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Il fermo amministrativo - portata e limiti di applicazione dell' istituto



di GerolamoTaras - Secondo la giurisprudenza, il fermo disposto ai sensi dell'art.69ultimo comma del regio decreto 18 novembre 1923 n.2440 (qualora un' Amministrazione dello Stato che abbia a qualsiasi titolo ragione di credito verso aventi diritto a somme dovute da altra Amministrazione, richieda la sospensione del pagamento, questa deve essere eseguita in attesa del provvedimento definitivo) costituisceun'eccezionale forma di autotutela cautelare in relazione al patrimonio delloStato, quale misura preordinata alla compensazione delle obbligazioni neirapporti reciproci tra due soggetti, lo Stato e il debitore-creditorepecuniario (Cassazione civ. Sez. I 7 marzo 1983 n.1673).

Esso ha quindi lo scopo di legittimare lasospensione in via cautelare e provvisoria del pagamento di un debito liquidoed esigibile da parte di un'amministrazione dello Stato a salvaguardia,appunto, di eventuale compensazione legale con altro credito che la stessa oaltra amministrazione statale pretenda di avere nei confronti del suo creditore(Cassazione sezioni Unite n.7945/2003).

Il fermo presuppone che le Amministrazionitra le quali si attua siano tutte statali e non può essere disposto in ordinead obbligazioni facenti capo ad amministrazioni non statali (Cons di Stato N.04457/2012).

Il Tribunale Amministrativo Regionale peril Lazio (Sezione Terza Ter) SENTENZA N. 08230/2014 del 25/07/2014 nel definire una controversia chesi protraeva da circa quarant' anni ha ulteriormente delimitato i contornidell' istituto, precisando che:

1. -il fermo amministrativo può essere disposto, qualemisura cautelare, per un credito che l'Amministrazione potrebbe esigere, acompensazione dell'obbligazione a cui è tenuta essa stessa o altraamministrazione statale; mentre la misura non può essere imposta perparalizzare l'erogazione di somme dovute da un Ente (quale l'INPDAP) che non èun'amministrazione statale

2. -il fermo deve essere disposto con appositoprovvedimento dell' Amministrazione. Inoltre, trattandosi di un provvedimentodestinato a produrre effetti nella sfera giuridica di un soggetto determinatoesso deve essere portato a conoscenza (notificato) dell' interessato perconsentire l' esperimento di eventuali impugnazioni.

3. -la sospensione del pagamento delle sommedovute per pensione e buonuscita, può essere disposta fino alla concorrenza delquinto.

4. - si tratta di una misurapreordinata alla compensazione delle obbligazioni nei rapporti reciproci tradue soggetti, lo Stato e il debitore-creditore pecuniario.

5. -La compensazione legale opera quando i due debiti sonoentrambi liquidi ed esigibili.

Il TAR delLazio, nel caso sottoposto al suo giudizio, ha, quindi, fissato alla data della pubblicazione della sentenzadella Corte dei Conti il momento in cui il credito dell' Erario è divenuto certo, liquido ed esigibile, mentreil debito lo era già al momento della sospensione del pagamento,disposta surichiesta del Ministero, delle sommedovute dall' Ente previdenziale.

Di conseguenza il creditomaturato dal dante causa delle ricorrenti al 1 gennaio 1974 e non corrisposto,per essere stato sospeso in vista della compensazione con eventuali futuridebiti, avrebbe dovuto essere aggiornatocon rivalutazione ed interessi almeno fino al giorno della coesistenza con ildebito da compensare, sorto il 22 giugno 1982 (data dell'atto di citazioneavanti alla Corte dei Conti).

Il TAR ha così definitouna lunga sequenza di inadempienze e di disinvolteinterpretazioni di norme da parte di una Pubblica Amministrazione.

I fatti. Gli eredi di un dipendente del Ministero delleFinanze erano stati coinvolti in ungiudizio per danno erariale instaurato, peraltro dopo il decesso del dante causa, dalla Procura pressola Corte dei Conti. Le somme (indennità di buonuscita e sull'indennità dicessazione dal servizio) dovute agli eredi erano state trattenute dall' EntePrevidenziale, su richiesta del Ministero delle Finanze, fin dal 1974, in viacautelativa, per la compensazione con le somme dovute dagli eredi nell'eventualità di una sentenza di condanna. Il procedimento si era concluso nel1984 con una condanna in solido, in proporzione delle rispettive quoteereditarie, degli eredi fino alla concorrenza di lire 10.000.000, con interessilegali decorrenti dal 1982.

Tra l' altro la somma di cui era stata chiesta lasospensione del pagamento era superiore al quinto di quanto dovuto.

Fino al 1996 l' Ente previdenziale non aveva ancora versato l'importo imputato alrecupero crediti derivanti dalla condanna della Corte dei Conti.

Nelle more del versamento delle somme accantonate emai rivalutate, il credito derivante dalla sentenza della Corte dei Conti, nonessendo stato compensato, con le somme accantonate fin dal 1975, avevacontinuato a produrre interessi, venendo pressocchè a raddoppiare l'importoiniziale di 10 milioni di lire, diventati 18 milioni nel 1995.

Pur essendo state le somme non pagate tempestivamente edaccantonate senza alcun provvedimento formale di fermo, e quindi illegittimamente, alla data in cui è sorto ildebito nei confronti dell'Erario, per effetto della sentenza di condanna, più che sufficienti a compensare il debito.

Per cui alladata in cui è stata emessa la sentenza di condanna il debito nei confrontidell'Erario delle ricorrenti, si sarebbe dovuto estinguere per compensazionelegale senza produrre altri interessi.

Commenta il Collegio “Non può certamente opporsi la sospensione cautelativa di cui all'art. 69 rd2440/1923, ai fini della compensazione, negando la corresponsione tempestivadelle somme dovute per poi, attraverso gravissimi ed ingiustificati ritardi (12anni, dal 1984 al 1996) nei versamenti delle somme nei competenti capitoli dibilancio, imputabili esclusivamente alle intimate amministrazioni, determinareun ulteriore danno alle ricorrenti per effetto della maturazione di interessisulla somma dovuta (cfr. Cons. di Stato – Sez.VI – n. 290 del 1995).

Rivalutazione automatica delle sommedovute al lavoratore a titolo retributivo e risarcitorio.

Continuano i Giudici “la giurisprudenza amministrativaha da tempo chiarito (v. Ad. Plen., Cons. di Stato n.7/89) che è soggetta arivalutazione automatica un'attribuzione monetaria che trovi la sua diretta enecessaria genesi nel rapporto di lavoro e sia sensibile al danno conseguentealla svalutazione monetaria, in quanto ordinariamente destinata alsoddisfacimento dei bisogni di vita del lavoratore e della sua famiglia. Laregola dell'art. 429, terzo comma cod. proc. civ., in forza della sentenzan.156/91 della Corte Costituzionale, è da ritenersi applicabile anche ai creditiprevidenziali.

E' da escludersi poi che possano ricadere in dannodegli aventi diritto gli effetti negativi così dell'inadempienza dei soggettitenuti all'invio della predetta documentazione, come del tardivoriconoscimento, a seguito di sentenza, dei diritti spettanti (Cons. di Stato –Sez.VI – n.290 del 1995)”.

Le decisioni in merito.

1) 11. Obbligo delle amministrazioni resistenti di ricalcolare gli importi dovuti,al netto delle somme a suo tempo corrisposte alle ricorrenti, rivalutando lesomme trattenute senza titolo nei termini di cui in motivazione, e facendoapplicazione della compensazione legale al momento in cui il creditodell'Erario è divenuto certo, liquido edesigibile, ovvero alla data della pubblicazione della sentenza della Cortedei Conti.

2) 2. Il Ministero delle Finanze dovrà quindi restituire alle ricorrenti gliimporti relativi agli interessi non dovuti, erroneamente calcolati sul debitoestinto alla data della avvenuta compensazione legale, ovvero alla data dellapubblicazione della sentenza della Corte dei Conti 174/1984.

Data: 31/07/2014 15:00:00
Autore: Gerolamo Taras