Commette reato la guardia medica che rifiuta la visita domiciliare Silvia Pascucci - 27/03/24  |  TFR coniuge divorziato: presupposti, importo ed esclusioni Matteo Santini - 25/03/24  |  La scienza smascherata United Lawyers for Freedom � ALI Avvocati Liberi - 21/06/23  |  Compiti a casa: i docenti devono usare il registro elettronico  Redazione - 12/04/23  |  Annullate multe over50: la prima sentenza United Lawyers for Freedom � ALI Avvocati Liberi - 26/03/23  |  

Diffamazione a mezzo stampa: se la lite è temeraria va risarcita il “doppio”

Diffamazione a mezzo stampa: se la lite è temeraria va risarcita il “doppio”


di Marina Crisafi - Se l'accusa di diffamazione a giornalista e giornalesi rivela temeraria, il denunciante devepagare il doppio delle spese di lite. A fissare per la prima volta un parametro per quantificare il dannoliquidato in via equitativa, oggetto sinora di un annoso dibattito, è il Tribunale di Milano con sentenza del 28febbraio scorso, pronunciandosi sulla richiesta di risarcimento dei danni(pari ad oltre 500mila euro) al quotidiano regionale l'Unione Sarda inrelazione all'inchiesta sull'inquinamento ambientale del Poligono InterforzeSalto di Quirra in Sardegna.

I giudicimilanesi hanno fanno cadere ogni ipotesiaccusatoria nei confronti del giornalista, il quale, aldilà di quantosostenuto dai ricorrenti, si era limitato riferirei risultati dell'inchiesta che aveva portato all'esercizio dell'azionepenale e non aggiungendo nulla nella sostanza rispetto a quanto contenuto negliatti di polizia e della procura, ma soltanto trasfondendo nel linguaggio tipicogiornalistico, peraltro “neppure moltodifferente da quello giudiziario”, ciò che emergeva dagli atti stessi.

In particolare,ha affermato il tribunale dichiarando infondata l'accusa di diffamazione, laverità della notizia mutuata da un provvedimentogiudiziario sussiste non certo quando il fatto sia vero in sé, bensì quando la notizia data dal giornalista siafedele al contenuto del provvedimento, non potendo richiedersi algiornalista di dimostrare la fondatezza delle decisioni assunte in sedegiudiziaria”, a nulla rilevandopertanto se poi il procedimento si era concluso con un proscioglimentodegli imputati per non aver commesso il fatto.

Al contrario,invece, a rilevare in sede civile, quale “responsabilitàaggravata” ex art. 96, comma 3, c.p.c., sono proprio le argomentazioni“pretestuose” ed “infondate” sostenute dalla società denunciante, la quale,secondo il tribunale, aveva intrapreso il giudizio pur “nella pienaconsapevolezza del proprio torto”.

Una condotta che,a detta del giudice milanese, non può restare impunita, ma va sanzionata alfine di “scoraggiare comportamentistrumentali” che non solo ostacolanola funzionalità della giustizia, ma “violanoil generale dovere di lealtà e probità”, provocando alla controparte undanno “in conseguenza dell'ansia e del turbamento inflitti”, non solo peressere chiamata a difendersi ma anche e soprattutto per aver messo “in discussione la propria professionalità”.

Così affermando,pertanto, il tribunale ha condannato la società al risarcimento dei danni perun importo di 18mila euro, determinati equitativamente sulla base di un criterio “pari a due volte le spese di lite liquidatea favore dei convenuti”.

Data: 20/03/2015 12:00:00
Autore: Marina Crisafi