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La satira è sacrosanta ma se diventa dileggio è diffamazione

Il diritto alla satira è sacrosanto ma se si spinge fino a diventare dileggio, comporta per il giornalista una condanna al risarcimento dei danni morali


di Marina Crisafi - Il diritto alla satira è sacrosanto ma se sispinge fino a diventare dileggio, comporta per il giornalista una condanna al risarcimento dei danni morali causatiper diffamazione a mezzo stampa.

Lo ha sottolineato la Cassazione,con sentenza n. 5851 depositataieri, confermandola decisione della Corte d'Appello di Napoli, con la quale un giornalista, ildirettore responsabile della testata e la società editrice erano staticondannati a risarcire circa 15mila europer danni morali ad un medico diffamato da un articolo, al cui testo, incui il professionista veniva “gratificato” dal titolo di somaro, venivaabbinata una fotografia dello stesso e una vignetta umoristica.

Giornalista, direttore ed editore non ci stannoe impugnano la sentenza.

Richiamando l'orientamento giurisprudenzialeche definisce i limiti che circoscrivono l'ambito di esercizio del diritto dicronaca, sostengono, quindi, di aver agito nel rispetto del principio dellaverità putativa, dell'interesse generale e della correttezza della narrazione,anche in relazione alla violenta satira denigratoria effettuata.

Ma le tesidella difesa non convincono i giudici del Palazzaccio, i quali, pur ribadendoche “il diritto di satira, di rilievocostituzionale e internazionale, costituisceuna manifestazione del diritto di critica che, a sua volta è una species dellalibertà del pensiero che esprime il c.d. libero arbitrio della persona” eironizzando sull'excursus storico in materia “dal pensiero greco” alla “nascitadella commedia”, descritto dai ricorrenti, hanno affermato, tuttavia, che “nell'attualecontesto della democrazia italiana, i c.d. principi che regolano la libertà delpensiero derivano da contenuto intrinseco di ogni libertà che trova nella responsabilità e nel dovere la suaconcreta ed evolutiva considerazione”.

Alla luce di queste considerazioni econcordando con quanto sostenuto dal giudice di merito, la S.C. ha quindiosservato che “la satira, per la suanatura di diritto soggettivo e opinabile, è sottratta al parametro della verità - ma soltanto quando - i fatticosì rappresentati in modo apertamente difforme alla verifica del reale sonoprivi della capacità offensiva”, mentre, invece, la riproduzione, all'apparenzaattendibile di un fatto di cronaca va valutata “secondo il criterio della continenza delle espressioni e delle immagini edelle vignette e delle foto utilizzate”.

Per cui, ha concluso la S.C. rigettando iricorsi, nessuna scriminante è possibile riconoscere “allorché la satira diventa forma pura di dileggio, disprezzo, distruzionedella dignità della persona”.

Data: 25/03/2015 21:00:00
Autore: Marina Crisafi