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Violenza sessuale: non c'è consenso se la vittima è ubriaca



Integra il reatodi violenza sessuale, “con abuso dellecondizioni di inferiorità psichica o fisica, la condotta di chi induca lapersona offesa a subire atti sessuali in uno stato di infermità psichicadeterminato dall'assunzione di bevandealcooliche, essendo l'aggressione all'altrui sfera sessuale connotata damodalità insidiose e subdole”.

Con questoprincipio di diritto la Corte di Cassazionepenale (con sentenza n. 29966 del 9luglio 2014) si è pronunciata sul ricorso di un uomo, imputato del reato diviolenza sessuale per aver costretto unadonna a subire un rapporto sessuale completo, con l'aggravante di aver commessoil fatto in danno di una persona in condizioni di minorata difesa in quantoubriaca.

Ai fini dellaconfigurabilità del delitto di violenza sessuale, ha precisato la Corte nonassume rilievo, come sostenuto dalla difesa dell'imputato nel caso di specie,“l'assenza di segni di violenza fisica o di lesioni sulla vittima”, poiché “il dissenso della persona offesa può esseredesunto da molteplici fattori e perché è sufficiente la costrizione ad unconsenso viziato”.

Del resto, haribadito la S.C. richiamando la recente giurisprudenza in materia, perintegrare il delitto de quo, non è necessario “un vero e propriocostringimento fisico”, ma èsufficiente la violenza “che si manifesta con il compimento di atti idonei asuperare la volontà contraria della persona offesa, soprattutto se lacondotta criminosa si esplica in un contesto ambientale tale da vanificare ognipossibile reazione della vittima”.

Non necessita,pertanto, il ricorso alla vis atrox, in quanto “il fatto direato è pienamente integrato anche quando l'agente prosegua un rapporto sessuale allorché difetti, invia genetica, il consenso della vittima o, se anche originariamenteprestato, il consenso stesso vengasuccessivamente meno a causa di un ripensamento ovvero della noncondivisione delle forme o delle modalità di consumazione del rapporto, ciò inquanto il consenso della vittima agliatti sessuali deve perdurare nel corso dell'intero rapporto senza soluzionedi continuità”.

Sulla base diquesto ragionamento, la Corte ha dichiarato inammissibili le censure fattualimosse nei confronti dell'ordinanza impugnata, annullandola, tuttavia, conrinvio, limitatamente alle esigenze cautelari.

Data: 18/07/2014 18:00:00
Autore: Marina Crisafi