Affido super esclusivo: servono prove concrete dell'interesse del minore
Quando è ammesso l'affido super esclusivo
L'affido cosiddetto "super esclusivo", che esclude uno dei genitori da ogni decisione rilevante sulla vita del figlio, rappresenta una misura eccezionale rispetto alla regola dell'affido condiviso. Proprio per questo non può essere disposto sulla base di valutazioni generiche o di semplici conflitti genitoriali, ma richiede una dimostrazione puntuale dell'interesse preminente del minore.
La decisione della Cassazione
Con la sentenza n. 32058/2025, la Corte di cassazione civile ha parzialmente accolto il ricorso di una madre, censurando la decisione di merito che aveva disposto l'affido super esclusivo del figlio al padre. Secondo la Suprema Corte, la motivazione adottata non giustificava una compressione così incisiva della responsabilità genitoriale materna.
Le criticità nella valutazione del genitore escluso
La decisione annullata si fondava quasi esclusivamente sulle osservazioni dell'assistente sociale, che descrivevano la madre come oppositiva rispetto a determinati percorsi educativi e terapeutici. Tuttavia, tali elementi, secondo la Cassazione, non erano sufficienti a dimostrare che il comportamento della donna fosse concretamente pregiudizievole per il figlio, né che fosse incompatibile con il suo interesse a mantenere un rapporto stabile con la madre.
L'interesse del minore al centro della decisione
La Corte sottolinea che una misura tanto radicale deve poggiare su una doppia verifica: da un lato, l'accertamento dell'effettiva dannosità della condotta del genitore escluso; dall'altro, la dimostrazione positiva che l'altro genitore sia effettivamente in grado di garantire, in via esclusiva, il miglior equilibrio educativo e affettivo per il minore. In assenza di tale valutazione complessiva, l'affido super esclusivo non può ritenersi legittimo.
L'ascolto del minore nei procedimenti familiari
La Cassazione ha invece respinto la doglianza relativa al mancato ascolto del minore. Nei procedimenti di separazione e divorzio, l'audizione è obbligatoria solo per i minori che abbiano compiuto i dodici anni, età alla quale l'ordinamento riconosce la capacità di discernimento. Nel caso esaminato, il bambino era infradodicenne e non risultava avanzata alcuna richiesta specifica di audizione.
La motivazione in caso di mancata audizione
La Suprema Corte precisa tuttavia che, quando il minore si avvicina all'età del discernimento, il giudice è tenuto a motivare in modo particolarmente accurato l'eventuale diniego dell'ascolto, spiegando se esso sia inutile o potenzialmente dannoso. Anche sotto questo profilo, la centralità dell'interesse del minore resta il criterio guida di ogni decisione in materia di affidamento.
Autore: Redazione