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Pignoramento di immobili locati ad uso commerciale: l'assenza di autorizzazione del Giudice dell'Esecuzione, non impedisce al contratto di rinnovarsi



DI STEFANIASQUEO
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Cass. S.U n.11830, sentenza del 16 maggio2013: “In tema di locazione di immobili urbani adibiti ad uso non abitativo,disciplinata dalla legge sull'equo canone, la rinnovazione tacita del contrattoalla prima scadenza contrattuale, per il mancato esercizio da parte dellocatore della facoltà di diniego della rinnovazione stessa (artt.28 e 29 dellaL.n.27/7/1978, n.392), costituisce un effetto automatico che scaturiscedirettamente dalla legge, e non da una manifestazione di volontà negoziale. Neconsegue che, in caso di pignoramento dell'immobile e di successivo fallimentodel locatore, tale rinnovazione non necessita dell'autorizzazione del Giudicedell'Esecuzione, prevista dal secondo comma dell'art. 560 cod. proc. civ.”

Non è inusuale che un contratto dilocazione commerciale giunga alla sua prima scadenza in data posteriore alpignoramento dell'immobile che ne costituisce oggetto. Insolita è, invece, lastatuizione delle S. U., che accolgono,fortemente in controtendenza, la tesi inaugurata da una, fino a ieri,isolata sentenza [1].

Il quesito è: “se, in caso di pignoramento dell'immobile e di successivo fallimentodel locatore operi, quale effetto ex lege, la rinnovazione tacita di cui agli artt. 28 e 29 della legge n. 392del 1978, e se poi la stessa rinnovazione tacita necessiti, o meno, dell'autorizzazione del Giudicedell'Esecuzione ex art. 560, secondo comma, cod. proc. civ.”

Secondo un orientamento divenuto ormaimaggioritario [2], la rinnovazionetacita di un contratto di locazione avente ad oggetto un immobile pignoratosarebbe, in ogni caso, soggetta all'autorizzazione del Giudice dell'Esecuzione.

Le S.U., disconstandosene, escludono invece l'applicabilitàdell'art.560, comma secondo, cod. proc. civ., in questa ipotesi, in cui,trattandosi di locazione non abitativa soggetta alla L. n. 392/1978, larinnovazione tacita si verifichi alla prima scadenza contrattuale.

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Ne consegue che, il conduttore, cui venga intimato lo sfratto per morosità, non potràpiù opporre con successo alla convalida, fra l'altro, la carenza di legittimazione attiva dell'intimante, per non esserestato il rinnovo del contratto autorizzato dal Giudice dell'Esecuzione, aisensi dell'art. 560, comma secondo, cod. proc. civ.

Stefania Squeo

Mediatore e praticante avvocato abilitata

Foro Milano

[1] Cass.sent. n. 10498 del 7 maggio 2009

Data: 07/01/2014 10:15:00
Autore: Stefania Squeo