A che cosa si riferiscono i termini pro soluto e pro solvendo, a quale istituto si riferiscono e in che cosa quest'ultimo si diversifica dal factoring

Pro soluto e pro solvendo: significato

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I termini pro soluto e pro solvendo sono termini che, come si può intuire, hanno a che fare con il denaro.

Il termine pro solvendo si riferisce infatti a qualcosa ancora da pagare, mentre pro soluto fa riferimento a qualcosa che è già stato pagato.

Questi due vocaboli composti, come anticipato, fanno infatti riferimento un istituto giuridico in cui è previsto il pagamento di una somma. Vediamo quale.

La cessione del credito

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L'istituto in questione è la cessione del credito, previsto e disciplinato dal nostro codice civile dall'art. 1260 all'art. 1267. Il credito infatti può essere oggetto di cessione da parte del creditore che può decidere di cederlo gratuitamente o in cambio di un corrispettivo. Non è necessario che il debitore dia il proprio consenso alla cessione. L'importante però è che il credito non abbia una natura strettamente personale o la legge non ne vieti il trasferimento.

Il debitore e il creditore però, di comune accordo, possono stabilire che il credito non possa essere ceduto, se però il patto viene violato, ma non si riesce a dimostrare che il cessionario ben sapeva di tale accordo, allora il patto di non cessione non si può opporre a questo soggetto.

Fatta questa premessa, quando nella cessione del credito si parla di cessione pro soluto e di cessione pro solvendo?

Le garanzie della cessione

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Si parla di cessione pro solvendo e pro soluto quando il codice civile affronta il tema della garanzia della solvenza del debitore.

Per essere chiari, se il creditore non risponde della solvenza del debitore, la cessione avviene pro soluto e il cedente è liberato.

Nel caso invece in cui il creditore decida di garantire per il debitore allora la cessione avviene pro solvendo. Il cedente in questo caso non sarà quindi liberato fino a quando il creditore (cessionario) non otterrà la prestazione dovuta dal debitore. Attenzione però, in questo caso il creditore risponderà nei limiti di quanto ricevuto dal nuovo creditore cessionario e non di quanto il debitore è tenuto a prestare. Se poi però il cessionario dovrà attivarsi per recuperare la prestazione a lui dovuta dal debitore, allora il creditore cedente dovrà corrispondergli anche le spese, gli interessi e risarcirgli il danno.

Differenza tra cessione pro soluto e pro solvendo

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Tirando le fila, con la cessione pro soluto il creditore originario ossia il cedente, una volta che ha ceduto il suo credito è libero da ogni responsabilità per quanto riguarda l'eventuale inadempimento del debitore. Il cedente infatti deve solo provare che il credito da lui vantato esiste, che lo stesso può essere ceduto perché non è un credito strettamente personale, che non è vietato per legge e che lo stesso non presenta vizi tali da renderlo nullo o annullabile.

Nella cessione pro solvendo invece il creditore cedente, se il debitore non paga, è responsabile di questo inadempimento. Il codice civile però all'art. 1267, dedicato proprio alle garanzie della cessione del credito, prevede che "Quando il cedente ha garantito la solvenza del debitore, la garanzia cessa, se la mancata realizzazione del credito per insolvenza del debitore è dipesa da negligenza del cessionario nell'iniziare o nel proseguire le istanze contro il debitore stesso."

Il cessionario quindi deve fare la sua parte per recuperare il credito che gli è stato ceduto, se non lo fa e non riesce a recuperarlo solo per pigrizia nell'intraprendere le azioni necessarie, non può poi rivolgersi al creditore cedente e pretendere che sia lui a pagare.

Il factoring pro soluto e pro solvendo

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Un esempio tipico di cessione del credito molto utilizzato dalle imprese è il factoring, la cui disciplina è contenuta nella legge n. 52/1991, che contiene la "Disciplina della cessione dei crediti di impresa."

A distinguere il factoring dalla cessione del credito disciplinata dal codice civile sono i soggetti coinvolti. Da una parte infatti c'è un imprenditore che opera nella veste di cedente e dall'altra una banca o un intermediario finanziario, che ha la forma di una società di capitale e assume la veste di cessionario. Oggetto della cessione sono i crediti che l'imprenditore vanta nei confronti di terzi in virtù di contratti che ha stipulato nell'esercizio dell'impresa. I crediti ceduti, in base a quanto previsto dall'art. 3 della legge n. 52/1991 possono essere già esistenti o ancora da insorgere (futuri). Non solo, l'imprenditore può anche cedere crediti futuri in massa che sorgeranno in virtù di contratti che verranno stipulati nel giro di 24 mesi e che si considerato ad oggetto determinato se il debitore ceduto è già indicato.

Anche la cessione dei crediti che si realizza nel contratto di factoring può avvenire pro soluto e pro solvendo, modalità che incideranno in misura diversa sulle commissioni richieste dalla banca o dall'intermediario finanziario, che vengono condizionate infatti dal tipo, dalla durata e dall'ammontare dei rischi che si assumono.

Il factoring però presenta il grande vantaggio di offrire all'imprenditore bisognoso di liquidità immediata il denaro che gli occorre, affidando a una realtà di esperti, la gestione e l'amministrazione dei crediti ceduti, il loro incasso e, appunto, l'anticipo sulle somme.


Foto: 123rf.com
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