Nelle obbligazioni di mezzi è sufficiente che il professionista provi l'esatto adempimento della sua prestazione

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 10681 del 22 maggio 2015 (qui sotto allegata) fornisce alcuni chiarimenti sulle differenze tra le obbligazioni di mezzi e le obbligazioni di risultato specie per quanto riguarda gli oneri probatori.

Esaminando il caso in cui per una consulenza aziendale era stato previsto per il professionista un compenso fisso e un'ulteriore quota per l'acquisizione di nuovi clienti, la corte ha chiarito che il compenso fisso non può essere negato se il risultato non è stato raggiunto dato che, trattandosi di obbligazione "di mezzi", il risultato dipende anche da fattori che non sono controllabili dal professionista.

Sul piano probatorio, dunque, il professionista deve solo dimostrare l'esatto adempimento della prestazione e quindi si aver osservato le regole dell'arte e di essersi conformato i protocolli dell'attività, ma non è tenuto a provare che il risultato non c'è stato per cause a lui non imputabili come accade invece nelle obbligazioni di risultato.

In sostanza nelle obbligazioni di mezzi è sufficiente la diligente esecuzione della prestazione mentre nelle obbligazioni di risultato non basta la diligenza nell'eseguire la prestazione essendo necessario anche la produzione del risultato voluto dalle parti.

La cliente del professionista, ricorrendo in Cassazione contro una decisione della Corte d'Appello, aveva sostenuto che la volontà delle parti sarebbe stata quella di usufruire del servizio di consulenza per ampliare la clientela e che il professionista aveva assicurato un aumento del fatturato.

Secondo la ricorrente si sarebbe dunque dovuto tenere conto delle finalità (desumibile dal contratto) di aumento del fatturato e considerare quindi l'obbligazione come un obbligo di risultato.

In realtà, spiega la Corte, i giudici dell'appello hanno correttamente interpretato il contratto facendo rilevare come l'aumento del fatturato fosse stato preso in considerazione dalle parti non tanto per escludere il compenso fisso "ma per riconnettere all'aumento o al mancato aumento del fatturato diverse conseguenze per il caso del suo verificarsi (con il riconoscimento di una percentuale del 2,50%) e per il caso del suo non verificarsi (con la penale consistente nella restituzione della percentuale dello 0,30% sul fatturato del 2002 prevista dall'art. 4 e la facoltà di recesso senza preavviso prevista dall'art. 2.)"

Per questo, conclude la Corte, "l'esplicita previsione delle conseguenze per il caso di mancato raggiungimento degli obiettivi" esclude "l'ulteriore conseguenza, infondatamente invocata" dalla ricorrente "della perdita del diritto al compenso fisso per l'attività di consulenza".


Per altri dettagli si rimanda al testo integrale della sentenza qui sotto allegata.

Cassazione Civile, testo sentenza 10681/2015

Altri articoli che potrebbero interessarti:
In evidenza oggi: