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Gestione di affari altrui

Secondo l'art. 2028 del codice civile, chi inizia utilmente la gestione di un affare altrui è tenuto a continuarla e portarla a termine


Cos'è la gestione di affari altrui

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All'interno del nostro ordinamento, la gestione di affari altrui si pone come una delle fonti di obbligazioni previste direttamente dalla legge (cfr. art. 1173 c.c.).

Infatti, la semplice assunzione spontanea (cioè realizzata in assenza di un contratto vincolante) della gestione di un affare nell'interesse altrui è idonea a far sorgere in capo al gestore l'obbligo di continuare ed eventualmente portare a termine l'affare, fino a quando l'interessato (o, se deceduto, un suo erede) non sia in grado di provvedervi (art. 2028 c.c.).

Parimenti, in capo all'interessato sorgono degli obblighi altrettanto specifici, che analizzeremo tra breve.

Gli elementi della fattispecie

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Gli elementi che compongono la fattispecie della gestione di affari altrui come autonoma fonte di obbligazione sono dunque i seguenti:

L'incapacità del gestore

Quanto alla consapevolezza da parte del gestore, essa inerisce sia all'altruità dell'affare che alla sua originaria non obbligatorietà.

Il gerente, a norma dell'art. 2029 c.c., deve necessariamente possedere la capacità di contrattare (in particolare, la capacità d'agire).

In caso contrario, l'interessato non sarà obbligato ad adempiere le obbligazioni, salva la buona fede del terzo.

L'impossibilità di provvedere

L'impossibilità dell'interessato a provvedere da sé alla gestione dell'affare è invece da intendersi in senso ampio e non strettamente giuridico. Ciò significa che la disciplina codicistica sulla gestione di affari altrui trova applicazione, ad esempio, in caso di:

A questo proposito, la Corte di Cassazione ha chiarito che "nella gestione utile di affare altrui, prevista nell'art. 2028 c.c., la "absentia domini" deve intendersi non come impossibilità oggettiva e soggettiva di curare i propri interessi, ma come semplice mancanza di un rapporto giuridico in forza del quale il gestore sia tenuto ad intervenire nella sfera giuridica altrui, ovvero quale forma di spontaneo intervento senza opposizione o divieto del dominus"(v. Cass. n. 12304/11).

Divieto dell'interessato

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La gestione non deve essere autorizzata dall'interessato, altrimenti l'obbligo del gestore di condurla a termine troverebbe la sua fonte in un accordo di tipo contrattuale, riconducibile in genere nell'ambito del mandato.

È necessario, inoltre, che non vi sia stato divieto da parte dell'interessato: in tal caso, quest'ultimo non sarebbe obbligato all'adempimento delle obbligazioni di cui all'art. 2031 c.c.

A questo riguardo, la Suprema Corte ha rilevato che il tacito assenso è sufficiente per configurare gestione di affari altrui ai sensi degli artt. 2028 ss. c.c.: "L'elemento caratterizzante della gestione d'affari consiste nella spontaneità dell'intervento del gestore nella sfera giuridica altrui, in assenza di qualsiasi vincolo negoziale o legale. Tale requisito si rinviene non solo quando l'interessato sia nella materiale impossibilità di provvedere alla cura dei propri affari ma anche quando lo stesso non rifiuti, espressamente o tacitamente, tale ingerenza da parte del negotiorum gestor" (cfr., tra le altre, Cass. n. 9269/08).

Gli obblighi dell'interessato

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A fronte dell'obbligo del gestore di continuare e portare a termine l'affare, la disciplina codicistica prevede (art. 2031 c.c.) in capo all'interessato degli obblighi altrettanto precisi.

Infatti egli deve:

Tutto ciò, si badi non necessariamente a seguito del conseguimento di un vantaggio finale da parte dell'interessato, ma solo in presenza di una gestione utilmente iniziata.

Se, infine, risulta che il gestore fosse convinto di provvedere ad un affare proprio, l'interessato può ratificare il suo operato: in tal caso, la gestione produrrà gli effetti propri di un mandato.

Data: 23/09/2022 07:00:00
Autore: Marco Sicolo