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Il medico deve informare del rischio di malformazioni fetali

Per la Cassazione, l'interruzione volontaria della gravidanza oltre i 90 giorni è possibile anche in caso di malformazioni non ancora accertate


I rischi di malformazioni fetali vanno comunicati

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Il medico, di fronte alla sussistenza di una patologia della gestante tale da poter causare delle malformazioni fetali, è tenuto a informare correttamente e compiutamente la sua paziente. Se non vi provvede, come chiarito dalla Corte di cassazione nella sentenza n. 653/2020 qui sotto allegata, può essere chiamato a risarcire i danni derivanti dalla mancata interruzione della gravidanza.

La prova della volontà abortiva

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Per poter essere risarcita, la donna deve provare in giudizio che, se avesse conosciuto i rischi di malformazioni fetali, avrebbe fatto ricorso all'interruzione della gravidanza a fronte di un pregiudizio grave per la sua salute psichica o fisica.

L'interruzione della gravidanza dopo 90 giorni

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Ricordiamo, infatti, che l'articolo 6 della legge 194/1978 stabilisce che la donna può ricorrere all'interruzione volontaria della gravidanza dopo i primi novanta giorni solo se:

Non serve che la malformazione si sia già prodotta

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In proposito, la Corte di cassazione, con la sentenza in commento, ha avuto modo di precisare anche che l'accertamento di processi patologici che sono in grado di provocare delle rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro con un apprezzabile grado di probabilità è sufficiente a giustificare l'interruzione volontaria di gravidanza ai sensi dell'articolo 6, lettera b), della legge n. 194/1978.

A tal fine, occorre che per la gestante sussista un grave pericolo per la salute fisica o psichica, da accertarsi concretamente e caso per caso, mentre non è necessario che l'anomalia o la malformazione si sia già prodotta o che risulti strumentalmente o clinicamente accertata.

Data: 23/01/2021 12:00:00
Autore: Valeria Zeppilli