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Comodato gratuito e convivenza more uxorio: compagno è ricoverato? La convivente ha diritto di restare in casa



DiMaurizio Tarantino.

Cassazione Civile n. 7 del 2 gennaio 2014.

Conil termine di convivenza more uxorio si indica genericamente l'unionestabile e la comunione di vita spirituale e materiale tra due persone, nonfondata sul matrimonio. La famiglia di fatto, pur essendo contraddistinta dalcarattere di stabilità, nasce come espressione della libera scelta dei singolidi non costituire un vincolo formale, ma di fondare il rapporto solo sulsentimento di affetto e di amore.

Nonostantei cambiamenti sociali intercorsi dalla promulgazione della Costituzione ( art.29, che riconosce come unico modello di famiglia quella fondata sul matrimonio)tuttavia la legislazione italiana non ha recepito la necessità di formulare unquadro normativo organico che tuteli e regoli le convivenze more uxorio.

Taleconvivenza è prevista e garantita principalmente dall'art. 2 della Costituzionecon una previsione, se si vuole, molto importante, ma generica ed, alla fine,poco incisiva in quanti rivolta a tutte le formazioni sociali; ma di fattoperò, solo nel 1988 con la sentenza n. 404 della Corte Costituzionale, si avràun primo riconoscimento di diritti per coloro che convivono fuori dalmatrimonio

Sulpiano pratico, il principale problema si pone al momento della crisi e dellarottura della coppia che inevitabilmente coincide con il momento di maggiorenecessità di tutela per il partner “debole” cioè quello dotato di minoririsorse proprie, autonome ed esterne alla coppia.

Orbene,premesso quanto innanzi esposto, nel caso de quo la Suprema Corte diCassazione con la sentenza n. 7 del 2 gennaio 2014 ha ritenuto chela convivente non è assimilabile ad un'ospite e dunque non può essere buttatafuori casa dai parenti del compagno comodatario dell'immobile in caso di unasua lungodegenza in ospedale.

Nellvicenda in esame, il compagno della signora aveva avuto la casa contesa incomodato da un fratello, che, come proprietario si era sentito in diritto,coadiuvato anche da un altro fratello, di cambiare la serratura quando lasignora era rimasta sola durante un lungo ricovero in ospedale del suo compagnoper un grave incidente stradale. La corte d'Appello, pur considerando provatala convivenza more uxorio escludeva che la donna si trovasse nella condizionedi vantare un possesso sulla casa. La relazione con il bene immobile nasceva daun rapporto contrattuale, come il comodato gratuito, tra i due fratelli, lasignora doveva essere dunque consapevole di usufruire di un alloggio"prestato" al suo convivente da un terzo

Alriguardo, I giudici della seconda sezione danno atto alla Corte d'Appello diaver correttamente escluso l'ipotesi del possesso, essendo stato l'appartamentoconsegnato solo in virtù di un comodato. L'articolo 1141 del codice civileesclude, infatti, la possibilità, per chi ha iniziato a godere di un bene indetenzione di acquistare il possesso, a meno che non sia in grado di dimostrareche la relazione con la "cosa" è mutata in proprio favore. Dettoquesto però la Cassazione chiarisce a che titolo la signora poteva rientrare neldetto appartamento. Per meglio dire, nella convivenza assume di particolareimportanza un lasso di tempo non trascurabile con il comodatario, che la rendea suo volta codetentrice della casa destinata all'abitazione.

Difatti,la permanenza nell'alloggio rientrava «nell'eserciziodelle facoltà inerenti al comodato e dunque alla detenzione trasmessa alconvivente con il comodato». Sempre in qualità di convivente delcomodatario - spiega la Suprema Corte - laricorrente era nel diritto di mettere in atto l'azione di spoglio qualedetentrice qualificata dell'immobile.

Allaluce di quanto esposto, gli Ermellini, in ragione del rilievo sociale che ha ormai assunto per l'ordinamento la famigliadi fatto, hanno stabilito che, “laconvivenza more uxorio, quale forma sociale che dà vita ad un autenticoconsorzio familiare, determina sulla casa di abitazione dove si svolge e siattua il programma di vita in comune, un potere di fatto basato su di uninteresse proprio del convivente ben diverso da quello derivante da ragioni dipura ospitalità, tale da assumere i connotati tipici di una detenzionequalificata. E quindi non è legittima l'estromissione violenta o clandestinadall'unità abitativa”.

Dott. MaurizioTarantino

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Data: 10/01/2014 16:07:00
Autore: Maurizio Tarantino