La contraffazione e l'interpretazione del brevetto

Avv. Giampaolo Morini - Si ha contraffazione, anzitutto, in tutte le ipotesi in cui l'invenzione altrui viene integralmente imitata. Si ha contraffazione, inoltre, nelle ipotesi in cui l'imitazione delle invenzioni altrui non è integrale, ma tocca comunque l'ambito coperto dalla privativa altrui. L'estensione della privativa viene individuata tramite l'interpretazione del brevetto, cioè tramite l'esame della documentazione presente nel fascicolo brevettuale. Tale operazione non è regolata dalla vigente normativa brevettuale, e si svolge secondo una tradizione giurisprudenziale che oggi trova dei punti di riferimento sicuri in norme convenzionati. Il sistema italiano, come tutti sistemi europei continentali, ha privilegiato a lungo l'interesse del titolare del brevetto ritenendo che l'interpretazione del brevetto potesse contare su tutta la documentazione brevettuale. Per questa via, si è compreso all'interno dell'esclusiva tutti ciò che sia dotato dei requisiti di brevettabilità e sia deducibile in qualche modo dalla lettura dell'uno o dell'altro dei documenti brevettuale.

Il sistema inglese, per contro, ha sempre privilegiato l'interesse collettivo ad una individuazione rapida e sicura dell'estensione del brevetto, attraverso la regola per cui l'estensione del brevetto è limitata al testo delle rivendicazioni. I sistemi moderni tendono a fare proprio questa esigenza di certezza, e dunque si manifesta un progressivo spostamento verso la soluzione che dà un ruolo centrale alle rivendicazioni. Non si è raggiunta una sua accettazione radicale, e si è conservato un certo ruolo alla restante parte della documentazione progettuale. Questo orientamento trova spazio in molte leggi nazionali e nelle convenzione di Strasburgo e di Monaco, ed è propugnato anche in Italia dalla migliora dottrina e da una giurisprudenza sempre più convinta; l'estenzione del brevetto è determinata dalle rivendicazioni, ma le rivendicazioni devono, a loro volta, essere interpretate alla luce dell'intero fascicolo progettuale e, in particolare, dalla descrizione dei disegni. Questa regola, che tenta un compromesso tra le due soluzioni opposte, ha, come tutte le soluzioni di compromesso, certi margini di ambiguità, e pertanto può non essere facilmente applicabile in certi casi.
Essa, tuttavia, ha un suo contenuto sicuro proprio nel ruolo centrale che assegna alle rivendicazioni, quali elementi di garanzia e di interesse collettivo. In concreto, la regola dice che l'esclusiva si estende solo a ciò che il richiedente abbia ad un tempo rivendicato e descritto; ciò che è stato rivendicato, ma non descritto, e ciò che stato descritto, ma non rivendicato, rimane estraneo all'ambito di esclusiva. L'interpretazione del brevetto va condotta alla luce di un soggetto ideale ché è il tecnico medio del settore (articolo 28 l. inv.), cioè un modello analogo a quello che viene adottato per il giudizio di non evidenza. Essa risulta ancorata a criteri strettamente oggettivi, proprio perché ha la funzione primaria di garantire i terzi.

Contraffazione non integrale e contraffazione per equivalente

In ipotesi di imitazione non integrale dell'altrui invenzione occorre anzitutto controllare se le due realizzazioni hanno o non hanno in comune gli elementi essenziali dell'invenzione. Se gli elementi essenziali dell'invenzione brevettata (quali individuati attraverso l'interpretazione del brevetto) sono presenti nella realizzazione altrui, eventuali differenze concernenti elementi non essenziali non valgono ad evitare la contraffazione. Anche quando gli elementi essenziali non sono identici, si ha contraffazione (e si parla di contraffazione per equivalenti) se l'idea inventiva, l'insegnamento fondamentale che sta alla base dell'invenzione brevettata, è presente anche nella realizzazione altrui. Il concetto di equivalenza non è definito da alcuna norma, ma risulta da una lunga esperienza giurisprudenziale. Esso esige che, tramite interpretazione del brevetto, si individui l'idea inventata (si noti che l'equivalenza attiene all'idea di soluzione del problema, e non al problema affrontato, che di regola sarà lo stesso). Nei sistemi europei, tradizionalmente, l'equivalenza viene intesa in termini piuttosto ampi, mentre invece in Gran Bretagna e negli USA si adotta una visione assai restrittiva. Il giudizio di equivalenza ha un nesso logico assai forte con il giudizio di non evidenza. Se, infatti, davanti ad un certo problema tecnico (comune alle due invenzioni), si considera la soluzione proposta dalla prima invenzione, e si valuta poi l'originalità della soluzione proposta per seconda, si ha risposta sia al problema della non evidenza, sia a quello dell'equivalenza. Se la seconda soluzione è originale, essa è anche non equivalente alla prima, perché, costituendo oggetto di un'autonoma invenzione, risulta estranea all'ambito di estensione del primo brevetto; se, viceversa, la seconda soluzione non è originale, essa è anche equivalente alla prima, e, rimanendo all'interno dell'ambito di estensione del primo brevetto, ne costituisce contraffazione (appunto, per equivalenti). Proprio la concezione italiana di equivalenza rappresenta una maggiore garanzia per quei paesi come gli USA in cui la soglia di punibilità appare necessariamente più bassa.

La contraffazione evolutiva

La contraffazione non è esclusa dal fatto che la soluzione adottata dal terzo presenti la stessa idea inventiva di una precedente soluzione brevettata, ma apporti ad essa delle modifiche che ne costituiscono un miglioramento, o un adattamento, o un perfezionamento. Si parla, in questi casi, di contraffazione evolutiva. La contraffazione non è esclusa dalla possibilitàdi ravvisare nel perfezionamento o, in genere, nella modifica, un'invenzione brevettabile (e, cioè, la soluzione originale di un ulteriore problema tecnico). Infatti, poichè alla base della seconda invenzione esiste pur sempre la precedente, la secoda deve essere considerata invenzione dipendente, ai sensi dell'art. 2587 c.c., e la sua attuazione costituisce contraffazione del primo brevetto. Va ricordato, tuttavia, che il titolare del secondo brevetto può ottenere una licenza obbligatoria sul primo. Tale diritto esiste però solo se la seconda invenzione comporta rispetto alla precedente, un "importante progresso tecnico di considerevole rilevanza economica (art. 54 c. 2 lett. b l. inv.). Questa licenza obbligatoria può essere ceduta soltanto con l'azienda o con i rami di questa in cui la licenza stessa viene utilizzata (art. 54 bis c. 5) o con il brevetto sull'invenzione dipendente (art. 54 c. 2 lett. b). in ogni caso il titolare del brevetto sulla prima invenzione ha diritto alla concessione di una licenza obbligatoria sul secondo brevetto "a condizioni eque e ragionevoli". Licenziante e licenziatario, potranno quindi anche prevedere tale possibilità stabilendo preventivamente le condizioni economiche dell'eventuale licenza obbligatoria.

La contraffazione indiretta

Sotto l'etichetta di contraffazione indiretta vengono raccolte all'estero alcune fattispecie piuttosto eterogenee tra loro, ancora poco note nell'esperienza giurisprudenziale italiana, le quali sfuggono alle regole della contraffazione sopra illustrate e tuttavia vengono ritenute meritevoli di una qualifica di illiceità.

Si tratta essenzialemte di due ipotesi. La prima è quella della riproduzione e messa in vendita di parti staccate e di pezzi di ricambio in se non coperti da brevetto, ma destinati ad operare all'interno di una struttura brevettata o nell'ambito di un procedimento brevettato. In questo caso, se la struttura finale o il procedimento sono destinati ad un uso industriale, poichè tale uso è riservato al titolare del brevetto, questi può sempre convenire in giudizio per contraffazione l'utilizzatore, e non ha un reale interesse a che anche il costruttore (o il venditore) del singolo pezzo sia qualificato contraffattore. Se invece , la struttura finale o il procedimento sono destinati ad un uso privato, da parte del consumatore finale, il titolare del brevetto non può convenire in giudizio per contraffazione l'utilizzatore, perche tale utilizzazione rientra tra gli usi leciti dell'invenzione altrui (art. 1 c. 3 lett. a) l. inv.), e perchè comunque la gestione di un numero elevatissimo di procedure giudiziarie, una contro ciscun utilizzatore, non sarebbe economicamente conveniente. La sola via che offrano al titolare del brevetto una protezione adeguata a quella che qualifica contraffazione già l'attività di produzione e spendita del singolo pezzo. Per evitare che tale regola blocchi attività lecite, si deve limitare la politica di contraffazione alle sole ipotesi in cui esista una oggettiva ed univoca destinazione del pezzo all'uso della macchina o nel procedimento brevettato, ovvero esista una specifica consapevolezza, in capo al produttore o venditore, della destinazione all'uso della macchina con il procedimento brevettato che ne farà l'acquirente. Una seconda ipotesi attiene alle invenzioni di nuovo uso di un composto noto. Se un composto è capace di due usi, il secondo solo dei quali è brevettato, la fabbricazione e la vendita del comparto sono lecite, e si ha contraffazione del brevetto sul secondo solo da parte dell'acquirente che lo utilizzerà per il secondo uso. Si ripresenta qui la stessa situazione esposta per il caso precedente. Se invece il secondo uso del composto è un uso strumentale, il titolare del brevetto potrà convenire per contraffazione i soggetti che realizzano tale uso. Se, invece, il secondo uso è composto e un uso finale, il titolare del brevetto non potrà convenire in giudizio gli utilizzatori finali, per le stesse ragioni sopra esposte. Anche in questo caso, quindi, la protezione del brevetto può essere vinta attraverso la possibilità di qualificare contraffazioni già la produzione e la vendita del composto. Tale possibilità può essere ammessa quando il composto viene venduto in dosi, in confezioni, con istruzioni, con additivi o in stati fisici che siano funzionali esclusivamente rispetto all'uso brevettato. Come già detto, il nostro sistema non dispone di norme che vietano esplicitamente le ipotesi sopra descritte. Essi sono detti illeciti dalla convenzione di Lussemburgo sul brevetto comunitario; ma la norma, art. 30, che la convenzione dedica al punto non è stata ripresa dai fautori della riforma del 1979, e non è facile proporre una applicazione analogica della regola convenzionale al brevetto nazionale. In conclusione, pochi dubbi possono nutrirsi circa la ragionevolezza dell'idea che ritiene lecita la fattispecie di contrattazione indiretta, ma non è facile indicare la norma che consenta di pervenire a tale risultato. Forse l'illiceità della contraffazione indiretta potrebbe fondarsi sugli articoli 81 e 85 della l.inv. che assoggetta alle sanzioni i mezzi specifici usati per la contraffazione; forse potrebbe invocarsi un principio generale che dice illeciti già gli atti preparatori dell'illecito; forse potrebbe applicarsi l'art. 2598 c.c. considerando la contraffazione indiretta un atto contrario ai principi della correttezza professionale.

Avv. Giampaolo Morini

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