Immigrazione: profili giuridici ed economici delle cd. 'macellerie islamiche'
L'apertura di macellerie islamiche in contesto immigrato
"vi sono interdetti gli animali morti di morte naturale, il sangue e la carne del maiale, gli animali su cui sia stato invocato all'atto dell'uccisione un nome diverso da quello di Dio, gli animali soffocati, ammazzati a colpi di bastone, morti per caduta o per colpi di corna, quelli che bestie feroci abbiano divorato in parte" (Corano V, 4). Per ovvie ragioni di sintesi dovute ai molti interventi previsti in questo convegno, mi sforzerò di definire, seppur brevemente, quali sono le principali peculiarità dell'apertura in contesto immigrato di macellerie islamiche; pertanto è indispensabile partire da alcuni rilievi storico religiosi.Le prescrizioni alimentari furono rivelate al Profeta Muhammad a Medina, dopo la sua partenza dalla Mecca, nel 622 e a parte qualche eccezione, ripropongono gli usi e i costumi antichi degli arabi.La normativa alimentare rappresenta per i musulmani un modello di comportamento universalmente accettato ed un importante fattore di identificazione con la comunità. Nel pensiero islamico il cibo è una grazia divina ; il Corano ne salta i valori benefici e invita l'uomo a mangiare le cose buone e di conseguenza lecite (halal) che Dio ha creato per lui e ad astenersi da quelle interdette (haram), in quanto impure. In generale tutti i cibi sono permessi, tranne la carne di maiale, il sangue versato e gli animali non macellati secondo il metodo rituale: «Io non trovo in quel che mi è stato rivelato nessuna cosa proibita a un gustante che voglia gustarla, eccetto bestia morte, sangue versato o carne di porco, chè questo è sozzura, o animali macellati su cui sia stato invocato altro nome che quello di Dio» .Nel Corano si enfatizza il fatto che Dio non intende imporre ai suoi fedeli oneri che essi non possano sopportare, contrariamente a quanto è, invece, stabilito per gli ebrei, per i quali le proibizioni alimentari sono sentite come una punizione divina per i peccati commessi. Lo stesso digiuno che i musulmani devono praticare nel mese lunare del Ramadan e che costituisce il quarto pilastro dell'Islam, non rappresenta una penitenza, ma una purificazione votata al risveglio della spiritualità.L'Islam non è un sistema religioso improntato all'abnegazione o al sacrificio per l'espiazione dei peccati, per cui anche dal punto di vista dell'alimentazione non è molto appropriato parlare di "divieti", quanto piuttosto di prescrizioni aventi una certa razionalità, per quanto "divina". Partendo dal tabù del maiale e da tutti i suoi derivati (non bisogna infatti dimenticare lo strutto, ingrediente base di molti cibi occidentali ed italiani), questo ha una motivazione di tipo igienico: l'animale in questione, infatti, ha abitudini immonde, quali la coprofagia o il cibarsi di rifiuti in genere. Le sue carni potrebbero di conseguenza divenire veicolo di malattie per l'uomo. Vi sono anche altre spiegazioni relativamente a questa prescrizione coranica, quali la natura demoniaca dell'animale o,al contrario, il valore sacro che il maiale aveva presso alcuni antichi popoli dell'Asia Minore o dell'Africa , ma la prima è sicuramente la più accreditata, anche perché consente di non escludere tutta una serie di considerazioni di carattere antropologico. E' stato, infatti, messo in rilievo come, fin dalla preistoria, l'allevamento del maiale sia legato alla sedentarizzazione, in quanto non producendo lana né latte, mal si adattava alle esigenze delle popolazioni nomadi delle regioni aride e semi-aride dell'Asia. Nel clima torrido di queste regioni, tra l'altro, il maiale difficilmente sarebbe potuto sopravvivere alla mancanza d'acqua a causa della disidratazione troppo rapida della pelle, per cui sorgono dubbi persino sul fatto che il maiale potesse far parte degli animali allevati dagli arabi delle comunità pre-islamiche. A questo proposito è interessante la posizione del direttore del Centro di cultura islamica di Bologna . Secondo la sua opinione di musulmano, il divieto coranico relativo alla carne di maiale ha una sua ragion d'essere soprattutto ai giorni nostri. Infatti perché proibire le carni di un animale che all'epoca del profeta Muhammad non si era soliti, tra gli arabi, allevare e mangiare? Dio avrebbe insomma ispirato nel profeta una simile prescrizione in previsione della diffusione dell'Islam e del suo incontro con altre civiltà caratterizzate da usanze diverse: una sorta di regola data ai musulmani per gestire la convivenza in situazioni e contesti differenti da quelli originari. Inoltre, il direttore ha tenuto a precisare che il musulmano non deve interrogarsi troppo sul perché, ma deve limitarsi a fare come prescritto, nella consapevolezza che Dio ha previsto tutto per il bene dei suoi fedeli: il fatto che la carne di maiale possa recare nocumento all'organismo dell'uomo lo confermerebbe. Per rendere meglio comprensibile la sua posizione, il direttore ha anche riportato un aneddoto: durante un periodo di degenza in ospedale, essendo musulmano, aveva espressamente richiesto l'esclusione del maiale dai suoi pasti, ma accanto a lui c'era anche un altro paziente al quale il maiale era stato proibito, ma non da Dio (non si trattava di un musulmano), né per motivi religiosi, bensì dal medico e per motivi di salute!Per quanto riguarda gli altri animali, questi, sulla scorta delle prescrizioni coraniche e della tradizione profetica, sono stati divisi dalle scuole giuridiche islamiche in tre categorie: animali leciti (halal), proibiti (haram) e riprovevoli (makruh). Si tratta, tuttavia, di una classificazione che risente delle divergenze esistenti tra queste scuole tradizionali dell'Islam , divergenze che, è opportuno precisarlo, nascono non in relazione ai principi fondamentali del diritto islamico, ma dall'applicazione di questi ultimi a situazioni concrete, a esigenze della vita quotidiana, come nel caso dell'alimentazione.In linea generale, sono leciti, in base al passo coranico «vi sono permesse le cose buone» (Cor. V, 4), gli animali le cui carni sono gradevoli al gusto (pollame, ovini, bovini, ecc.), mentre sono vietati gli animali la cui carne risulta disgustosa.In base ad una tradizione del Profeta che divide i quadrupedi in prede e predatori, sono leciti i primi e lo stesso criterio viene applicato agli uccelli a ai pesci. Questi ultimi sono leciti e possono essere mangiati anche se trovati morti sull'acqua, in base al passo coranico «V'è lecita la pesca e il cibo che il mare contiene» (Cor. V, 96). Sono, tuttavia, considerati proibiti o riprorevoli i crostacei e i mitili.Tra gli animali domestici sono generalmente considerati leciti gli equini e proibiti gli asini. Tutti gli animali leciti devono essere alimentati con mangimi puri: qualora si cibino occasionalmente di sterco, prima di consumarne la carne o i prodotti, devono essere sottoposti ad un periodo di quarantena.Un altro peculiare divieto è quello relativo alla degustazione del «sangue versato» (Cor. VI, 145). La prescrizione ha un valore simbolico: il sangue, identificato con la vita stessa dell'animale, non deve essere mangiato per mettere in evidenza l'assoluto dominio di Dio su ogni essere vivente. Un'eccezione è fatta per il fegato e la milza, ritenuti coaguli di sangue, in quanto considerati leciti dal Profeta stesso.I cibi che per se stessi sarebbero puri, possono essere contaminati dal contatto con un animale o una sostanza impura. L'impurità del sangue mestruale (Cor. II, 222) porta alla conclusione che non solo è impura la carne della femmina di animale mestruata, ma che anche la donna mestruata può contaminare le vivande che prepara.Per quanto riguarda le bevande, sono proibite tutte quelle che hanno potere inebriante, in primo luogo il vino. Ciò non era inizialmente nelle intenzioni del profeta , ma le intemperanze commesse da alcuni suoi seguaci lo indussero a cambiare idea:«O voi che credete! In verità il vino, il maysir, le pietre idolatriche, le frecce divinatorie sono sozzure, opere di Satana?» .Una interdizione così netta ha spinto la giurisprudenza ad elaborare una serie di norme collaterali che proibiscono per analogia l'uso di droghe e sostanze stupefacenti, nonché la compravendita di alcolici.Il divieto di consumare alcolici è valido anche nei casi di necessità, a differenza di quanto il Corano stabilisce per tutti gli altri cibi haram:«Quanto poi chi vi è costretto per fame e senza volontaria inclinazione al peccato, ebbene Dio è misericordioso e pietoso» .A suggello di questa elencazione di divieti è opportuno proporre le parole tranquillizzanti di Tariq Ramadan, autorevole islamologo molto noto in Europa, per chiarire che l'Islam è comunque un sistema che non opprime lo spirito creativo del credente, del quale non mira assolutamente a mortificare l'esistenza, soprattutto nel confronto e nella convivenza con gli "altri": «Certo c'è la preoccupazione di rispettare quello che è effettivamente proibito e quello che non lo è. Ma l'ossessione della purezza fino a torturarsi lo spirito non traduce l'orientamento degli insegnamenti dell'Islam. Bisogna restare esigenti, ma sempre in equilibrio tra l'intenzione sincera di fare il proprio meglio e la necessità di non appesantire inutilmente la vita quotidiana con regole insormontabili» .Il rituale della macellazione della carne halal (consentita), è un metodo coranico che impone una specifica tecnica di produzione di alimenti provenienti da bovini.Il problema rispetto a questa tradizione viene a galla nell' ambito dell' immigrazione posto che, giunti ormai alla terza generazione, gli stranieri di fede islamica sono pienamente entrati nel circuito della piccola impresa cittadina attraverso l' apertura e la gestione di esercizi commerciali ormai numerosi e perlopiù fondati sulla vendita di prodotti tipici, in questo caso etnici.Rispetto al fenomeno dell' imprenditoria musulmana, sarebbe sociologicamente interessante stabilire le reali motivazioni di spinta all' apertura di tali esercizi; una via potrebbe essere quella del mancato inserimento dell' immigrato che per reazione e per un eccessivo attaccamento alle proprie radici apre un esercizio capace di coinvolgere e di attirare altri stranieri della stessa fede; l' altra via possibile vedrebbe l' immigrato inserito anche nel contesto economico imprenditoriale fino al punto di accettare il rischio di mettere sul mercato prodotti che, oltre a rendere noti usi e costumi propri dell' Islam, potrebbero avere successi commerciali; si pensi al cus ? cus o al quebab. Le macellerie islamiche si fondano totalmente sulla tecnica di macellazione il cui principio è estrapolabile dal Corano stesso:"vi sono interdetti gli animali morti di morte naturale, il sangue e la carne del maiale, gli animali su cui sia stato invocato all'atto dell'uccisione un nome diverso da quello di Dio, gli animali soffocati, ammazzati a colpi di bastone, morti per caduta o per colpi di corna, quelli che bestie feroci abbiano divorato in parte" (Corano V, 4). La macellazione rituale consiste nello sgozzare, in nome di Dio, un animale la cui carne è permessa" . Montoni, pecore, capre, caproni, galline, polli ed altri gallinacci devono essere necessariamente sgozzati e non uccisi con un pugnale; i bovini possono invece essere sgozzati o pugnalati. E' proibita la carne di tutti i carnivori e di tutti i rapaci, quella degli asini domestici e dei muli.Per la macellazione rituale la bestia deve essere sdraiata sul lato sinistro, con la testa rivolta verso la Mecca, con le gambe legate, ad eccezione di quella posteriore. La testa viene prima sollevata con la mano sinistra e poi recisa con utensile affilatissimo e con un unico taglio da sinistra a destra che non deve intaccare la spina dorsale e non deve essere ritirata.La morte avviene per recisione di trachea, esofago e vena giugulare, e per dissanguamento. Se la bestia non muore subito è considerata non più macellabile.Al macellaio viene richiesto di essere pubere o in età di ragione, ed essere in possesso delle sue facoltà mentali mentre, almeno teoricamente, non è un ostacolo se è donna, cristiano o ebreo; per ogni bestia uccisa, va sempre calcolata una quota di denaro per lui.Il macellaio deve recitare la formula "Bismillah Allahu Akbar" al momento del taglio che avviene con la mano destra, avendo cura di far cadere la testa dell'animale verso la Mecca: per questa sua funzione qualcuno addirittura lo considera "un imam un po' particolare". Il sangue dell'animale viene ovviamente buttato via e la bestia stessa viene messa "a sgocciare" per qualche tempo. Infine, per garantire che l'uccisione è realmente avvenuta secondo rituale, la carne viene timbrata in modo appropriato. In materia di macellazione e del più generale trattamento degli animali sottoposti all'uccisione a fini alimentari, la legislazione nazionale ha visto continui mutamenti in materia a partire da quella che per lungo tempo era rimasta la normativa di riferimento, il r. d 21 luglio 1927, n. 1586 in cui all' articolo 9 si stabiliva che la macellazione degli animali doveva essere adottata con procedimenti finalizzati alla rapidità della morte dell' animale come apparecchi esplodenti a proiettile captivo o con la enervazione, cioè la recisione del midollo allungato; immediatamente dopo tale operazione doveva seguire la recisione dei grossi vasi sanguigni del collo per l' ottenimento della dissanguazione; tutte le operazioni venivano eseguite da personale di sicura abilità autorizzato.Nel 1974, con direttiva numero 577, la Comunità europea interveniva in materia, stabilendo un criterio generale per tutti i paesi membri per evitare disparità tali da compromettere direttamente il funzionamento del mercato comune e per definire limitazioni a comportamenti crudeli nei confronti degli animali attraverso lo strumento dello stordimento obbligatorio prima di procedere alla macellazione ; la nota innovativa si rinveniva all' articolo 4 in cui si trovava la presenza di deroghe, sempre se ritenute opportune, per tipologie di macellazione rituale, basata su una certa prescrizione dettata dal culto, le quali avrebbero potuto evitare la suddetta fase dello stordimento.Il Parlamento si adeguava alla Direttiva, ricalcandone il contenuto delle disposizioni, con la Legge n. 439 del 1978, mentre dopo due anni il Governo recepiva le deroghe riguardanti i metodi rituali con il Decreto Ministeriale (innovativo e sorprendente visto il periodo non certo caratterizzato dal fortissimo ingresso musulmano nel territorio) 11 giugno 1980 dal titolo " autorizzazione alla macellazione degli animali secondo i riti religiosi ebraico ed islamico".In questo Decreto spiccano le seguenti condizione delle deroghe:"Articolo 1 :Si autorizza la macellazione senza preventivo stordimento eseguita secondo i riti ebraico ed islamico da parte delle rispettive comunità.Articolo 2 :La macellazione deve essere effettuata da personale qualificato che sia perfettamente a conoscenza ed addestrato nell'esecuzione dei rispettivi metodi rituali. L'operazione dovrà essere effettuata mediante un coltello affilatissimo in modo che possano essere recisi con un unico taglio contemporaneamente l'esofago, la trachea ed i grossi vasi sanguigni del collo.Articolo 3 :Nel corso della operazione debbono essere adottate tutte le precauzioni atte ad evitare il più possibile sofferenze ed ogni stato di eccitazione non necessario. A tal fine gli animali debbono essere introdotti nella sala di macellazione solo quando tutti i preparativi siano stati completati. Il contenimento, la preparazione e la iugulazione dei medesimi debbono essere eseguiti senza alcun indugio" . Il Decreto attribuiva grande rilievo alle prescrizioni islamiche ( ed ebraiche) in concordia con la Cee, provocando inevitabili, e in alcuni aspetti giustificati, obiezioni sopite nel tempo e riemerse con l' emanazione di una nuova direttiva Cee nel 1993 sul tema, recepita dall' Italia solo nel 1998 con il Decreto Legislativo n. 333 in cui vengono decisamente stabiliti i metodi leciti per la macellazione; questi che seguono sembrano le novità più importanti apportati dalla nuova normativa.Definizione dei termini ( articolo 2) :" immobilizzazione: qualsiasi sistema inteso a limitare i movimenti degli animali per facilitare uno stordimento o abbattimento efficaci;stordimento: qualsiasi procedimento che, praticato sugli animali, determina rapidamente uno stato di incoscienza che si protrae fino a quando non intervenga la morte;abbattimento: qualsiasi procedimento che produca la morte dell'animale;macellazione: l'uccisione dell'animale mediante dissanguamento;autorità competente: il Ministero della sanità, il servizio veterinario della regione o provincia autonoma, il veterinario ufficiale quale definito all'articolo 2, comma 1, lettera g) , del decreto legislativo 18 aprile 1994, n. 286, e successive modifiche; tuttavia per le macellazioni secondo determinati riti religiosi, l'autorità competente in materia di applicazione e controllo delle disposizioni particolari relative alla macellazione secondo i rispettivi riti religiosi è l'autorità religiosa per conto della quale sono effettuate le macellazioni; questa opera sotto la responsabilità del veterinario ufficiale per le altre disposizioni contenute nel presente decreto.I titolari degli stabilimenti di macellazione presso i quali si intende macellare secondo determinati riti religiosi comunicano all'autorità sanitaria veterinaria territorialmente competente, per il successivo inoltro al Ministero della sanità, di essere in possesso dei requisiti prescritti" . Rimane la deroga rispetto alla macellazione rituale esposta nell' articolo 2, poiché il decreto stabilisce che le disposizioni riguardanti l' obbligo di stordimento "non si applicano alle macellazioni che avvengono secondo i riti religiosi". Le operazioni di trasferimento, stabulazione, immobilizzazione, stordimento, macellazione o abbattimento di animali possono essere effettuate solo da persone in possesso della preparazione teorica e pratica necessaria a svolgere tali attività in modo umanitario ed efficace. Il personale che esegue le operazioni relative allo stordimento deve essere in possesso di un adeguato grado di qualificazione attestato dalla azienda unità sanitaria locale competente anche attraverso appositi corsi di formazione.Questo il quadro legislativo di riferimento; parallelamente, le associazioni islamiche italiane, nelle bozze di intesa, proclamano una conquista già avvenuta nel 1980, e utilizzano tale vittoria nelle richieste di tutela delle prescrizioni religiose: l' articolo 6 della bozza d' intesa dell' UCOII stabilisce che " la macellazione eseguita secondo il rito islamico continua ad essere regolata dal decreto ministeriale 11 giugno 1980, in conformità alla legge e alla tradizione islamica", fondando tale convinzione sul fatto che da un lato dal 1980 ad oggi nessun intervento ministeriale in materia ha mutato il contenuto di quello originario, dall' altro il decreto legislativo del 1998 sembra palesemente ricomprendere la facoltà di deroga, determinando in certi punti forse più chiarezza, come nel caso della titolarità del fedele responsabile della qualità di autorità competente.Ferma restando una residua competenza regionale in tema di prevenzione sanitaria, il tema in merito al permesso di macellazione rituale islamica ha acceso discussioni a livello locale sulla legittimità di tali operazioni; in particolare proprio in Consiglio Regionale Emilia Romagna l' ex assessore alla Sanità Giovanni Bissoni, rispondendo in aula a due interrogazioni presentate da due consiglieri che chiedevano delucidazioni sull' attuale stato in Regione del trattamento degli animali in operazioni di macellazione rituale, ha dichiarato: " spetta comunque al veterinario ufficiale dell'impianto presso il quale sono macellati animali secondo particolari riti religiosi, che deve essere inserito, previo accertamento dei requisiti richiesti, nell' apposito elenco ministeriale, verificare il rispetto delle disposizioni previste dal Decreto in questione per evitare inutili sofferenze all' animale nel corso della macellazione [?]; lo stesso decreto definisce anche un' autorità religiosa che ha il compito di attestare la conformità delle macellazioni ai vari riti religiosi, prevedendo comunque che sia tale autorità che gli operatori da essa incaricati operino sotto la responsabilità del Veterinario Ufficiale dello stabilimento, sempre presente durante le operazioni di macellazione negli stabilimenti riconosciuti a livello ministeriale [ ? ] ; nell' elenco ministeriale risultano a tutt' oggi inseriti dieci stabilimenti di macellazione dell' Emilia Romagna" .
Conclusioni
Le macellerie islamiche in Italia oggi sono ormai numerosissime; in base agli ultimi dati statistici rilevati dal Ministero della salute nel 2003 esistono circa 100 strutture di macellazione in deroga ( un quinto totale dei macelli italiani) in cui è possibile abbattere i capi animali secondo il rito islamico descritto.Rispetto a tale fenomeno che segna definitivamente ? a mio modesto avviso ? l'ingresso totale dell' imprenditoria musulmana nel mercato italiano, occorre porre alcune considerazioni finali.- prendendo spunto da quanto affermato nella prima parte del mio intervento, sono certo che il "network islamico" in Italia sia nato e stia crescendo per il tramite del fattore religioso che opera come trait d'union tra gli immigrati provenienti dai paesi di forte influenza islamica;- sono però altrettanto certo che, se è vero che la moschea ha avuto (ed ha tuttora) un ruolo fisico di incontro e re ? incontro etnico religioso in contesto immigrato, è altrettanto assodato che ulteriore fattore di ri ? unione sotto un unico network islamico siano oggi più che mai le macellerie rivenditrici di carne halal;- quest'ultimo fenomeno fa sì che la Umma musulmana immigrata possa da un lato avere un chiaro punto di riferimento religioso culturale nelle città ( la macelleria halal richiama l'immigrato musulmano al rispetto delle prescrizioni coraniche) dall'altro possa inserirsi nel mercato economico italiano come alternativa forma di imprenditoria concorrente rispetto al paniere della vendita di prodotti alimentari;- i motivi per cui queste forme di impresa sono nate e sono in continua evoluzione sono a mio avviso dovuti da un lato al mancato inserimento dell' immigrato che per reazione e per un eccessivo attaccamento alle proprie radici decida di aprire un esercizio capace di coinvolgere e di attirare altri stranieri della stessa fede, dall'altro l' avvenuto inserimento anche nel contesto economico imprenditoriale fino al punto di accettare il rischio di mettere sul mercato prodotti che, oltre a rendere noti usi e costumi propri dell' Islam, potrebbero avere successi commerciali.
(Prof. Lorenzo Ascanio)
**Studio Legale de Capoa & AssociatiDiritto musulmano e dei paesi islamiciUniversità degli Studi di Bologna Data: 15/06/2005
Autore: Lorenzo Ascanio