La Corte di Cassazione, con sentenza n. 8063 dell' 8 aprile 2011, si è pronunciata sulla retribuibilità o meno del tempo necessario ad indossare gli indumenti di lavoro, accogliendo il ricorso di un'azienda contro quattordici dipendenti che avevano ottenuto, dal giudice di prime cure, la retribuzione, spettante a titolo di compenso per lavoro straordinario, per i cd "tempi di percorrenza" e per i cd "tempi di vestizione". Il giudice di primo grado aveva ritenuto nulle le clausole contrattuali collettive nella parte in cui non consideravano "come orario da retribuire, i periodi di tempo minimi, ivi compresi quelli per la vestizione, necessari per arrivare dal varco di accesso dello stabilimento alle effettive posizioni di lavoro e viceversa, ivi compreso il tempo per effettuare la doccia di fine giornata". La Suprema Corte, richiamando la giurisprudenza formatasi sul tema, ha ribadito che per valutare se il tempo occorrente per indossare la divisa aziendale debba essere retribuito o meno, occorre fare riferimento alla disciplina contrattuale specifica.
In particolare "ove sia data facoltà al lavoratore di scegliere il tempo e il luogo ove indossare la divisa stessa (anche presso la propria abitazione, prima di recarsi al lavoro) la relativa attività fa parte degli atti di diligenza preparatoria allo svolgimento dell'attività lavorativa, e come tale non deve essere retribuita, mentre se tale operazione è diretta dal datore di lavoro, che ne disciplina il tempo ed il luogo di esecuzione, rientra nel lavoro effettivo e di conseguenza il tempo ad essa necessario deve essere retribuito".

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