 2010; n. 469 del 13 gennaio 2009; n. 26972/2008; n. 8546 del 3 aprile 2008; n. 13754 del 14 giugno 2006; n. 19316 del 3 ottobre 2005; n. 10816 del 6 giugno 2004; n. 12124 del 19 agosto 2003; n. 8827 del 31 maggio 2003; n. 9556 del 1° luglio 2002; n. 1516 del 2 febbraio 2001; n. 13358 del 1° dicembre 1999; n. 4852 del 19 maggio 1999; n. 4186 del 23 aprile 1998; n.8305 del 17 settembre 1996.
[4] Cass. 22/07/1963 n. 2017
[5] "la tutela non è ristretta ai casi di diritti inviolabili della persona espressamente riconosciuti dalla Costituzione nel presente momento storico, ma in virtù dell'apertura dell'art. 2 ad un processo evolutivo, deve ritenersi consentito all'interprete rinvenire nel complessivo sistema costituzionale indici che siano idonei a valutare se nuovi interessi emersi nella realtà sociale siano, non genericamente rilevanti per l'ordinamento, ma di rango costituzionale attenendo a posizioni inviolabili della persona umana" così Cass. Sez. U. n. 26972/2008
[6] Cass. n. 8827e n. 8828 del 2003
[7] Sul punto si veda Cass., n. 1421 dell'11 febbraio 1998; n. 11396/1997, cit.; n. 11414 del 17 ottobre 1992; n. 6854/88, cit.; n.1845/76, cit.; n. 1056 del 13 aprile 1973; n. 2915/71.
[8] Invero si veda Sezioni Unite n.9556/02, nella quale si legge che "ai prossimi congiunti della persona che abbia subito, a causa del fatto illecito costituente reato, lesioni personali, spetta anche il risarcimento del danno morale concretamente accertato in relazione ad una particolare situazione affettiva con la vittima, non essendo ostativo il disposto dell'articolo 1223 c.c., in quanto anche tale danno trova causa immediata e diretta nel fatto dannoso, con conseguente legittimazione del congiunto ad agire iure proprio contro il responsabile".
[9] Cfr Cass. 4186/98
[10] V. Cass. 25/08/2014 n. 182070
[11] V. Cass. 19701/2012, n. 7471
[12] Cfr. sent. Cass. n. 3758 del 19 febbraio 2007; n. 1105 del 18 gennaio 2007; n. 212 dell'11 gennaio 2006; n. 2082 del 13 febbraio 2002; n. 2134 del 25 febbraio 2000; n. 10527 del 13 maggio 2011.
[13] Sul punto v. Cass. 25/08/2014 n.18207; Cass. 5/12/2014 n.25739
[14] Artt. 138-139 D.Lgs. n. 209/2005
[15] Seppur prevista dall'art.138 D.Lgs. n. 209/2005
[16] Si tratta di un documento para-normativo che consente la liquidazione equitativa del danno non patrimoniale in modo adeguato al singolo caso
[17] V. Cass. 7/06/2011 n.12408; Cass. 2070572015, n. 10263
[18] V. sent. n. 33005 del 10 novembre 2021
[19] V. Cass. N. 10579/2021