Nota di commento a Cassazione, sezioni unite, ordinanza n. 24591/2016

di Gilda Summaria - Gli Ermellini con l'ordinanza in commento enunciano il principio di diritto che segue: "Le azioni concernenti la nomina o la revoca di amministratori e sindaci delle società a totale o parziale partecipazione pubblica sono sottoposte alla giurisdizione del giudice ordinario, anche nel caso in cui le società stesse siano costituite secondo il modello del c.d. in house providing".

Le società a partecipazione pubblica costituiscono un insieme, nell'alveo societario, nel quale sono ricomprese, anche in termini di specialità, sia le società controllate da enti pubblici che le società in house.

La riconduzione della materia in questione alla disciplina civilistica è consacrata, dopo l'entrata in vigore del D.Lgs n. 175/2016, c.d. T.U. Partecipate (ovviamente, inapplicabile ratione temporis alla fattispecie de qua), dall' art. 1 dello stesso decreto, in particolare, dal suo terzo comma, il quale stabilisce che: " Per tutto quanto non derogato dalle disposizioni del presente decreto, si applicano alle società a partecipazione pubblica le norme sulle società contenute nel codice civile e le norme generali del diritto privato.", pertanto tale principio generale è applicabile anche al modello di matrice europeista dell'"in house providing" o semplicemente "in house", qualora disposizioni specifiche non vi deroghino espressamente.

Un esempio di tali disposizioni specifiche è quella contenuta nell'art. 12 del T.U. in tema di azioni di responsabilità degli organi sociali, che introduce " expressis verbis " la giurisdizione della Corte dei Conti per danno provocato da amministratori e dipendenti della "in house" , eguali norme specifiche non sono rinvenibili nel testo e/o in altre fonti per le controversie in tema di nomina o revoca degli organi sociali designati dal socio pubblico, materia che pertanto rimane assoggettata ai principi ed alle norme di stampo privatistico.

Sostanzialmente gli ermellini sostengono che a prescindere dall'accertamento della concreta ricorrenza di tutti i requisiti che devono sussistere per connotare una società pubblica come "in house" basta sinteticamente osservare che:

1) nella vicenda di cui è causa si discute di diritti soggettivi perfetti che trovano fonte in norme civilistiche;

2) la controversia non appare rientrare né nella giurisdizione generale di legittimità del GA né tantomeno in quella esclusiva;

3) l'atto posto alla base del ricorso è la deliberazione assembleare che ha provveduto alla revoca del collegio sindacale, l'atto amministrativo a monte è stato solo un atto presupposto, pertanto l'azione è relativa al rapporto piuttosto che all'atto.

In ultimo, ma non per graduazione, l'art. 2449 cod. civ. - nella sua attuale formulazione che ha risentito del recepimento di indirizzi giurisprudenziali della CGE , individua nell'atto negoziale per eccellenza delle società, cioè lo statuto (art. 2328 c.c., c.III), la fonte esclusiva dell'attribuzione allo Stato o all'ente pubblico della facoltà di nomina di amministratori in numero proporzionale alla propria partecipazione, esprimendo nel contempo l' irrilevanza personale del socio di capitali, e la parità di status di tutti gli amministratori, indipendentemente dalla fonte di nomina.

Confortata da tali premesse, la Corte desume il carattere autonomo della società partecipata , la quale non si confonde con l'ente pubblico che la partecipa , che gode di organi e funzionamento autonomi, mentre la ratio dell 'esclusività del potere di revoca in capo all' ente pubblico, risiederebbe nell' impedire che tale nomina venga posta nel nulla.

Riassumendo, secondo le S.U. quando l'ente pubblico nomina e revoca organi di vertice in società partecipate, lo fa secondo statuto e "uti socius e non jure imperii".

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