- No all'imposta fissa
- Accertamento dell'esistenza di ricchezza
- Nessuna disparità di trattamento tra accertamento e condanna
No all'imposta fissa
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La sentenza che accerta l'esistenza o l'ammontare del credito pignorato è sottoposta all'imposta di registro nella misura proporzionale dell'1% e non nella misura fissa: non ha dubbi in proposito la Corte di cassazione che, nell'ordinanza numero 3459/2021 qui sotto allegata, è giunta a questa conclusione partendo dal presupposto che tale pronuncia rientra tra gli atti dell'autorità giudiziaria di accertamento di diritti a contenuto patrimoniale.
Accertamento dell'esistenza di ricchezza
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Del resto, l'articolo 8, comma 1, lettera c) della tariffa - parte prima allegata al d.p.r. n. 131/1986, nel sancire che tali atti di accertamento scontano l'imposta di registro all'1%, si riferisce non solo all'accertamento costitutivo ma anche ai provvedimenti privi di contenuto traslativo o ablatorio che si risolvono in un accertamento dell'esistenza di ricchezza.
Nessuna disparità di trattamento tra accertamento e condanna
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Per la Corte di cassazione, in proposito va anche rilevato che la circostanza che, invece, le sentenze di condanna rientrano nell'ambito di applicazione dell'IVA se dispongano il pagamento di corrispettivi o prestazioni soggetti a tale imposta non vale a determinare un'illegittima disparità di trattamento.
Come già rilevato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 177/2017, infatti, "il fatto che l'accertamento del diritto di credito costituisca il necessario antecedente logico-giuridico della condanna non rende omogenee le fattispecie messe a confronto, neppure ai fini del regime tributario agevolato".
Così, gli atti di accertamento di diritti a contenuto patrimoniale scontano l'imposta di registro all'1% anche quando riguardano corrispettivi o prestazioni soggetti a IVA.
Scarica pdf ordinanza Cassazione numero 3459/2021