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Ricorso confuso? Rischi la condanna per lite temeraria

Cassazione: ricorso oscuro e incoerente può costare caro. Scatta la sanzione per lite temeraria se mancano chiarezza e sintesi



Con l'ordinanza n. 12111/2025, la Corte di Cassazione ha tracciato una linea netta: chi presenta un ricorso per cassazione oscuro, incoerente e privo dei requisiti di forma e contenuto previsti dalla legge, non solo rischia l'inammissibilità dell'atto, ma può essere condannato a pagare una somma per lite temeraria, ai sensi dell'art. 96, comma 3, c.p.c.

Il provvedimento sottolinea l'importanza della riforma Cartabia (d.lgs. 149/2022), che ha inserito nell'ordinamento processuale civile i criteri della chiarezza e sinteticità degli atti come requisiti fondamentali per garantire il giusto processo.

Il caso: ricorso privo di fatti, motivi e coerenza

Nel caso oggetto della pronuncia, il ricorso presentato risultava non solo oscuro nella forma e incoerente nei contenuti, ma addirittura privo di:

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso ai sensi dell'art. 366 c.p.c. e, con condanna d'ufficio, ha imposto al ricorrente il pagamento di una somma pari a 8.800 euro sia a titolo di spese che di sanzione equitativa per lite temeraria.

Lite temeraria anche per atti processuali indecifrabili

L'ordinanza segna un passaggio importante: l'inadeguatezza formale del ricorso – se tale da impedire al giudice di comprendere le doglianze – viene equiparata, per gravità, alle ipotesi più tradizionali di abuso del processo (ad esempio azioni pretestuose o consapevolmente infondate).

La Corte ha ritenuto che l'"incolmabile iato" tra i requisiti previsti dall'art. 366 c.p.c. e il contenuto effettivo del ricorso configuri almeno una colpa grave, sufficiente per attivare la condanna prevista dall'art. 96, comma 3, c.p.c.

Riforma Cartabia e redazione degli atti

La decisione si colloca nel contesto delle modifiche introdotte dal d.lgs. 149/2022, che ha riformato le modalità di redazione degli atti processuali con l'obiettivo di garantire efficienza e chiarezza nella dialettica giudiziaria.

La logica della riforma, evidenziata dalla Cassazione, è quella di estendere i principi di chiarezza e sintesi non solo agli atti delle parti, ma anche ai provvedimenti del giudice.

Gli articoli 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c. stabiliscono che anche le sentenze devono essere motivate in modo conciso e facilmente intellegibile. Questo rafforza il principio del giusto processo e contribuisce a un uso più razionale delle risorse giudiziarie.

Scrivere male, quindi, può costare caro.

Data: 10/06/2025 06:00:00
Autore: Redazione