Avv. Michele Esmanech - studiolegale@sl.esmanech.it

La Corte di Cassazione si è di recente pronunciata su una controversia, che ha visto due grosse e note imprese italiane confrontarsi su una questione di diritto Industriale, secondo cui un segno descrittivo, applicato all'interno di un marchio utilizzato da uno, non potesse essere utilizzato anche dall'altro (Cass.5099 del 5 marzo 2014).

La questione assume particolare rilevanza, non tanto e non soltanto per la notorietà dei due soggetti coinvolti, ma anche per la importanza del principio di diritto applicato che, seppur non del tutto innovativo, conferma l'orientamento giurisprudenziale esposto dalla Corte di Giustizia Europea, in altra causa che aveva coinvolto altre due realtà industriali di non poco conto, nel luglio 2005.

Sul punto appare opportuno svolgere alcune premesse, al fine di meglio comprendere la portata della sentenza in esame e, nello specifico, vediamo quelli che sono i requisiti per poter, validamente registrare un marchio: la novità (pur con alcuni limiti, quale il preuso), la capacità distintiva e la liceità.

La novità, come ovvio, è intesa nel senso che il marchio deve apparire diverso da marchi già esistenti, al fine di evitare rischio di confusione nel pubblico; il marchio deve poter svolgere la funzione essenziale di distinguere i prodotti di un imprenditore, da altri prodotti, presenti nel mercato; infine, il marchio deve essere lecito, ovverosia, il marchio non deve essere contrario all'ordine pubblico o al buon costume.

In mancanza di anche uno dei suddetti requisiti, il marchio deve intendersi nullo.

La questione sottoposta al giudizio della Suprema Corte è particolarmente complessa, tuttavia, tenuto conto che la causa aveva ad oggetto la nullità di un marchio, per carenza del requisito della capacità distintiva, di un elemento, che compone il marchio stesso. La tesi esposta da una delle due parti sarebbe quella di far dichiarare la nullità del marchio (per non poter svolgere la funzione distintiva, a seguito dell'uso - il c.d. secondary meaning) di uno solo di questi elementi. Tale tesi, però, non ha trovato il consenso della Cassazione, che e ha deciso che il marchio composto da vari segni ed elementi deve essere inteso nel suo complesso, ai fini della attribuzione della capacità distintiva conseguita per effetto dell'uso. Ne consegue che il segno (sia esso una parola o un simbolo), che faccia parte di un marchio composto da più elementi, non può essere considerato nullo per avere perso capacità distintiva a seguito d'uso.

In definitiva, quindi, la Corte ha stabilito che entrambe le imprese possono utilizzare il medesimo segno, all'interno dei loro marchi complessi, senza che ciò comporti uno sviamento di clientela, o una mancanza di capacità distintiva dei propri prodotti.

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