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Mediazione delegata: conciliare è una questione di opportunità o di merito?



di Maurizio Città, avvocato del Foro di Termini Imerese(maurizio-citta@libero.it)

Lasentenza del Tribunale di Roma, Sez, XIII, del 29 maggio 2014, offrespunti di riflessione sulla effettiva portata della c.d. mediazionedelegata, ovvero sui presupposti e limiti della stessa.

Lasciando,ovviamente, aperto il dibattito a diverse, e o più compiute,valutazioni, muovendo dall'esame di alcuni aspetti critici dellamateria, impliciti nella motivazione della sentenza, proverò asviluppare alcune utili brevi considerazioni, articolandoli nei seguenti punti: 1) una breve premessa; 2) conciliarein mediazione per motivi di opportunità o di merito? 3) conclusioniprovvisorie.

1.Una breve premessa

1.1.Per una migliore comprensione delle brevi considerazioni che qui siintende svolgere, è opportuno, compiere un breve passoindietro, e rivolgere l'attenzione ad altra sentenza del Tribunale diRoma (Sezione Distaccata di Ostia) del 5 luglio 2012, con la quale, aproposito della valutazione della mancata partecipazione allamediazione delegata di una società assicuratrice (convenuta ingiudizio), il Tribunale ebbe ad affermare che “giammai lamancata comparizione in sede di mediazione potrà costituireargomento per corroborare o indebolire una tesi giuridica, che dovràsempre essere risolta esclusivamente in punto di diritto”.

1.2.Tuttavia, a fronte di siffatta più che condivisibile premessa cheriflette ed esprime con pienezza di efficacia il diritto alla difesacostituzionalmente garantito, il Tribunale di Roma (SezioneDistaccata di Ostia) ha ritenuto che la manifestazione di riserva diappello espresso in occasione di sentenza non definitiva, non solonon configura un giustificato motivo di mancata partecipazione allamediazione delegata, ma configurerebbe un rifiuto inescusabile.

1.3.Ebbene, se può ritenersi che il Tribunale di Roma (SezioneDistaccata di Ostia) coglie ancora nel segno quando afferma che lanon condivisione della tesi giuridica di controparte non è idonea aconfigurare un giustificato motivo per non partecipare allamediazione delegata (e, dunque, non è idonea a giustificare lamancata partecipazione ad essa), è perlomeno dubbio, invece,considerare recessiva la facoltà di legge di difendere le proprieragioni in grado di appello avverso una sentenza che non si ritienegiusta, perché una siffatta gerarchizzazione tra le facoltàprocessuali e l'esperimento della mediazione delegata (sebbene pensata dallegislatore come contromisura deflattiva alle lungaggini processuali)scalfisce il diritto alla difesa costituzionalmente garantito.

1.4.In altri termini, si tratta di stabilire: a) se la c.d. mediazionedelegata può essere utilizzata con finalità deflattive, senzapregiudizio, però, del diritto alla difesa, compreso il diritto “anon conciliare”, salve le sanzioni che assistono l'abuso di questodiritto; b) o se, invece, la mediazionedelegata -che dovrebbe, dunque, sostituire la definizione giudizialedella controversia- possa essere disposta conservando e valorizzando una precedente definizione giudiziale, siapure parziale.

1.5.Se può apparire vantaggioso per tutti, in linea di principio, in termini di economiaprocessuale, affidare alla mediazione delegata la quantificazione diun risarcimento, dopo che una sentenza non definitiva ha accertato laresponsabilità nell'an, allo stesso tempo, è certo che deve restareimpregiudicata, per la parte rimasta soccombente nell'an, lapossibilità di tutelare giudizialmente le proprie ragioni: ècompatibile con siffatto diritto di piena difesa nonaddivenire ad un accordo sul quantum, che inevitabilmenteimplicherebbe l'accettazione della responsabilità nell'an? e cheutilità può conservare, dunque, la partecipazione alla mediazionedelegata, se la posizione del convenuto in giudizio su unapreliminare questione decisiva (quella sull'an debeatur, per esempio) è incompatibile con una definizionetransattiva della questione presupponente (quella sul quantum debeatur, nello stesso esempio)? è davvero inescusabileritenere inutile una mediazione che verti sul quantum, quando, atorto o ragione (lo stabilirà il giudice di appello, nel caso di appello), ci si duoledella decisione non definitiva sull'an debeatur?

1.6.A tal riguardo, non va sottovalutato il fatto che la norma diriferimento consente la mediazione fino a quando la causa non vengaassunta in decisione, all'esito della precisazione delle conclusionio della discussione; dovrebbe ritenersi preclusiva, dunque, anche unadecisione parziale o non definitiva; e, a mio avviso, non costituisceargomento di segno contrario il fatto che la c.d. mediazione delegatapossa essere disposta anche in sede di appello, perché anche se inappello c'è già un vincitore (totale o parziale, nel primo grado del giudizio), le ragioni del soccombente (totale o parziale), con l'appello, sono staterimesse in gioco.

1.7.Ovviamente, tutto il ragionamento sin qui sviluppato non ha motivo diessere quando il giudice, valutato il comportamento delle parti,abbia a rilevare che la parte per così dire “messa male” allaluce della istruttoria (che potrebbe portare già ad una sentenza nondefinitiva sfavorevole) mostri l'intendimento, frutto di una ponderata valutazione di opportunità, di definire in viatransattiva la questione per cui è causa.

2.Conciliare in mediazione per motivi di opportunità o di merito?

2.1.La citata sentenza del Tribunale di Roma del 29 maggio 2014, da cuisi trae spunto, sebbene si tratta di sentenza che affronta moltealtre questioni, riguarda una causa nella quale l'an debeatur èpacifico, nel senso che non costituisce oggetto di controversia trale parti in causa, mentre resta controversa la determinazione delquantum.

2.2.La sentenza contiene una importante apertura rispetto alla soluzionedelle problematiche sollevate nella breve premessa che sopra precede.

2.3.A proposito delle conseguenze, sul merito della causa, della mancatacomparizione in mediazione della società assicuratrice convenuta ingiudizio, il Tribunale di Roma riconosce la necessità che lavalutazione della mancata partecipazione alla mediazione passaattraverso l'esame degli atti del giudizio e presuppone che nonsussistano motivi (o meglio ancora, che non “appaiono” in manieraevidente motivi) di fatto o di diritto tali da rendere inutile oimpossibile la riuscita della mediazione.

2.4.Ebbene, nei casi in cui, come nel caso deciso dal Tribunale di Roma, Sezione Distaccata diOstia, come si è visto, si registra il persistere della controversia sull'andebeatur manifestato con la riserva di appello in occasione disentenza non definitiva, dovrebbe ritenersi che, aprescindere dalla loro fondatezza o meno, la cui valutazione èriservata al giudice ad quem, la sussistenza di doglianze di ingiustizia, ed ildiritto alla difesa, in fatto e/o in diritto, in ordineall'insussistenza sull'an debeatur, rendono inutile, senon impossibile, una mediazione delegata (circoscritta) sul quantum.

2.5.Nella controversia decisa dal Tribunale di Roma con la citatasentenza del 29 maggio 2014, la mancata partecipazione allamediazione delegata era stata giustificata dalla societàassicuratrice sulla base del fatto che veniva ritenuta congrual'offerta formulata sulla base delle risultanze della c.t.u. medicolegale.

2.6.La situazione, qui, è diversa: non v'è questione preliminare dimerito che, oggettivamente, osti ad un esame ragionato eapprofondito, ad opera delle parti, del concreto peso e valenza delmateriale su cui la proposta di mediazione si fonda. Tuttavia, vachiarito che il predetto esame resta appannaggio esclusivo delleparti, e frutto della loro libera determinazione, senza che l'altraparte in causa possa far valere una sorta di anticipazione digiudizio rinvenibile nella proposta medesima di mediazionedelegata, la quale potrà essere espressione del convincimento del giudice nel senso dell' “utilità di un percorso dimediazione”, ma non può considerarsi espressione di unaanticipazione di giudizio sulla non congruità della offerta formulata dal convenuto debitore.

2.7.Anche in queste tipo di fattispecie, infatti, la mediazione devetendere ad una transazione tra le parti che prescinda dal merito(sia pure in questo caso in ordine al quantum debeatur), senza che possa ritenersi che l'invito a mediare sottenda alcun pre-giudizio negativo per una parte e positivo perl'altra parte ai fini della stessa definizione transattiva dellaquestione.

3.Conclusioni provvisorie

3.1.Laddove non sussistano insopprimibili esigenze di difesa,costituzionalmente (e “convenzionalmente”, soggiungo pensandoalla C.e.d.u.) tutelate, che mal si conciliano con un utile opossibile esperimento di una mediazione delegata, la mancatapartecipazione alla mediazione delegata, anche sotto il profilo deldovere di lealtà processuale, è da ritenere ingiustificata;viceversa, non dovrebbe ritenersi “inescusabile” la mancatapartecipazione alla mediazione delegata fondata sulla rivendicazionedi un pieno esercizio della difesa in giudizio per ragionioggettivamente incompatibili con una definizione transattiva chesottenda la valorizzazione di una precedente parziale definizionegiudiziale della questione (se la parte soccombente se ne duole).

3.2.In ogni caso, la mediazione delegata dovrebbe ritenersi incompatibilecon una valorizzazione giudiziale ex post dello scenario processuale sottesoalla determinazione del giudice di disporre la mediazione delegata,dal momento che la mediazione ha un senso se offre a tutte le leparti contrapposte di valutare come più vantaggiosa la soluzionetransattiva rispetto a quella giudiziale; ciò, ovviamente, senzagiustificazioni, anche sotto il profilo della dovuta lealtà processuale delle parti in causa, per posizioni abusivamente pretestuose o dilatorie,ma senza perdere di vista, al contempo, l'esigenza che le parti incausa invitate alla mediazione non possono ritenersi, pur avendo ildovere di esperire la mediazione (se non incompatibile con non recessive facoltà processuali), “obbligatea conciliare” in ragione delle risultanze di causa.

3.3.Ovviamente se le risultanze di causa risulteranno sfavorevoli, laparte che non ha saputo cogliere il vantaggio di una definizionetransattiva, ne subirà le conseguenze, ma perché ha torto nelmerito, non invece perché ha avuto “torto” a non considerare lerisultanze di causa a sé sfavorevoli. Nessuna delle contrapposteparti in causa, infatti, dovrebbe trovarsi, in mediazione, a farvalere il peso di un privilegio alla definizione giudiziale dellacausa, se la parte contrapposta non trova vantaggiosa la definizionetransattiva, salva l'applicazione delle previste sanzioni nel caso diacclarate posizioni abusivamente pretestuose e/o dilatorie.

Data: 01/08/2014 16:00:00
Autore: Maurizio Citt�