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La determinazione del prezzo di gara nei contratti pubblici



Avv. Mirko Trapè - I metodi da utilizzare per la determinazione del prezzo, in una gara per l'aggiudicazione di un contratto pubblico di lavori, sono stati oggetto di numerose posizioni contrastanti a vari livelli; solo di recente il Consiglio di Stato ha adottato una soluzione sull'argomento, che è stata ripetutamente confermata.

Tale importante posizione non sembra tuttavia essere adeguatamente conosciuta dai soggetti interessati, in particolar luogo dalle stazioni appaltanti, cosicché si ritiene utile analizzare la problematica, ripercorrendone l'evoluzione normativa, amministrativa e giurisprudenziale.

Il codice dei contratti pubblici (D.lgs. n. 163/2006) ed il regolamento di attuazione (D.P.R. n. 207/2010), trattano la materia in molti articoli, che si ritiene opportuno richiamare.

Per quanto riguarda il D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163:


Le disposizioni rilevanti del D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 sono invece le seguenti:


L'Autorità di Vigilanza dei Contratti Pubblici (AVCP) si è espressa più volte in merito ai criteri di determinazione del prezzo degli appalti di lavori.

Con diversi pareri (per es. n. 41 del 9-10-2007,  n. 76 del 23-10-2007, n. 126 del 28-11-2007, n. 111 del 9-4-2008) ha affermato che, ai sensi dell'art. 133, comma 8, del d.lgs. n.163/2006, la stazione appaltante priva di proprio prezziario debba far riferimento all'ultimo listino regionale, previa verifica della sua congruità.

In particolare nel parere n. 143 del 13-12-2007, ai sensi dell'art. 18-ter, comma 2, della legge n. 109/1994, coordinato con la L.R. Sicilia n. 7/2002, ha ritenuto che le stazioni appaltanti, nel caso in cui sia pubblicato un nuovo prezziario regionale prima dell'indizione della gara, debbano aggiornare i prezzi dei progetti, salva tuttavia la decisione negativa del responsabile del procedimento, motivato dall'assenza di significative variazioni economiche.

Tale interpretazione è stata articolata più ampiamente nel parere n. 196 del 17-7-2008 dove l'AVCP ha affermato che “la possibilità di non aggiornare i prezzi costituisce per la stazione appaltante una facoltà residuale, che necessita di puntuale e non generica motivazione, basata sull'assenza di significative variazioni economiche”.

L'opinione dell'Autorità è mutata negli ultimi anni (sulla scorta dell'analogo diverso atteggiamento della giurisprudenza, come si vedrà in seguito); nei pareri sotto indicati emerge infatti il riconoscimento alle stazioni appaltanti di un'ampia discrezionalità tecnica nella determinazione dei prezzi utilizzati nella redazione del progetto, attribuendo ai prezziari regionali e simili una funzione puramente indicativa e non cogente.

In particolare si legge quanto segue:

La giurisprudenza amministrativa di primo grado meno recente era orientata nel reputare illegittimo il bando di gara con il criterio del prezzo più basso, qualora contenesse l'indicazione di prezzi palesemente incongrui e di molto inferiori ai reali valori di mercato, nonché alle tariffe vigenti (TAR Veneto, Venezia, Sez. I, 17-3-2008, n. 670); i giudici ritenevano infatti sussistente l'obbligo per le stazioni appaltanti di aggiornare i prezziari dei progetti, ponendo a base d'asta valori economici coerenti con l'andamento del mercato (TAR Sicilia, Catania, Sez. I, 20-5-2008, n. 938; TAR Sicilia, Catania, I: 9-9-2008, n. 1648, 5-12-2008, 2281; TAR Calabria, Reggio C., I, 9-3-2009, n. 131; TAR Campania, Napoli, I, 1°-10-2009, n. 5130; TAR Piemonte, I, 4-11-2011, n. 1161).

Si ammetteva peraltro “l'eventuale scostamento in diminuzione dei prezzi a base di gara rispetto al prezziario regionale”, purché “motivato” (TAR Puglia, Lecce, II, 11-10-2007, n. 3468).

La problematica è stata approfondita negli anni successivi sempre dai Tribunali amministrativi di primo grado, che hanno progressivamente abbandonato la precedente rigida posizione.

Di particolare interesse risulta al riguardo la pronuncia del TAR Marche, I, 3-6-2009, n. 464, dove si riconosce una minore rilevanza ai prezziari regionali; si legge per esempio che “E' pacifico che l'amministrazione non possa determinare arbitrariamente il prezzo di riferimento della gara, dovendo regolarsi in maniera tale che le offerte che conseguono alla pubblicazione del bando non siano manifestamente inadeguate rispetto alla prestazione richiesta, ed in tale contesto il prezzario di riferimento corrente rappresenta perlomeno uno dei parametri in base al quale va condotta tale verifica di adeguatezza. (…) … la contestazione relativa all'attualità dei prezziari non assume valore di per sé ma solo in quanto l'avere adottato un prezziario non attuale determini un apprezzabile e significativa incidenza sul costo delle singole voci di progetto e conseguentemente sul prezzo a base d'asta, ma restava pur sempre alla stazione appaltante l'onere di procedere a tale opportuna verifica una volta emersa che la base di gara derivava da un prezziario non attuale, circostanza di per sé idonea ad ingenerare perplessità sulla sua rispondenza ai prezzi correnti ed in ultima analisi sulla remuneratività del prezzo di aggiudicazione”.
“Nella misura in cui la ASUR, in quanto stazione appaltante, non è dotata di un proprio prezziario, il principio di cui all'art. 133 del Codice degli appalti andava perciò applicato evidenziando le ragioni per cui si faceva ricorso ad un prezziario non proprio e per di più risalente nel tempo, chiarendo, attraverso una rigorosa analisi dei prezzi, che la base d'asta corrispondeva comunque ai prezzi correnti di mercato ed era perciò sufficientemente remunerativa per le imprese partecipanti”.

In altre parole “L'obbligo di aggiornare annualmente il prezziario regionale, è cedevole ove il committente alleghi specifico documento di analisi dei diversi prezzi, redatto dal progettista e riportante i relativi articoli di riferimento” (TAR Piemonte, Torino, I, 26-10-2009, n. 2330), in quanto detto compitoè “riservato a ciascuna stazione appaltante, nell'ambito dell'autonomia riconosciuta dal sistema ordinamentale” (TAR Veneto, Venezia, I, 14-9-2010, n. 4754).

A tal fine il R.U.P. può esprimere parere contrario all'aggiornamento dei prezzi rilevando l'incidenza di alcuni elementi significativi sui costi di realizzazione … sulla base di parametri altamente attendibili forniti da fonti ufficiali forniti da ISTAT e Confidustria Siracusa” (TAR Sicilia, Catania, I, 1°-12-2010, n. 4569).

In maniera più autorevole il Consiglio di Stato, scrutinando alcune delle sentenze di primo grado citate, ha sconfessato l'interpretazione del TAR, riformando diverse pronunce.

Nella sentenza della Sezione V, in data 16-8-2010, n. 5702, si afferma infatti che  “Il compito di aggiornare i prezzi è dunque riservato a ciascuna stazione appaltante, nell'ambito dell'autonomia riconosciuta dal sistema ordinamentale” e quindi “il tariffario regionale non può essere considerato vincolante, pur potendo costituire la base per avere una certa uniformità dei prezziari”. Nella fattispecie “La s.a. nell'adottare un proprio prezziario ha adottato “il criterio statistico, costituito dalla riscontrata media del 30% dei ribassi percentuali praticati dalle imprese aggiudicatarie degli appalti indetti dal comune nel biennio 2007/08”. “Il dato della media dei ribassi, esteso ad un numero di gare e ad un periodo di riferimento significativo, può costituire idoneo presupposto per l'adozione di un atto generale, che deve essere adottato sulla base di una adeguata istruttoria, ma che in quanto tale non necessita di una estesa motivazione, anche seguendo l'interpretazione più evolutiva circa i limiti di applicazione agli atti amministrativi generali delle norme sul procedimento amministrativo”.

Più di recente la stessa Sezione V, in data 13-5-2011, n. 2896 ha ribadito che “Non è corretta la tesi, secondo cui la congruità di una offerta con particolare riguardo ai costi dei materiali possa essere verificata solo sulla base di costi standardizzati; infatti, la norma richiamata dalla stesse appellanti (art. 89, comma 2, d.lgs. n. 163/06) prevede che “Salvo quanto previsto dall'articolo 26, comma 3, legge 23 dicembre 1999, n. 488, a fini di orientamento le stazioni appaltanti prendono in considerazione i costi standardizzati determinati dall'Osservatorio ai sensi dell'articolo 7, gli elenchi prezzi del Genio civile, nonché listini e prezziari di beni, lavori, servizi, normalmente in uso nel luogo di esecuzione del contratto, eventuali rilevazioni statistiche e ogni altro elemento di conoscenza”. “Da un lato, il riferimento a listini e prezziari è solo “ai fini di orientamento” e, dall'altro lato è consentito il ricorso ad “ogni altro elemento di conoscenza”, senza alcun limite, quindi, per eventuali indagini di mercato compiute dalla stazione appaltante”.

Non solo, la massima autorità giudiziaria amministrativa ha anche respinto la tesi sostenuta da alcuni Tribunali (per es. TAR Umbria, Perugia, I, 7-6-2008, n. 247) circa la legittimazione delle ditte che non hanno partecipato al bando, ad agire in giudizio contro  l'amministrazione per contestare la congruità dei prezzi. Infatti “L'impugnazione di un bando di gara è consentito dalla giurisprudenza amministrativa, alle imprese che non abbiano presentato domanda di partecipazione alla gara medesima soltanto quando il bando stesso preveda delle norme che non consentono la partecipazione alla gara indetta, nel senso che se le imprese suddette avessero partecipato alla gara, sarebbero state sicuramente escluse, mentre nel caso di specie ciò non è, in quanto le censure si appuntano non sulla impossibilità di partecipare alla gara, alla quale sarebbero state sicuramente ammesse, se in possesso dei requisiti richiesti, ma sulla ritenuta difficoltà di poter formulare un'offerta remunerativa (…), il che è assolutamente diverso dalla presenza di norme che non consentono neppure la partecipazione (si vedano, sul punto, conformemente a quanto in questa sede argomentato, Cons. St., ad. plen., n. 1 del 2003 e Sez. V, n. 4338 del 2009).

Il Consiglio di Stato ha anche sostenuto che “l'onere dell'aggiornamento dei prezzari di cui all'art. 133 del decreto legislativo n. 163 del 2006, non è una norma cogente, ma soltanto una indicazione alle amministrazioni aggiudicatrici di prendere in considerazione le variazione dei prezzi secondo un costante aggiornamento. Ciò non significa, però, che le amministrazioni siano obbligate a porre a base del loro computo estimativo i suddetti prezzari, anche in considerazione della generale illegittimità comunitaria dei minimi tariffari inderogabili; le stazioni appaltanti possono scegliere una base di calcolo che ritengano più opportuna in ordine alle contingenze che riguardano l'appalto che va in gara, per cui, le imprese che valutano di non poter partecipare alla gara sulla base di quel computo estimativo, possono decidere di non presentare offerte, mentre mai possono imporre all'amministrazione una base d'asta che possa essere per loro maggiormente conveniente da un punto di vista economico” (Cons. Stato, V, 1.4.2011, n. 2033).

Risultano altresì interessanti le sentenze in cui si è valutata l'eccepita incongruità dei prezzi adottati dall'amministrazione, individuando degli elementi di prova contraria nella presentazione di n. 40  domande di partecipazione (Cons. Stato, V, 12-6-2009, n. 3745), ovvero da altri indizi, come affermato dal TAR Sardegna, Cagliari, I, 31-12-2012, n. 1191, secondo cui: “Che la base di gara fosse "incongrua" è smentito dal fatto stesso che invece l'aggiudicataria ha potuto offrire un ribasso del 2% sui prezzi e ha anche potuto proporre talune soluzioni migliorative”(…)
In ogni caso l'evidenziata discrasia con il prezziario regionale è stata riferita ad alcuni "prezzi" (13) che rappresentano una minima parte delle oltre 500 voci poste a base d'asta e che hanno una incidenza assolutamente marginale (per meno del 5%) rispetto alle lavorazioni complessive (..).L'utilizzo del prezziario regionale non era dunque obbligatorio”.

Alla luce dell'ampio esame della normativa, dei pareri dell'AVCP e della giurisprudenza, si può dunque affermare che l'Amministrazione abbia ampio spazio nella determinazione del costo complessivo da porre a base d'asta, potendo utilizzare sia il prezziario regionale, che i listini della zona, ovvero specifiche analisi dei prezzi, disponendo di un'estesa discrezionalità tecnica al riguardo.

L'Ente può anche operare un ribasso generalizzato sui prezziari in vigore, tenendo conto delle offerte vincitrici delle gare esperite dall'Amministrazione nel biennio precedente; può anche considerare altre condizioni peculiari, senza necessità di analizzare tutte le voci dell'elenco prezzi.

La stessa normativa non manca di far riferimento in più occasioni anche alla copertura finanziaria ed alla compatibilità dei costi indicati nel progetto, che devono essere sempre garantite in ogni fase.

Di conseguenza non può ritenersi illegittimo il bando solo perché l'importo a base d'asta è inferiore al costo stimato sulla scorta del prezziario regionale, dovendosi presumere che, in sede di redazione del progetto, la determinazione dei parametri economici sia avvenuta con adeguata metodologia.

Come si è detto, il compito di verificare che i prezzi riportati nella documentazione progettuale siano stimati correttamente spetta al responsabile del procedimento, che nell'atto finale di validazione si esprime anche su tale aspetto.

D'altro canto le imprese che ritengono non conveniente l'importo di gara, non sono obbligate a presentare offerte e comunque non possono imporre all'amministrazione una base d'asta per loro maggiormente conveniente.

Avv. Mirko Trapè - mirkotrape@alice.it

Data: 08/10/2013 12:20:00
Autore: Avv. Mirko Trap�