Saluto romano: reato di pericolo concreto e presunto Annamaria Villafrate - 21/04/24  |  Inadempimento obbligo vaccinale: illegittima la detrazione di anzianità di grado United Lawyers for Freedom - ALI Avvocati Liberi - 19/04/24  |  La scienza smascherata United Lawyers for Freedom - ALI Avvocati Liberi - 21/06/23  |  Compiti a casa: i docenti devono usare il registro elettronico  Redazione - 12/04/23  |  Annullate multe over50: la prima sentenza United Lawyers for Freedom - ALI Avvocati Liberi - 26/03/23  |  

Cassazione: se il figlio maggiorenne lavora, non c'è motivo di mantenerlo…

La Suprema Corte bacchetta i giudici di merito sulla conferma del contributo da parte del genitore onerato


di Marina Crisafi – Figlio maggiorenne convivente con la madre ma inserito da anni nel mondo del lavoro. Si tratta di una condizione che mette fortemente in discussione il contributo al mantenimento da parte del genitore onerato. A stabilirlo è la sesta sezione civile della Cassazione, con la recente ordinanza n. 9365/2016 (qui sotto allegata), bacchettando la decisione del giudice d'appello che, in linea con il provvedimento di primo grado, pronunciandosi su una causa di divorzio (pur riducendo gli importi) ha confermato l'obbligo da parte di un uomo di versare 200 euro al mese all'ex moglie, a titolo di assegno divorzile, e 150 euro per il figlio maggiorenne e convivente con la madre considerato "il mancato raggiungimento dell'indipendenza economica" da parte dello stesso.

Per gli Ermellini, se è giusto che l'uomo continui ad aiutare l'ex moglie, viste le condizioni in cui versa, con un lavoro precario e una malattia rara e incurabile, diversa è la situazione con riguardo al figlio.

L'obbligo di contribuzione al mantenimento nei riguardi del ragazzo vacilla di fronte al suo "pluriennale inserimento" nel mondo dal lavoro. Il giovane, infatti, ha già da anni un'occupazione stabile in un'azienda, per cui appare molto fragile l'ipotesi della "condizione di non autosufficienza" economica attestata dalla Corte d'Appello. Corte che ha errato, dunque, nella sua convinzione, smentita dai fatti e per di più "senza una motivazione, se non di carattere meramente assertivo, sul punto".

Su questo fronte, pertanto, il ricorso del padre è parzialmente fondato e la parola passa al giudice del rinvio che dovrà approfondire la questione, valutando la sussistenza o meno dei presupposti per il mantenimento o per la revoca del contributo gravante sul padre.

Data: 13/05/2016 22:00:00
Autore: Marina Crisafi