In materia di risarcimento dei danni per la morte di un prossimo congiunto la Corte di Cassazione ha chiarito che ogni qualvolta si verifichi un decesso come conseguenza di un illecito addebitabile a un terzo, i congiunti hanno diritto al risarcimento dei danni patrimoniali anche se il defunto ha intrapreso da poco la sua attività professionale. Secondo la Cassazione infatti ai prossimi congiunti va riconosciuto comunque il risarcimento del danno patrimoniale futuro. Tale rilasciamento viene riconosciuto sulla base di una valutazione equitativa che deve tenere conto dell'importanza del legame di solidarietà familiare e delle prospettive di reddito professionale. Nella stessa sentenza
la Corte di Cassazione fa presente che è legittimo riconoscere anche un risarcimento di danni non patrimoniali "iure hereditatis" perché "in caso di morte della vittima a seguito di sinistro stradale, la brevità del periodo di sopravvivenza alle lesioni, se esclude l'apprezzabilità a fini risarcitori del deterioramento della qualità della vita in ragione del pregiudizio alla salute, ostando alla configurabilità di un danno biologico risarcibile, non esclude viceversa che la medesima abbia potuto percepire le conseguenze catastrofiche delle lesioni subite e patire sofferenza, il diritto al cui risarcimento, sotto il profilo del danno morale, risulta, pertanto, già entrato a far parte del suo patrimonio al momento della morte e può conseguentemente essere fatto valere "iure hereditatis"". Il caso esaminato dai giudici della corte (terza sezione civile sentenza n. 3966/2012 riguarda il caso del decesso di un pedone che era stato investito mentre attraversava la strada. I prossimi congiunti avevano chiesto il risarcimento dei danni a norma dell'articolo 2043 Cc, includendo anche la richiesta del danno patrimoniale anche se il defunto aveva appena intrapreso la sua attività professionale remunerata.
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