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Alcune riflessioni circa il divieto di cui all'art. 833 c.c. e delle azioni poste a tutela della proprietà



Avv. Federica Federici
f.federici@studiolegalefederici.it
Alcune riflessioni circa il divieto di cui all'art. 833 codice civile e delle azioni poste a tutela della proprietà

Neldiritto romano, ma ancor di più in quello postclassico, l'abusività di certicomportamenti da parte del proprietario, non conformi a criteri di normalità emoralità (bonus pater familias),veniva considerata come meritevole di intervento da parte dell'ordinamento perlimitarli e sanzionarli come fonte di responsabilità civile (quod alii nocet et sibi non prodest, nonlicet!). Sebbene non vi fosse un termine né una locuzione checorrispondesse univocamente a tale principio, né tantomeno una teoria generaledel divieto di abuso, la nozione romanistica di aemulatio ne costituisce per molti il punto di partenza e la basenormativa e teorica. Stessa conclusione da parte del codice tedesco. Invece, ilcodice francese e quello italiano non menzionano espressamente l'abuso deldiritto. Il nostro sistema si limita a sancirne il divieto (art. 833 cod.civ.), motivando tale scelta da parte dei Commentatori, nella volontà diadeguare il diritto di proprietà ai nuovi principi della solidarietà edell'interesse della collettività, nonché di adattarlo alla concezione deidiritti soggettivi quali forme di tutela di interessi socialmente apprezzabili.L'economicità di un atto di esercizio della proprietà o di altro diritto reale dispenserebbe, conquesto tipo di approccio che il nostro legislatore ha posto in essere, da ogniindagine circa la moralità dell'intenzione o la socialità del fine: l'utilitàper il proprietario (o per il titolare del diritto reale) vale a realizzare lafunzione sociale tipica dell'istituto, espungendola da contaminazioni di teoriadel negozio e della causa, riguardando solo il mero esercizio del diritto.

Ic.d. atti di emulazione o emulativi si connotano per il concorso di dueelementi: l'animus nocendi, ovverol'intenzione di cagionare un danno e l'assenza di un apprezzabile vantaggio chederivi al proprietario da detti atti. Gli atti devono poi essere inutili: postoche una qualunque utilità esclude che l'animusnocendi sia l'unico movente del soggetto agente. Sull'inutilità degli attiemulativi vi è in realtà contrasto di vedute, in quanto se intesa rigorosamentesi viene a legittimare un incontrollabile arbitrio del soggetto, tanto cheparte della dottrina e giurisprudenza è orientata nel senso di giudicareemulativo l'atto che persegua un interesse "non proporzionato" a quello del terzo rispetto alla suainutilità. Tale opinione, nel proporre diverso criterio ermeneutico, risulta peròpriva di ancoraggio normativo. Sarebbe secondo alcuni più opportuno intendere tale inutilità come mancanza diinteresse obiettivamente apprezzabile al suo compimento. Requisiti di un attoemulativo quindi sono: 1) esercizio del diritto; 2) finalità pregiudizievole;3) inutilità dell'atto; 4) danno o molestia che l'atto è idoneo a provocare ad altri. Il danno deve sostanziarsi nella lesione di un interesse nonautonomamente tutelato dall'ordinamento, nel qual caso si cadrebbe nellafattispecie di un comune atto illecito, ma l'atto emulativo deve ledere uninteresse altrui a prescindere dalla lesione di un diritto soggettivo. Questoaspetto è rilevante anche ai fini della tutela, come si vedrà in seguito.

Partedella dottrina rinviene nella norma di cui all'art. 833 cod. civ. - rubricataper l'appunto “Atti di emulazione” – il fondamento del più generale divieto diabuso del diritto (secondo l'interpretazione della prima sentenza ormairisalente della Cassazione datata 1960 persino di qualsiasi diritto non soloquello di proprietà) che si assume come immanente all'ordinamento giuridico (purnon espressamente – si ribadisce - disciplinato dal codice del 1942 come invecenel progetto definitivo doveva essere) e che quindi il legislatore abbia volutorappresentare come concreta espressione: sia nel caso del compimento di attiemulativi, che in caso di abuso del diritto, infatti, accade che il soggettocessi di ricevere tutela dall'ordinamento in quanto piega il diritto alconseguimento di fini che trascendono e finalità per cui l'ordinamento loriconosce e lo tutela. Si tratta quindi dei casi in cui si esercita un dirittoda parte del titolare attraverso l'uso abnorme delle facoltà che gli competono.Non si tratta perciò di compromettere la certezza dei diritti, quanto piuttostoil porre un limite di fondo alla loro tutela, limite connaturato alla funzionedell'ordinamento giuridico come sistema di regolazione dei conflitti diinteresse. Il proprietario che compie un atto emulativo, compie un atto cherientra nei poteri che gli sono attribuiti exlege, ma che non soddisfa un apprezzabile interesse ed è diretto ad unrisultato socialmente non apprezzabile, quale è il nocumento altrui. Sisanziona perciò la finalità pregiudizievole dell'atto, a differenza di limitiche agiscono in via preventiva ed astratta.

Inrealtà la giurisprudenza successiva a questa lettura ampia del divieto di attiemulativi non ha trovato una significativa applicazione pratica, essendoinvalsa successivamente una lettura di tipo abrogativo della norma de quo, chel'ha relegata entro confini piuttosto ristretti, tanto da dover ricondurrealcune casistiche all'art. 840 c.c., come si approfondirà in seguito, sia perl'ostacolo di ordine probatorio rappresentato dalla prova dell'intenzione dinuocere che incombe sull'attore, sia per il fatto che basti una - seppur minima- utilità per il proprietario adescludere l'emulazione e il solo scopo riprovevole e malizioso. Di base poi viè una difficoltà di ordine concettuale: la ragion d'essere della nozione diabuso viene avvertita dalla dottrina nella sua capacità di sanzionarel'esercizio del diritto che risulti di per sé, oggettivamente, anormale.

Laproprietà infatti, con conseguente uso e/o utilità di un bene, non comportaautomaticamente il diritto di poter installare e mantenere strutture omanufatti, per quanto necessari a tale uso e/o utilità, in assenza di un titologiuridico valido che legittimi la compromissione della proprietà altrui.

E'purtuttavia ed altrettanto ipotizzabile che anche l'inerzia possa in viaeccezionale presentare gli estremi dell'esercizio abusivo del diritto diproprietà (es. mancato uso del proprio diritto in senso materiale perinosservanza di specifiche regole di condotta poste a tutela di dirittialtrui).

“Ilproprietario non può fare atti i quali non abbiano altro scopo che quello dinuocere o recare molestia ad altri”: due locuzioni in particolare della normameritano approfondimento e precisazioni: “non abbiamo altro scopo” e “nuocere orecare molestia”. Il che accade ad es. quando il proprietario di un fondoinnalza un muro allo specifico scopo di togliere al vicino la vista delpanorama o tiene alto il volume della propria radio solo per recare disturbo aivicini (limitazioni alle vedute e luci di tolleranza, alla riservatezza, ecc.).Oppure lo stendere il bucato e i tappeti in modo da oscurare la finestradell'appartamento sottostante laddove sia possibile utilizzare altre posizioni ostendere in modo da evitare tale oscuramento. O installare una telecamera sulmuro di recinzione del fabbricato comune in direzione del balcone del vicino.

Affinchéun atto sia emulativo esso deve essere stato posto in essere solo edesclusivamente per arrecare nocumento al terzo. Se si persegue un interesse alcontrario meritevole, l'atto non presenta e non può presentare natura emulativa(es. gli atti omissivi del proprietario giustificati in termini di vantaggieconomici o l'azione intrapresa per tutelare un diritto che gli spetta perlegge o per contratto).

Meno pacifico per dottrina egiurisprudenza che per dirsi emulativo l'atto debba essere sorrettodall'intenzione di nuocere. Alcuni infatti rilevano che la ratio della norma è nella volontà di limitare la tutela delproprietario ai casi in cui l'esercizio del diritto di proprietà perseguainteressi meritevoli di tutela e ove così non sia, lo svantaggio cagionato aterzi non rinviene più una giustificazione economico-sociale degna diprotezione dall'ordinamento giuridico. Conseguentemente a rilevare non sarebbetanto l'elemento psicologico dell'animusnocendi, quanto l'elemento oggettivodella causazione del nocumento e quindi il raffronto tra tale nocumentooggettivamente cagionato e (l'eventuale) vantaggio di fatto conseguito. Sicché,in assenza di specifiche previsioni normative, dovrebbe reputarsi necessaria esufficiente l'obiettiva direzione dell'atto verso il risultato del danno odella molestia, senza che sia necessaria ulteriormente la pregiudizialità oantigiuridicità dell'atto stesso. Non può considerarsi ad esempio emulativa ladomanda di eliminazione di una veduta aperta dal vicino a distanza illegale(artt. 905, 906), che tende al riconoscimento della libertà del fondo ed allarimozione di una situazione illegale e pregiudizievole, così come non èriconducibile all'art. 833 cod. civ. l'attività edificatoria posta in esseredal proprietario in violazione delle norme pubblicistiche disciplinanti lo ius aedificandi, in quando comunquepreordinata al conseguimento di un diretto concreto vantaggio, né ilmantenimento dell'opera iniziata e non ultimata perché in contrasto con dettenorme, il quale rientra sempre nel legittimo esercizio dei poteri delproprietario, sia in relazione a possibili diverse utilizzazioni del manufattoincompiuto, sia con riferimento ad una eventuale abrogazione delle normelimitative, sia con riguardo agli oneri cui l'interessato dovrebbe altrimentisoggiacere per la riduzione in pristino.

Perquel che riguarda i soggetti, oltre il proprietario, si ritiene che debbaestendersi il divieto anche agli altri soggetti titolari di diritti reali (limitatio parziali) di godimento.

Aifini della tutela del divieto, esulano – oltre agli interessi che trovanopuntuale e specifica tutela, come già accennato – ma anche gli interessispecificatamente sacrificati dalla legge a fronte dell'interesse delproprietario o dell'interesse generale.

Ildivieto di atti emulativi rappresenta non solo un limite al diritto diproprietà, ma come si è visto, la tutela di una fascia di interessi altrui, lacui violazione comporta l'illiceità della lesione di tali interessi, nonsecondo criteri generali dell'illecito, quanto piuttosto in conformità e aseconda delle fattispecie concrete di atti emulativi, laddove in tema di proprietàsi propaghi o superi a livello materiale, olfattivo, uditivo, visivo, ecc.,quelle soglie che ricadendo nella sfera dominicale vicina secondo un rapportodi derivazione causale, integrando l'abuso del diritto. Tali atti infattialterano le modalità di uso del bene e creano disagio personale del titolare,diminuendone il diritto dominicale in modo censurabile.

Tantoche le applicazioni giurisprudenziali trovano sicuro e concreto ambitoapplicativo del divieto di cui all'art. 833 c.c. solo nella previsione di cuiall'art. 840 c.c., cioè nell'ipotesi in cui il privato si opponga all'attivitàdi terzi nel sottosuolo o sovrasuolo e il suo atto di opposizione sia privo diinteresse e causi una lesione al terzo, e ciò sia voluto intenzionalmente aquesto solo scopo. Non a caso il concetto di “interesse” o “vantaggio” ricorrein entrambe le norme, dove viene in rilievo l'assenza di un interesse del proprietario a porre in essere attinocivi. Anche nell'art. 840 c.c. il vantaggio deve essere considerato in concreto,tenendo conto della destinazione e dello sfruttamento del fondo. L'interessedeve essere anche in questo caso attuale ed oggettivo, in relazione alleconcrete possibilità di sfruttamento del fondo, secondo la sua destinazioneeconomica.

Altracasistica significativa in tema di divieto di atti emulativi è rappresentatadalle c.d. immissioni e distanze legali, da alcuni fatta risalire al dirittoromano, da altri al Cristianesimo, che in ogni caso fin da epoca remota avevala funzione di clausola generale nei rapporti di vicinato. Allabase del divieto degli atti emulativi vi è l'idea che tutte le innovazioniedilizie cagionino danni al vicino. Lo sviluppo della dottrina sull'emulazionetestimonia la scomposizione tra la definizione di proprietà e l'elaborazioneteorica della tematica. Anche se poi – come visto in premessa – tale teoria nontrovò ospitalità nei codici europei.

L'art. 833 c.c. non indicaquali siano i mezzi di tutela nei confronti degli atti emulativi delproprietario, ma il silenzio della norma è ritenuto, in dottrina, dipendere dauna precisa scelta del legislatore, nel senso della piena applicazione – anchein capo a tali situazioni – dei principi generali in tema di tutela dellasituazioni giuridiche soggettive, differenziata in relazione allecaratteristiche della situazione lesa.

Controgli atti emulativi in ambito civilistico è ritenuto perciò possibile esperire ilgenerale rimedio dell'azione di risarcimento del danno (per equivalente o – sepossibile - in forma specifica), laddove l'atto emulativo ha provocato unaperdita o un mancato guadagno (danno in senso tecnico) e qualunque soggettorisulti danneggiato, anche colui che non risulta proprietario confinante ovicino, non essendo l'art. 833 finalizzato (come lo è l'art. 844 c.c.).

Infattila violazione dell'obbligo di cui all't. 833 c.c. determina 1) il diritto delprivato, rispetto al quale di è verificata la violazione, di richiedere la restitutio in integrum; 2) il dirittodel privato al risarcimento del danno patrimoniale ove ricorrano gli estremidel comportamento antigiuridico.

Laconseguenza è la rimozione della molestia (o demolizione dell'opera) o ilrisarcimento del danno, anche in applicazione degli artt. 2043 e 2058 c.c. (intal caso di può ottenere anche la tutela risarcitoria in relazione al dannobiologico eventualmente patito). Gli aspetti risarcitori dell'atto emulativohanno infatti posto in dottrina la questione dei rapporti tra art. 833 c.c. ela clausola generale di cui all'art. 2043 c.c.

Autorevoledottrina ritiene sia applicabile anche la tutela inibitoria. Infatti, incostanza della prima manifestazione di un fenomeno ad es. immissivo, assumeimportanza la tutela cautelare inibitoria atipica ex art. 700 c.p.c.,attraverso la quale è possibile ottenere (in presenza del fumus boni iuris e periculumin mora) l'immediata cessazione anche antecausam delle immissioni moleste e pericolose per la salute. Laddove lacondotta emulativa sia ancora in atto, la tutela inibitoria ben si presta inquanto finalizzata alla cessazione di tale condotta e stante il fatto che unasituazione di reale pericolo costituisce nocumento e quanto meno molestia.

Ladottrina precisa che tale tutela è esperibile solo a condizione che siaattivata sulla base di una situazione giuridica nel cui contenuto rientri laprotezione nei confronti di quel tipo di lesione.

Il carattere emulativodell'atto va accertato in giudizio e comporta per il proprietario l'obbligo delripristino della situazione precedente, nonché il risarcimento dei danni.L'onere probatorio dell'intenzione dolosa spetta al danneggiato, ravvisandosiin essa da parte dell'orientamento prevalente, un elemento costitutivo dellafattispecie (valgono le regole dell'onusprobandi di cui all'art. 2697 c.c. dovendosi presumere la legittimità degliatti di esercizio del diritto). Parte della dottrina stempera l'onere dellaprova, incombente sul danneggiato, sostenendo che la emulatività possa essereprovata con una mera presunzione, ritenendo peraltro che essa possa risultareanche dalla mera circostanza della sproporzione tra il pregiudizio altrui el'utilità del proprietario, aggiunto al profilo che non sarebbe necessario undolo specifico e cioè l'intenzionalità di ledere, ma basterebbe la prova dellamera consapevolezza di ledere l'altrui diritto. Per questo la dottrina simostra favorevole ad estendere la portata del divieto, enucleando elementicostitutivi più elastici della fattispecie e che possono essere oggetto di unaprova meno rigorosa e per presunzioni.

Restadi fatto che il divieto di atti emulativi viene percepito come strumentoinefficace a reprimere gli abusi da parte del proprietario e quindi vengaspesso e sostanzialmente disapplicato. L'art. 844 c.c. resta una delleprincipali disposizioni in materia di risoluzione di controversie tra vicini, normachiamata a garantire l'equilibrio tra due esigenze nettamente contrapposte: daun lato la libertà del proprietario di un fondo “di godere e di disporre dellecose in modo pieno ed esclusivo” (art. 832 c.c.); dall'altra il diritto delproprietario confinante a non subire, per il fatto del suo vicino, compressionial contenuto del proprio diritto dominicale, neanche sotto la forma degli attiemulativi (art. 833 c.c.).

Tantoche alcuni autori parlano di una lenta eutanasia dell'art. 833 c.c. a favoredel trionfo dell'art. 2043 c.c. che riporta alle considerazioni in tema dirapporti tra abuso del diritto e responsabilità extracontrattuale.

Avv. Federica Federici

Data: 25/07/2014 18:00:00
Autore: Avv. Federica Federici