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Poste: il dipendente non è un pubblico ufficiale e non risponde di peculato

Per la Cassazione i dipendenti delle Poste che gestiscono risparmi dei clienti non sono pubblici ufficiali


diMarina Crisafi -I dipendenti di Poste Italiane chegestiscono i risparmi dei clienti nonsono pubblici ufficiali e pertanto non possono rispondere del reato dipeculato ma soltanto di appropriazioneindebita. Lo ha chiarito la Cassazione,con sentenza n. 10124 del 10 marzo 2015,accogliendo il ricorso di un direttoredi un ufficio postale imputato del reato di peculato continuato per essersiappropriato delle somme versate su tre libretti, pari a oltre 70mila euro.

Contrariamente a quanto affermato dallaCorte d'Appello e da parte della giurisprudenza in materia, la Cassazione haprecisato che in funzione dell'attività bancaria (nella specie “Bancoposta”) esercitatada Poste Italiane il dipendente addetto a tale settore non può rispondere dipeculato in quanto non riveste né laqualità soggettiva di pubblico ufficiale né di incaricato di pubblico servizio.

Entrambe le qualifiche, secondo la Corte, infatti“derivano dall'effettivo esercizio difunzioni dell'ambito d un pubblicoufficio o servizio e quindi – prescindono - dalla qualità pubblica o privatadell'ente di appartenenza e dall'essere l'attività tipica dell'ente appunto unpubblico ufficio o servizio”.

Del resto, che l'attività bancaria sia ex se attività privata e non esercizio dipubblico servizio, hanno aggiunto inoltre i giudici della S.C., è fatto ormai acquisito “essendo venutomeno il sistema normativo delle banche pubbliche e il ruolo statale nel settoreed è quindi questione non più in discussione”.

Per cui, posto che “l'attività delle Poste è attività del tipo privato al pari di quella delle banche l'impiegatoche svolge tali servizi non è ne pubblico ufficiale né incaricato di pubblicoservizio”; da ciò consegue, ha sentenziato la Corte annullando la decisione d'appellocon rinvio, che “in caso diappropriazione di fondi dal cliente l'impiegato è responsabile diappropriazione indebita e non del rato proprio peculato”.

Data: 12/03/2015 11:00:00
Autore: Marina Crisafi