Teorie e riflessi giuridici del fenomeno frutto di un processo economico per il quale mercati, produzioni e consumi vengono connessi su scala mondiale

di Raffaella Feola - Dal 1990, il termine globalizzazione è stato adoperato per indicare quei fenomeni connessi all'integrazione economica, sociale e culturale tra le diverse aree del mondo.

L'abbattimento delle barriere spaziali fra le nazioni si è realizzato anche grazie allo sviluppo delle tecnologie dell'informazione e comunicazione.

Gli immigrati, grazie alle nuove tecnologie, mantengono relazioni con il paese d'origine e nel contempo contribuiscono a modificare l'identità dei Paesi in cui risiedono.

Le organizzazioni non governative, hanno dato vita ad una rete di rapporti di scambio e collaborazione reciproca. A ciò, però, si è contrapposto il movimento "no-global", che contesta la globalizzazione.

Sotto accusa vi è il potere delle multinazionali e le politiche seguite dal fondo monetario internazionale e dalla world trade organization.

La formula "fine della geografia" evoca quello che stiamo vivendo, ormai viviamo in un mondo globalizzato e, in termini giuridici, si è assistito alla perdita di importanza del territorio come elemento di identificazione della collettività.

Concetti come "sovranità statale" e "territorio" perdono sempre più importanza, così come i processi migratori mettono in crisi l'efficacia di leggi pensate per valere solo su territori abitati da determinate persone.

Ci sentiamo cittadini del mondo, ma nello stesso tempo facciamo fatica a lasciare i nostri territori e, così, dal punto di vista economico, le opportunità non sono uguali per tutti.

Le fasi del processo di globalizzazione

Anche se la globalizzazione ha raggiunto l'apice negli anni '90 del XX secolo, essa è un processo caratterizzato da diverse fasi:

· fase germinale, si svolge in Europa dal XV secolo fino alla metà del XVIII. Le comunità nazionali si sviluppano e assistiamo ad un'accentuazione del concetto di individuo;

· fase incipiente, si afferma dal XVIII secolo fino al 1870. Si sviluppa il commercio e si cerca di regolare quanto più possibile la comunicazione internazionale e transazionale;

· fase del take off, si svolge dal 1870 alla metà degli anni venti del XX secolo. Si sollevano questioni riguardanti le identità nazionali e si diffondono forme di comunicazione globali;

· fase della lotta per l'egemonia, si svolge tra la metà degli anni '20 e la metà degli anni '60 del XX secolo. Guerre di ampia portata rendono instabili gli equilibri raggiunti;

· fase dell'incertezza, comincia negli anni '60 e si protrae fino agli anni '90 del XX secolo. Il terzo mondo è incluso nell'ambito della globalità, le società sempre più si trovano di fronte al problema della polietnicità e ci si concentra sull'interesse di una cittadinanza mondiale.

Teorie sulla globalizzazione

Per definire la globalizzazione Immanuel Wallerstein, approcciandosi al metodo di Fernand Braudel, elaborò la teoria del sistema-mondo divisa in:

· l'idea di una scala di piani di ricerca che va dal sistema-mondo all'economia domestica;

· l'idea di un'incorporazione dei territori esterni all'economia-mondo capitalistica;

· il concetto di semi-periferia che indica una relazione tra le economie-mondo e le periferie.

Per Wallerstein esistono due tipi di sistema-mondo:

1. gli imperi-mondo

2. le economie-mondo

Diversa è la teoria multidimensionale di Giddens che, mira ad un compromesso tra le politiche economiche di destra e di sinistra. Essa ha trovato per la prima volta applicazione nella politica di Tony Blair.

Robertson, invece, afferma che la globalizzazione è: "un processo che mette insieme aspetti oggettivi come la crescente interdipendenza di attori nella scena globale, e aspetti soggettivi che si riferiscono alla consapevolezza che tali attori hanno di vivere in un mondo inteso come tutto".

Su questi passi si muove Beck che reputa indispensabile operare un'analisi non solo di tipo economista, poiché la globalizzazione essendo un fenomeno culturale non implica una "mcdonaldizzazione".

Beck, infatti, afferma che la globalizzazione è: " evidente perdita di confini dell'agire quotidiano nelle diverse dimensioni dell'economia, dell'informazione, dell'ecologia della tecnica, dei conflitti transculturali e della società civile, cioè, in fondo qualcosa di familiare e nello stesso tempo inconcepibile, difficile da afferrare, ma che trasforma radicalmente la vita quotidiana con una forza ben percepibile, costringendo tutti ad adeguarsi, a trovare risposte".

Globalizzazione e diritto

La globalizzazione ha riflesso anche sul mondo del diritto e degli operatori giuridici, ed essendo figlia della cultura americana e anglosassone, a livello giuridico, vi è una forte immissione di valori della cultura di common law nel nostro mondo di civil law. I due sistemi - da sempre in "contrapposizione" - si muovono verso simili soluzioni, dettate dalle esigenze di mercato e dalla cultura globale. 

L'ordine giuridico globale è solitamente descritto come un livello superiore. Il primo livello "nazionale", concorre alla formazione del secondo, "globale". 

Gli organi statali operano nello spazio giuridico globale in modo autonomo e questo porta ad una visione dello Stato non solo come "unità", ma anche come "disgregazione". Si delinea, quindi, un ordinamento multilivello. 

Per quanto attiene i poteri pubblici, nei sistemi interni il potere esecutivo è il motore degli Stati, ma nell'ordine giuridico globale non c'è un'autorità superiore, né la gerarchia che caratterizza i poteri nazionali. 

La conseguenza di quanto detto è la presenza di regole generali negli ordinamenti interni che, fungono da collante per tutte le regole "settoriali", ma nel sistema globale, invece, vi sono tutti corpi normativi settoriali e non un insieme di regole generali.

Ma allora esiste una rule of law globale?

Nel sistema giuridico globale secondo alcuni, vi è solo un ordine negoziato. 


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