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Great Resignation: cos'è e cosa sta avvenendo in Italia

È esploso con la pandemia il fenomeno delle "grandi dimissioni", termine coniato da Anthony Klotz, professore di Management all'Università del Texas


Great Resignation, di cosa si tratta

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La Great Resignation, ovvero il fenomeno delle "grandi dimissioni", è un termine coniato da Anthony Klotz, professore di Management all'Università del Texas.

Fu il primo, nel maggio del 2021, a parlare di "great resignation", ossia le "grandi dimissioni". L'esodo dei giovani dal posto di lavoro è un fenomeno che ha generato negli ultimi mesi un boom di dimissioni volontarie e che ha colto impreparate il 75% delle aziende. Le dimissioni volontarie fra i giovani in Italia toccano il 60% delle aziende: Millennials e Gen Z, sostenitori della filosofia YOLO (you only live once, si vive una volta sola), sono sempre più attenti al well-being, alla sostenibilità e all'equilibrio tra il tempo dedicato al lavoro e alla vita privata.

Great Resignation tra i camici bianchi

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Oltre ai giovani, dopo due anni di pandemia, sono soprattutto i medici ad essere vittime di questo fenomeno, contrassegnato dalla voglia di appendere il camice al muro, anticipando appena possibile la pensione. In questo contesto un ruolo centrale lo ha avuto l'emergenza sanitaria che ha accelerato un fenomeno che già covava da tempo, portato poi ai massimi livelli da carenze di organico, burn-out per mancati riposi e aggressioni nei reparti.

Great Resignation, le cause

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Indubbiamente la pandemia ha rimodulato le pratiche lavorative, rivoluzionando contesto e soluzioni. In questo ambito sono cambiate le priorità dei lavoratori. Tanti di loro hanno deciso di cambiare vita, hanno messo in fila le priorità e hanno scelto i figli, la famiglia, il riposo. I numeri di una recente ricerca condotta online su 1000 persone da Human Highway per Assosalute ha dimostrato che otto persone su dieci in Italia dichiarano di avere sofferto di almeno un disturbo riconducibile proprio allo stress nell'ultimo anno. I sintomi più frequenti sono mal di testa (48.0%) e ansia, nervosismo e irritabilità (42.8%). Da qui la necessità di avere maggiore flessibilità del luogo di lavoro, il desiderio di lavorare senza orari incerti e con una retribuzione più equa.

Il ruolo dei datori di lavoro

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Tra le soluzioni per evitare il precipitare della situazione sicuramente ci sono percorsi di digitalizzazione e flessibilità da intraprendere, nonchè prestare sempre più attenzione alle risorse. Avranno difficoltà le aziende che tarderanno ad adattarsi completamente al lavoro ibrido e quindi anche all'opportunità dello smart working perderanno competitività sul mercato e saranno, probabilmente, protagoniste di ampi fenomeni di turnover.

Data: 26/04/2022 09:00:00
Autore: Gabriella Lax