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Misure cautelari: da domani in vigore la riforma. La relazione della Cassazione in allegato

Il punto della Cassazione sulla riforma delle misure cautelari da domani in vigore


di Marina Crisafi - Carcere soltanto qualeultima spiaggia, “attualità” del pericolo di fuga o reiterazione, obblighi dimotivazione nei provvedimenti e termini certi per il riesame. Questi in estremasintesi i contenuti della riforma sullemisure cautelari approvata in via definitiva dal Senato il 9 aprile scorso (leggi“La riforma delle misure cautelari è legge: carcere solo quale ultima ratio”)che da domani diventerà operativa atutti gli effetti.

Notevoli i cambiamenti siasostanziali che processuali apportati dalla l. n. 47/2015 (pubblicata in G.U. n. 94/2015) al codice di procedurapenale, tanto da richiedere alla vigilia dell'entrata in vigore della novellalegislativa anche l'intervento dellaCassazione che ha pubblicato la relazione n. 3/2015 dell'ufficio del Massimariopenale (allegata integralmente quisotto) per fare il punto sulle importanti novità introdotte dalla normativa,alla luce anche delle modifiche susseguite negli ultimi anni in materia.

Ecco in pillole i punti salienti della riforma su cui si èsoffermata la relazione della Cassazione:

- Il nuovo requisito dell'”attualità” del pericolo

Per effetto della novella, la valutazionedell'applicazione delle misure cautelari dovrà essere operata in base alla sussistenza di un “pericolo” di fuga e direiterazione del reato non più solo concreto ma anche attuale. Del resto,sostiene la Cassazione nella relazione, il riferimento all'attualità era già daun ventennio inserito nella lettera a) dell'art. 274 con esclusivo riferimentoall'ulteriore esigenza cautelare relativa al pericolo per l'acquisizione o lagenuinità della prova. La novella ha quindi reso omogenea la normativa concernentele connotazioni delle varie esigenze, con intenti che, però, continua larelazione, appaiono “dichiaratamenterestrittivi” rispetto alla stessa elaborazione giurisprudenziale dilegittimità (Cass. SS.UU. n.34537/2001; Cass. n. 51436/2013, Cass. n. 24051/2014; Cass. n.3661/2014), proponendosi di “rafforzare l'esigenzadi una valutazione più stringente dell'effettiva pericolosità del prevenuto”.

Entrambi irequisiti non potranno essere desunti “esclusivamentedalla gravità del titolo di reato per cui si procede ma, comepacificamente affermato dalla stessa giurisprudenza, secondo una valutazione prognostica ancorata a elementi concreti,anche in relazione ai comportamenti e alla “biografia” dell'indagato.

- Carcere ultima ratio

La riforma ha rafforzatola funzione di extrema ratio attribuita alla custodiacautelare in carcere, modificando il comma 3 dell'art. 275 c.p.p., giànovellato, ha osservato la Cassazione, dal d.l. n. 92/2014, convertito conlegge n. 117/2014.

Il ricorso allacustodia carceraria avrà dunquecarattere residuale potendo essere disposto “soltanto quando le altremisure coercitive o interdittive, anche se applicate cumulativamente, risultinoinadeguate”.

Obiettivoperseguito, secondo la S.C., “da un lato valorizzando e favorendo il ricorso a soluzionialternative,di nuovo conio (quale quella dell'applicazione congiunta delle altre misurecoercitive, finora praticabile solo nelle particolari circostanze di cui agliartt. 276, primo comma e 307, comma 1 bis), o comunque di recente “riscoperte”dal legislatore (quale quella degli arresti domiciliari con le procedure dicontrollo di cui all'art. 275 bis); dall'altrointervenendo, in modo estremamente significativo, sulle disposizioni delcodice che precludevano al giudice una valutazione discrezionale circal'individuazione della misura più appropriata, sancendo una presunzione diadeguatezza della sola misura inframuraria”.

Quanto allapossibilità di applicazione congiunta delle altre misure cautelari, la novella l'ha resa fattibile non solo perle ipotesi per così dire “patologiche”, ma anche, ha osservato la S.C., “nelmomento iniziale -e ovviamente del tutto “fisiologico” - in cui il giudice, investito di unarichiesta di applicazione della custodia in carcere, è chiamato a verificare lapraticabilità di “risposte” cautelari gradate”. Una disposizione che, in taleprospettiva, per il Palazzaccio, offreal giudice uno strumento “particolarmente utile, al fine di calibraremeglio il proprio intervento nella fattispecie concreta”.

- Eliminazione degli automatismi

Con il medesimointento di ridurre il più possibile l'applicazione della custodia carceraria,la riforma ha eliminato diversi “automatismi”presenti nel codice di rito che privavano il giudice di una “pienadiscrezionalità nella scelta della misura da applicare nel caso concreto”.

In taliipotesi, come nel caso di trasgressione alle prescrizioni sul divieto diallontanarsi, la sostituzione degli arresti domiciliari con il carcere vienedisposta “salvo che il fatto sia di lieve entità”.

In altri termini,per la Cassazione, “la misura inframuraria non è più automaticamente ricollegata all'avvenutatrasgressione, ma necessita di un previo apprezzamento in ordineall'effettivo disvalore della trasgressione medesima”.

- Motivazione e percorso “autonomo”

Il giudice che optiper la privazione della “libertà” dovrà indicare specificatamente le ragioni per cui ha ritenuto inidonea, nel casoconcreto, l'applicazione della misura degli arresti domiciliari.

La motivazioneobbligatoria, frutto di “un'autonomavalutazione” e non di un appiattimento sulla base delle deduzioni delpubblico ministero richiedente, è unodei punti nevralgici della riforma, analizzati anche dalla relazione dell'ufficiodel Massimario della S.C., secondo la quale ciò che occorre adeguatamentesottolineare è anche il fatto che la legge, a differenza di quanto avvenuto nel1995, ha modificato i poteri attribuitiin fase decisoria, disponendo con il nono comma dell'art. 309 c.p.c. che senza il percorso motivazionaleindipendente, il tribunale annulla il provvedimento.

- Termini certi e “inedita”possibilità di differire l'udienza

Tra le novitàanalizzate dalla S.C., anche i tempi delle misure interdittive dilatate da duemesi a un anno e i termini del riesameai fini delle decisioni del tribunale della libertà. Termini “certi” sia per laprocedura che per il deposito dell'ordinanza del riesame, per l'appello e ilgiudizio di rinvio, con la previsionedella perdita di efficacia della misura coercitiva in caso di decorso del termine fissato dal giudice nell'ordinanza edel rinnovo soltanto nei casi limite.

Nel procedimento di riesame delle ordinanzeche applicano la misura coercitiva la riforma introduce la possibilità “inedita” di differire, ad istanza di parte,la data dell'udienza, i termini per la decisione nonché il deposito delprovvedimento. Mediante il nuovo comma 9-bis aggiunto all'art. 309 c.p.p.,infatti, “su richiesta formulata personalmente dall'imputato” il tribunaledifferisce la data dell'udienza “da un minimo di cinque ad un massimo di diecigiorni se vi siano giustificati motivi”, prorogando, in tal caso, in ugualemisura anche il termine per la decisione e il deposito dell'ordinanza.

La ratiodella disposizione, spiega l'ufficio del massimario, è quella di “aiutare la difesa a prepararsi meglio”,ricollegando però tale esigenza difensiva ad una “manifestazione di volontà direttamente riconducibile all'imputato”,vista la delicatezza del tema quale la privazione della libertà personale. Eccoperché il termine per formulare larichiesta personalmente è molto breve (due giorni dalla notifica dell'avvisodi fissazione dell'udienza) per consentire al tribunale di procedere con le “controcitazioni”,laddove ravvisi “giustificati motivi”a sostegno dell'istanza di differimento, la quale, secondo la S.C., è ragionevoleritenere che difficilmente saràrigettata dal tribunale, date le esigenze di analisi e approfondimentosulla complessità della vicenda processuale e l'ampiezza della documentazioneprodotta.

Data: 07/05/2015 18:30:00
Autore: Marina Crisafi