L'accelerazione della vita sociale e dei traffici ha reso drammaticamente inadeguato il permanere di un termine eccessivamente lungo

di Daniele Storti - Spesso l'attenzione della dottrina è attratta dai temi di maggiore impatto mediatico, capaci di garantire ai commentatori la massima visibilità, con buona pace della funzione di "motore del diritto" che le è propria.

La prescrizione ordinaria ex art. 2946 c.c.

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La prescrizione in ambito civile è certamente tra gli istituti più trascurati dagli operatori giuridici che, limitandosi alla rendicontazione dell'esistente, non hanno stimolato un processo di revisione della sua disciplina, ormai indispensabile. Dopo di che, restringendo il campo di ricerca al termine della prescrizione ordinaria, ci si trova a navigare nel vuoto cosmico, tale è il livello di noncuranza per l'argomento.

Eppure il tema ha una qualche rilevanza, poiché incide direttamente sul grado di fluidità dei rapporti giuridici.

Il codice del 1942, nonostante differisse dal modello della tradizione francese ed italiana dell'ottocento, rifletteva una società ancora statica, solo timidamente aperta alle trasformazioni che di lì a poco si sarebbero palesate, perciò caratterizzata da una sostanziale lentezza dei traffici giuridici.

Le esigenze di certezza del diritto avevano trovato adeguata risposta nella previsione di termini anche molto lunghi.

Tuttavia, l'accelerazione della vita sociale e dei traffici, la progressiva evoluzione dei mezzi di comunicazione e così pure l'internazionalizzazione degli scambi, hanno evidenziato, con il divenire degli anni, la drammatica inadeguatezza di tali termini, specie in ambito commerciale.

La consapevolezza che le comunicazioni, al pari dei trasferimenti di valuta, viaggino in tempo reale e che le transazioni commerciali debbano sincronizzarsi con le repentine, per non dire quotidiane evoluzioni dei mercati, ha reso oltremodo stridente la conservazione di termini di prescrizione eccessivamente lunghi, poiché forieri del perdurare di conflitti tra situazioni giuridiche, pur in carenza di un effettivo interesse da parte dei titolari dei diritti ad esse sottesi.

Per tale ragione, la gran parte degli ordinamenti sono intervenuti, spesso nel quadro di una rimodulazione del diritto delle obbligazioni, adottando soluzioni più adeguate, tutte volte a una sensibile riduzione della durata dei termini di prescrizione, secondo linee di tendenza comuni.

I termini della prescrizione ordinaria negli altri Paesi

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Così è che in Cina il termine ordinario di prescrizione è stato ridotto a soli 2 anni. Termini estremamente brevi, 3 anni, anche in Germania (dal 2001), Austria, Danimarca, Finlandia, Estonia, Repubblica Ceca, Romania, Russia, Slovacchia e Ucraina.

Poco di più, 5 anni, in Francia (dal 2008), Spagna (dal 2015), Malta, Paesi Bassi, Slovenia, Grecia, oltre che Cile e Ungheria.

Negli Stati Uniti, dove la disciplina è diversa nei vari stati della federazione, il termine va da 3 a 6 anni, come, peraltro, in Inghilterra.

La situazione italiana

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L'Italia cronicamente ferma, quanto alla produzione di testi normativi di riordino organico, è rimasta al palo, dovendosi attendere 10 anni prima che un diritto trascurato possa estinguersi.

In sua compagnia, Polonia, Lettonia, Lituania, Serbia, Venezuela, Turchia, Thailandia e Belgio. Peggio solo gli Emirati Arabi e il Qatar con 15 anni e il Portogallo con 20.

Ora ci si domanda se non sia anacronistico un istituto giuridico in controtendenza, tanto palese, con la evoluzione dei tempi nella società digitale.

Appare perfino azzardato sperare che quegli stessi investitori, da più parti invocati, che secondo i migliori auspici dovrebbero confidare sulla efficienza del sistema Italia, possano considerare compatibile con le esigenze di speditezza dei traffici e di consolidamento della certezza del diritto, la permanente vigenza di strumenti giuridici tanto antiquati, quanto obsoleti.

Non rimane che sperare che un legislatore da sempre insensibile alle trasformazioni ed incapace di intercettare la evoluzione dei tempo, colto da un soprassalto di consapevolezza, si ravveda e colga le nuove esigenze, approntando, sulla scia delle esperienze di altri ordinamenti, strumenti ben più adeguati, nel settore in argomento, come in tanti altri ugualmente indispensabili alla crescita di un paese che pretende di essere moderno.

La previsione di un termine triennale o tutt'al più quinquennale risulterebbe ben più coerente con le linee di tendenza che si sono sviluppate negli ultimi anni, alla luce delle revisioni introdotte da altri ordinamenti europei, ma anche degli studi di diritto scientifico più accreditati, primo tra tutti i "Principles of European Contract Law" del 2003, che prevedono un termine ordinario di prescrizione di 3 anni applicabili all'intera materia del diritto delle obbligazioni.

A tacere dell'opportunità, attuabile con l'adozione di un termine ordinario di prescrizione breve, di uniformare la legislazione italiana ai principi di diritto contrattuale europeo, anche eliminando la pletora di prescrizioni presuntive disseminate nel sistema normativo.

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