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Risarcimento del danno da illecita attività provvedimentale della Pubblica Amministrazione



di Gerolamo Taras - Una completa esposizione dei principi, elaborati dallagiurisprudenza amministrativa e dalla Corte di Cassazione, in materia dirisarcimento del danno da illecita attività provvedimentale della PubblicaAmministrazione, è contenuta nella sentenza n. 02195/2014 del 28/04/2014del Consiglio di Stato. La decisione ha confermatoil giudizio di primo grado (TARLombardia – Milano - Sezione IV, n. 97 del 16 gennaio 2009) nella controversiainsorta tra la provincia di Pavia e l' Impresa che gestiva l'impianto ditrattamento e recupero rifiuti. L' Ente aveva sospeso e, successivamente,revocato l'autorizzazione all'eserciziodell'impianto, limitatamente all'attività di recupero dei rifiuti mediante ilprocedimento di fusione di rame e stagno.

Il Giudice di appello ha, quindi, riconosciuto l'illegittimità deiprovvedimenti adottati dalla Provincia con i quali è stata disposta la sospensione provvisoria e la cessazione definitiva dell'attività difusione, condannandola alrisarcimento dell'intero danno patito dalla ditta. Questo, nonostante laProvincia avesse invocato lacorresponsabilità di altri Enti Regionali per il danno causato all' impresa.

Nelle motivazioni del provvedimento giurisdizionale, vieneconfermata l' assunzione nello schema della responsabilità extra contrattuale disciplinata dall'art. 2043 c.c.del danno da illecito provvedimentale; laformazione di una presunzione semplice, in ordine alla sussistenza della colpain capo all'amministrazione, nell' ipotesi dell' adozione di unprovvedimento la cui illegittimità sia stata accertata... Ed, ancora, viene spiegato il nesso di causalità tra una condottaillecita ed un evento di danno, sia dal punto di vista civilistico che penale.Si parla inoltre, sempre relativamente al concetto di nesso di causalità, di causaefficiente, di causalità e del criterio del “più probabile che non” edell'altro di natura penalistica dell' “oltre ogni ragionevole dubbio”; edancora della non tutelabilità delle mere aspettative e delle regole dettateper l'individuazione del danno risarcibile.

Ecco, nel dettaglio tutte le spiegazioni dei Giudici,che ci limitiamo a riportare così come le abbiamo trovate, necessariamenteriassunte. Onestamente, anche a causa della risalenza dei miei studi, alcuniconcetti come quello del criterio del“più probabile che non” e dell'altro di natura penalistica dell' “oltre ogniragionevole dubbio” mi erano del tutto ignoti. E, proprio per questo, mi sonosembrati particolarmente interessanti, ed anche utili per chi lavora, conincarichi di responsabilità, alle dipendenze di una Pubblica Amministrazione.


1) Il danno da illecito provvedi mentale.La qualificazione del danno da illecitoprovvedimentale rientra nello schema della responsabilità extracontrattuale, disciplinata dall'art. 2043 c.c.; conseguentemente, per accedere alla tutela èindispensabile, ancorché non sufficiente, chel'interesse legittimo o il diritto soggettivo sia stato leso da unprovvedimento (o da comportamento) illegittimo dell'amministrazione resonell'esplicazione (o nell'inerzia) di una funzione pubblica e la lesionedeve incidere sul bene della vita finale, che funge da sostrato materiale dellasituazione soggettiva e che non consente di configurarela tutela degli interessi c.d. procedimentali puri, delle mere aspettative, deiritardi procedimentali, o degli interessi contra ius;

2) Prova dell' Illecito extracontrattuale.L'onere di provare la presenza di tuttigli elementi costitutivi dell'illecito extracontrattuale(condotta, evento, nesso di causalità, antigiuridicità, colpevolezza), gravasulla parte danneggiata che abbia visto riconosciuto l'illegittimo eserciziodella funzione pubblica;

La provadell'esistenza dell'antigiuridicità del danno deve intervenire all'esito di unaverifica del caso concreto che faccia concludere per la sua certezza la quale,a sua volta, presuppone: l'esistenza di una posizione giuridicasostanziale; l'esistenza di una lesione che è configurabile (oltre chénell'ovvia evidenza fattuale) anche allorquando vi sia una rilevanteprobabilità di risultato utile frustrata dall'agire (o dall'inerzia)illegittima della p.a.;

3) La presunzione di colpevolezza. Aldi fuori del settore degli appalti (governato da autonomi principi sviluppatinel tempo dalla Corte di giustizia UE), insede di accertamento della colpevolezza nell'esercizio della funzione pubblica,l'acclarata illegittimità del provvedimento amministrativo, integra, ai sensidegli artt. 2727 e 2729, co. 1, c.c., il fatto costitutivo di una presunzionesemplice in ordine alla sussistenza della colpa in capo all'amministrazione; neconsegue che spetta a quest'ultima dimostrare la scusabilità dell'errore per lapresenza, ad esempio, di contrasti giurisprudenziali sull'interpretazione dellanorma (o di improvvisi revirement da parte delle Corti supreme), dioscurità oggettiva del quadro normativo (anche a causa della formulazioneincerta di norme da poco entrate in vigore), di rilevante complessità delfatto, della influenza determinante dei comportamenti di altri soggetti, diillegittimità derivante da successiva declaratoria di incostituzionalità dellanorma applicata dall'amministrazione;

4) Nesso di causalità. Ai fini delriscontro del nesso di causalitànell'ambito della responsabilità extra contrattuale da cattivo esercizio dellafunzione pubblica, si deve muovere dall'applicazione dei principî penalistici, di cui agli art. 40 e 41 c.p., in forza deiquali un evento è da considerare causato da un altro se, ferme restando lealtre condizioni, il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo (c.d. teoria della condicio sine quanon); il rigore del principio dell'equivalenza delle cause,posto dall'art. 41 c.p., in base al quale, se la produzione di un eventodannoso è riferibile a più azioni od omissioni, deve riconoscersi ad ognuna diesse efficienza causale, trova il suo temperamento nel principio di causalità efficiente, desumibile dall'art.41, co. 2, c.p., in base al qualel'evento dannoso deve essere attribuito esclusivamente all'autore dellacondotta sopravvenuta, solo sequesta condotta risulti tale da rendere irrilevanti le altre causepreesistenti, ponendosi al di fuori delle normali linee di sviluppo della seriecausale già in atto; al contempo non è sufficiente tale relazione causaleper determinare una causalità giuridicamente rilevante, dovendosi, all'internodelle serie causali così determinate, dare rilievo a quelle soltanto che, nelmomento in cui si produce l'evento causante non appaiano del tuttoinverosimili, ma che si presentino comeeffetto non del tutto imprevedibile, secondo il principio della c.d. causalità adeguata o quello similaredella c.d. regolarità causale; in quest'ottica, all'interno della seriecausale, occorre dar rilievo solo a quegli eventi che non appaiano — ad unavalutazione ex ante — del tuttoinverosimili, ferma restando, peraltro, la diversità del regime probatorioapplicabile, in ragione dei differenti valori sottesi ai due processi: nelsenso che, nell'accertamento del nesso causale in materia civile (edamministrativa), vige la regola della preponderanza dell'evidenza o del «piùprobabile che non», mentre nel processo penale vige la regola della prova«oltre il ragionevole dubbio; nello stesso ordine di idee, l'esistenzadel nesso di causalità tra una condottaillecita ed un evento di danno può essere affermata dal giudice anchesoltanto sulla base di una prova che lo renda probabile, a nulla rilevando chetale prova non sia idonea a garantire un'assoluta certezza al di là di ogniragionevole dubbio: infatti, ladisomogenea morfologia e la disarmonica funzione del torto civile rispetto alreato impone, nell'analisi della causalità materiale, l'adozione del criteriodella probabilità relativa (anche detto criterio del «più probabile che non»), chesi delinea in un'analisi specifica e puntuale di tutte le risultanze probatoriedel singolo processo, nella loro irripetibile unicità, con la conseguenza che la concorrenza di cause di diversaincidenza probabilistica deve essere attentamente valutata e valorizzata inragione della specificità del caso concreto, senza potersi fare meccanico esemplicistico ricorso alla regola del «cinquanta per cento plus unum»…è ulteriore conseguenza di tali principîche, nella comparazione delle diverse concause, ove sufficienti a concorrere adeterminare l'evento e senza che una sola assuma con evidenza un'efficaciaesclusiva al riguardo, il giudice dovrà valutare quale di esse appaia «piùprobabile che non» rispetto a ciascuna delle altre a determinare l'evento edattribuire a quella l'efficacia determinante ai fini della responsabilità;

5) Prova del danno. Ildanno – inteso sia come danno evento che come danno conseguenza – e la suaquantificazione devono essere oggetto,da parte dell'attore, di un rigoroso onere allegatorio, potendosi ammettereil ricorso alla prova per presunzioni (praesumptio tantum iuris), soloin relazione ai danni non patrimoniali, comunque dovendosi ripudiare lesuggestioni derivanti dalla teorica del c.d. diritto all'integrità patrimonialein favore del più rigoroso e ben conosciuto metodo sotteso alla Differenzhypothese (il danno risarcibile viene identificato con la differenza fra lasituazione patrimoniale complessiva del danneggiato a seguito dell'illecito ela situazione patrimoniale che si sarebbe determinata in mancanza dell'illecito).

Facendo applicazione dei su esposti principi, laSezione ha respinto il ricorso presentato dalla Provincia di Pavia, che non ha provato la scusabilità dell'errore,in cui sarebbe incorsa a cagione della complessità della materia, mentre è stato puntualmente provato il nesso dicausalità fra i provvedimenti impugnati e la cessazione del funzionamento dell'impiantodi fusione dei metalli: i provvedimentiimpugnati si pongono come antecedenti causali diretti del fermo, secondo laregola del più <>,;di qui la condanna dellaprovincia all'integrale risarcimento del danno in favore della Impresa.

L'eventuale riconoscimento del concorso di colpadell'Arpa e della Regione Lombardia non è,infatti, di ostacolo alla condanna della Provincia al risarcimento dell'interodanno patito dall' Impresa.

La Sezione osserva che il debitore condannato, ove nonabbia proposto domanda di rivalsa nei confronti del preteso condebitoresolidale, non ha alcun interesse ad impugnare la sentenza nella parte in cuiesclude la responsabilità di uno o più condebitori, perché essa non aggrava lasua posizione di debitore dell'intero, né pregiudica il suo eventuale dirittodi rivalsa.

In primo grado la provincia non ha proposto azione dirivalsa nei confronti della Regione Lombardia o dell'Arpa, dal che discendel'inammissibilità della relativa censura di appello.

Data: 11/05/2014 10:00:00
Autore: Gerolamo Taras