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Guida in stato di ebbrezza: sanzioni, accertamento, etilometro, rilevanza di patologie e di farmaci assunti



di FilippoLombardi - SOMMARIO: Introduzione; 1. Trattamento sanzionatorio; 2.Accertamento dello stato di ebbrezza; 2.1.Il rifiuto di sottoporsi all'accertamento del tasso alcolemico; 2.2. Natura dell'accertamento e dirittoall'avvocato; 2.3. Controllo delrisultato fornito dall'apparecchio: rilevanza dei centesimi e del buonfunzionamento dello strumento; 2.4. Influenzadelle patologie e dei farmaci sullo svolgimento dell'accertamento conetilometro.

Introduzione.

L'articolo 186 del Codice della Stradavieta la guida in stato di ebbrezza, cioè quella conseguente all'uso di bevandealcoliche (il successivo art. 187 C.d.S. si occupa del simile caso di guida instato di alterazione dovuto all'assunzione di sostanze stupefacenti).

In primo luogo, è bene chiarire in cosaconsista specificamente la fattispecie illecita (che potrà avere risvoltipenali o amministrativi). Si parla, infatti, di “guida” in stato di ebbrezza, legandosi il concetto alla vicendacircolatoria di veicoli, escludendosi dunque il caso in cui il conducente instato di ebbrezza si trovi presso un'area di sosta a veicolo fermo e ivi vengacontrollato il suo stato dalle forze dell'ordine.

Infatti, l'eventuale rilevazione dellostato di ebbrezza relativo ad un soggetto fermo, benché in stato di alterazioneda assunzione di alcol, non varrà a sanzionarlo senza elementi probatori cheattestino che il soggetto abbia guidato fino a tale luogo già in stato diebbrezza (Cass. pen., sez. V, 30209/2013).

La volontà del Legislatore di sanzionarela guida in stato di alterazione dei processi cognitivi e reattivi hapalesemente una funzione preventiva, intendendosi evitare, con lo strumentorepressivo di comportamenti antecedenti, che si verifichino consequenzialisinistri stradali con eventi potenzialmente nefasti.

E' infatti principio scientifico oramaiaccreditato che l'assunzione di sostanze alcoliche comporti un peggioramentodelle facoltà mentali e un rallentamento dei riflessi, a ciò conseguendogeneralmente una instabilità nella guida e dunque un pericolo per se stessi eper i terzi coinvolti nella circolazione stradale. Sussistono, d'altronde,ancora diatribe in corso rispetto alla necessità o meno di differenziare ladisciplina applicabile in base ad età, sesso, ed altri parametri che mirano adindividualizzare maggiormente la condizione psico-fisica del soggetto coinvoltoe gli effetti su di essa di un dato quantitativo di alcool.

1. Trattamento sanzionatorio.

Come si anticipava, il trattamentosanzionatorio varia a seconda dei casi, o meglio, a seconda del tassoalcolemico (grammi per litro):

A)se il tasso è inferiore o equivalente a 0.5 g/l, la fattispecie non presentaalcun profilo di illiceità;

B)se il tasso è superiore a 0.5 g/l e inferiore o equivalente a 0.8 g/l, siapplicheranno: una sanzione pecuniaria (rilevanza amministrativa) che oscilladai 527 ai 2108 euro e la sospensione della patente da 3 a 6 mesi. La sanzioneè raddoppiata nel caso in cui il conducente in stato di ebbrezza produca unincidente stradale e si applica il fermo amministrativo fino a 180 giorni (art.186 comma 2bis) salvo che il veicolo appartenga ad un soggetto estraneo allafattispecie illecita.

C)se il tasso supera gli 0.8 g/l ma non 1.5 g/l, si ha una fattispecie penalmenterilevante (competenza del Tribunale in composizione monocratica), che comportala pena dell'ammenda da euro 800 ad euro 3200 (sanzione aumentata da un terzoalla metà se l'infrazione è commessa dopo le ore 22 e prima delle ore 7) nonchél'arresto fino a 6 mesi e la sospensione della patente da 6 mesi ad un anno. Lasanzione è raddoppiata nel caso in cui il conducente in stato di ebbrezzaproduca un incidente stradale e si applica il fermo amministrativo fino a 180giorni (art. 186 comma 2bis) salvo che il veicolo appartenga ad un soggettoestraneo alla fattispecie illecita.

D)se il tasso alcolemico supera 1.5 g/l, si ha ancora rilevanza penale(competenza del Tribunale in composizione monocratica) e la fattispeciecomporta l'irrogazione dell'ammenda da euro 1500 a euro 6000 (sanzioneaumentata da un terzo alla metà se l'infrazione è commessa dopo le ore 22 eprima delle ore 7), ed altresì l'arresto da 6 mesi ad un anno e la sospensionedella patente di guida da 1 a 2 anni (durata della sospensione da raddoppiarese il veicolo utilizzato dal conducente appartiene ad altro soggetto estraneoal reato).

Si applica, con la sentenza di condanna(anche conseguente a patteggiamento ed anche in caso di sospensionecondizionale della pena), il provvedimento ablatorio della confisca delveicolo, salvo che esso appartenga ad un soggetto terzo rispetto al reato. Ilconcetto di “appartenenza” è statoapprofondito dalla Giurisprudenza di Legittimità (Cass. 26 febbraio 2010), atteggiandosi come nozione sostanziale enon tecnico-formale: appartenenza vuol dire concreto dominio fattuale sullacosa, slegato da una formale intestazione.

La patente è revocata nel caso direcidiva infrabiennale.

La sanzione è raddoppiata nel caso incui il conducente in stato di ebbrezza produca un incidente stradale, e siapplica il fermo amministrativo fino a 180 giorni (art. 186 comma 2bis), salvoche il veicolo appartenga ad un soggetto estraneo alla fattispecie illecita.

Nelcaso specifico in parola (valore alcolemico superiore a 1.5 g/l), il soggettoche cagiona un sinistro in stato di alterazione psico-fisica derivante da alcolè assoggettato alla revoca della patente, salvi in ogni caso i provvedimenti diconfisca e di sequestro di cui alla lettera c) del comma 2, art. 186C.d.S.

L'aggravanteche interessa le fattispecie dai risvolti penali (lettere C e D) è prevalenterispetto alle eventuali attenuanti. Essa dovrà essere applicata per prima e,solo successivamente, sulla pena così ottenuta, andranno applicate leattenuanti.

2. Accertamento dello stato diebbrezza e focus sull'etilometro.

Per l'accertamento dello stato diebbrezza rilevano tre commi dell'articolo 186 c.d.s., vale a dire i commi 3, 4e 5. Per una comprensione più organica, è utile partire dal comma quinto edeffettuare una lettura “a ritroso”.

Il comma quinto si applica se ilconducente ha cagionato un incidente e deve usufruire di cure mediche,consentendo alle forze dell'ordine di chiedere alla struttura sanitaria ilresponso in merito al tasso alcolemico e alle condizioni fisiche conseguenti alsinistro stradale. Se possibile (si tratta dei casi di sinistri che nonproducano la necessità di ricevere assistenza sanitaria), gli agenti dipolizia, contrariamente a quanto asserito pocanzi, possono rilevare lo stato diebbrezza mediante alcooltest, anche accompagnando il soggetto presso il piùvicino ufficio o comando.

Negli altri casi non correlati aincidenti stradali, gli organi accertatori (es. Polizia Stradale, Carabinieri,Vigili Urbani) sottopongono gli utenti della strada ad alcooltest mediante l'etilometro, secondo quanto sancitodall'art. 186 co. 4 C.d.S., letto in combinato disposto con l'art. 379 commi 1e 4 del D.P.R. 495/1992 (Regolamentoattuativo del Codice della Strada).

L'etilometro è uno strumento che puòrilevare la presenza di etanolo nell'aria espirata (c.d. “B.R.A.C.”: Breath RatioAlcohol Concentration), il quale viene espulso tramite l'apparatorespiratorio sempre in quantità proporzionale a quella contenuta nel sangue nelpreciso istante in cui si espira.

Ecco perché, attraverso un sistema dicalcolo e conversione, l'etilometro segnala la quantità di alcool presente nelsistema circolatorio (grammi per litro).

L'Allegato al Decreto Ministeriale196/1990 considera il rapporto fra la concentrazione alcolemica nell'espirato equella presente nel sangue nella misura di 2300:1.

La giurisprudenza più recente, sullascorta di quanto espresso dall'art. 1 co. 2 del Decreto Ministeriale 196/1990 edal comma 2 dell'art. 379 cit. Reg. Cod. Strada, ha rammentatol'obbligatorietà, per gli agenti di polizia, di effettuare almeno due verifichead intervallo di cinque minuti e, tra i risultati ottenuti, di considerarerilevante quello col valore inferiore (Cassazione,23 aprile 2013, n. 18375; Cassazione 3346/2009; Cassazione 16478/2008); idue accertamenti non possono essere sostituiti dalla combinazione di unaccertamento tecnico con un controllo sintomatico.

Nel verbale redatto dall'organoaccertatore, sia nei casi di controllo avvenuto, sia nei casi in cui deve esserecomunicato il rifiuto di sottoporvisi, devono in ogni caso essere indicate lecircostanze sintomatiche dello stato di instabilità derivante da assunzione dialcool (“stato del soggetto e condotta diguida”, ex art. 379 cit. comma 3).

Nei casi in cui il controllo conetilometro sia impossibile o invalido, il giudice ha la facoltà, dacristallizzare in una congrua motivazione, di basarsi sul riscontro di elementisintomatici ricollegabili secondo massime empiriche allo stato di ebbrezza (Cass. pen., sez. IV, 39057/2004).

Se la rilevanza penale non emerge inmaniera significativa da tali sintomi, deve propendersi per quella meramenteamministrativa (Cassazione, 7 giugno2012, n. 27940, richiamata da Cass.35303/2013; Cass. pen., sez. IV, 27 giugno 2012, n. 25399).

2.1.Il rifiuto di sottoporsi all'accertamentodel tasso alcolemico.

L'articolo 186 comma 7 c.d.s. sanziona,con le pene previste per l'ipotesi di cui alla lettera D) del paragrafo 1 delpresente scritto (vale a dire l'ipotesi penalmente rilevante più grave), ilconducente che rifiuti di sottoporsi all'accertamento del tasso alcolemico surichiesta delle Forze di Polizia, in virtù dei commi 3, 4 e 5 del citatoarticolo.

La Cassazione ha chiarito i contornidella fattispecie penale in parola con due recenti sentenze: Cass. pen., sez. IV, 31 maggio 2012, n.21192 e Cass. pen., sez. IV, 6febbraio 2013, n. 5909.

Con la prima, ha escluso il reato nelcaso in cui al conducente fermato venga richiesto, dagli agenti di polizia, diseguirli sino ad un comando di polizia stradale molto distante dal luogo ove ilprimo veniva fermato (nel caso di specie, si trattava di circa 30 km) al finedi sottoporsi all'accertamento di cui al comma 3 dell'art. 186 c.d.s.

La Corte, per concludere nel senso dellaliceità della condotta del soggetto agente fa innanzitutto riferimentoall'impossibilità di accompagnamento coattivo da parte degli agenti, poiché, seesso fosse possibile, emergerebbe dal tessuto letterale del comma 3 cit.secondo il principio di legalità; in secondo luogo si pone l'accento sullaviolazione della “porzione” della norma (comma 4) che recita “accompagnandolo presso il più vicino ufficioo comando”. Il luogo ove gli agenti avrebbero condotto il soggetto fermatonon sarebbe stato “il più vicino” edunque sarebbe risultata lesa la libertà personale del soggetto, costretto aspostarsi fino a coprire una distanza intollerabile.

La decisione della Corte, pur risolvendola controversia con assoluta ragionevolezza e applicazione di principifondamentali dell'ordinamento, consente un'osservazione.

La Corte, infatti, decide sul casoescludendo che la fattispecie penale si specchi nei commi da 3 a 5 dell'art.186 cds: non si applica il comma 5 poiché non si è verificato un incidentestradale; non si applica il comma 4 perché esso presuppone uncontrollo/accertamento preventivo (di cui al comma 3); non si applica il comma3 poiché esso non conferisce la possibilità di accompagnamento coattivo delconducente.

Pur escludendo che il reato di cui alcomma 7 del citato articolo si colleghi ad alcuno dei commi da 3 a 5, la Corterisolve il caso asserendo (in via aggiuntiva) che il comma 4 non siaapplicabile poiché non si concretizzava l'accompagnamento presso il “piùvicino” ufficio o comando.

I Giudici di Legittimità, in altritermini, effettuano una “superfetazione interpretativa” laddove vanno aconsiderare non operante una norma di cui è stata già asserital'inapplicabilità per altre vie, costruendo sul secondo motivo, giàconsiderabile “assorbito” nel primo, una seconda ragione di liceità dellacondotta, ultronea rispetto alla prima.

Quasi a voler dire, in sintesi, che,seppure la fattispecie penale si fosse retta mediante il ricorso all'art. 186co. 3 cds, il potere di accompagnamento degli agenti sarebbe stato “annullato”dalla improponibile distanza tra il luogo in cui il conducente veniva bloccatoe quello in cui lo stesso avrebbe dovuto subire accertamenti.

Con la seconda sentenza citata, del2013, la Suprema Corte ha ricordato la natura giuridica del reato: si tratta direato istantaneo che si perfeziona col rifiuto. Nel momento in cuil'interessato ha espresso la propria contrarietà ad essere sottopostoall'accertamento, la fattispecie penale si consuma, non essendo rilevante uneventuale “ritorno sui propri passi”.

Vale la pena sottoporre il“ravvedimento” del soggetto al vaglio ex art. 62 n. 6 cod. pen., relativamenteall'ultimo inciso “essersi adoperatospontaneamente ed efficacemente per elidere o attenuare le conseguenze dannose opericolose del reato”.

Per comprendere se vi possano essereconseguenze dannose o pericolose del reato di mancata sottoposizione adaccertamento, bisogna valutare quale sia il bene giuridico protetto dallanorma.

Ad una valutazione accorta, pare atteggiarsicome esigenza di non frustrare l'attività di controllo degli agenti di polizia,attività che proietta la sua funzione verso l'incolumità pubblica.

Dal reato così descritto non sorgonoconseguenze dannose: il bene giuridico è leso ma non conseguono altri effetti lesividi alcun tipo.

E' forse possibile considerareconseguenza pericolosa la possibilità stessa che il conducente si rimetta allaguida, potenzialmente in assenza di lucidità mentale. Verrebbe da dire che, sel'utente richieda spontaneamente di essere sottoposto a nuovo controllo, eglistia cercando di elidere le conseguenze pericolose citate.

Il suo tentativo di eliminare talipotenziali effetti pregiudizievoli non può dirsi però automaticamente “efficace”,in quanto non sussiste in capo agli agenti di polizia un obbligo di assecondarela richiesta del soggetto; si dovrebbe allora ammettere l'operativitàdell'attenuante solo nel caso (forse più astratto che concreto) in cui gliagenti soddisfino l'istanza del conducente e, sottoponendolo a nuovoaccertamento, rilevino l'assenza di un tasso alcolemico che comporti unafattispecie illecita.

In questo caso, infatti, il reato si consumacol primo rifiuto ma la condotta successiva del guidatore si rivela spontaneaed efficace ai fini di eliminare i pericoli post-reato.

Al di là di questi casi, la condottadell'automobilista potrebbe essere valutata solo ai fini del riconoscimentodelle attenuanti generiche di cui al successivo art. 62-bis c.p.

2.2. Natura dell'accertamento ediritto all'avvocato.

Molteplici sono le questioni da analizzare,inerenti il controllo mediante etilometro (anche detto “alcooltest”): in primis quellarelativa alla natura dell'accertamento.

Si tratta di un accertamento tecnico nonripetibile che, stando ai principi processualpenalistici, richiede che il soggettoda sottoporre a controllo sia avvisato della facoltà di farsi assistere da undifensore. Se l'avviso non viene effettuato, l'utente può far valere la nullitàdell'atto prima dell'accertamento, subito dopo che esso sia stato ultimato oentro 5 giorni successivi al deposito dell'apposito verbale presso la Procura.

Nel caso in cui la mancanza di avvisonon venga eccepita, il controllo sarà regolare e il conducente subirà leeventuali sanzioni nei termini di legge (di recente, Cass. sent. n. 36009/2013).

Spiega utilmente in tal senso ilTribunale di Cassino, Sez. Penale, con sentenza n. 334/2011: “Quanto all' avviso dellafacoltà di farsi assistere da un difensore in occasione dell'accertamentoalcoli metrico, di cui la difesa lamenta l'omissione da parte della poliziagiudiziaria procedente, osserva il Tribunale che l'accertamento strumentale perl'individuazione dello stato di ebbrezza (cosiddetto alcooltest), costituisceatto urgente sullo stato delle persone disciplinato dall'art. 354 c.p.p. alquale il difensore può assistere in virtù del successivo art. 356, senzadiritto a essere previamente avvisato del compimento dell'atto. Di questafacoltà la persona sottoposta alle indagini deve essere avvisata (art. 114delle disposizioni di attuazione c.p.p.), ma non è a tal fine prevista lanomina di un difensore di ufficio. Se difetta l'avvertimento si verifica nongià una nullità assoluta, ma soltanto una nullità a regime intermedio”.

2.3. Controllo del risultatofornito dall'apparecchio: rilevanza dei centesimi e del buon funzionamentodello strumento.

La giurisprudenza di legittimità (Cassazione, 30 marzo 2004, n. 45070;Cassazione 24 marzo 2011, n. 17463) segue tragitti interpretativi daisolchi oramai netti. Si legge nella sentenza pocanzi citata: “In tema di guida in stato di ebbrezza,l'esito positivo dell'alcooltest costituisce prova della sussistenza dellostato di ebbrezza ed è onere dell'imputato fornire eventualmente la provacontraria a tale accertamento dimostrando vizi od errori di strumentazione o dimetodo nell'esecuzione dell'aspirazione [...]”.

In altri termini, il risultato fornitodall'alcoltest, qualora dimostrativo del superamento dei limiti consentitidalla normativa del Codice della Strada, può essere confutato dalla prova, daparte del soggetto sottoposto al controllo, di errori, vizi, metodologie diaccertamento errate e (può aggiungersi) di influenza di patologie o di farmaciprecedentemente assunti.

La questione va però approfondita.

Innanzitutto, il valore risultante dall'etilometrocomporta alcune precisazioni:

1) secondo la giurisprudenza di merito, bisognatenere in considerazione un margine di errore del 4%, il che già consente diaumentare la soglia consentita di tasso alcolemico (Giudice di Pace Cesena 8 febbraio 2012, che richiama Corte d'Appello Trieste, sez. I penale, n.507/2008). Tali impostazioni ermeneutiche hanno segnato un distaccorispetto agli insegnamenti di Legittimità, i quali al contrario sostengono cheil margine di errore sia già “assorbito” nel valore del tasso normativamenteprevisto (Cass. pen. 12904/2010).

2) i centesimi non sono rilevanti, acausa del silenzio legislativo, il quale non lascia deporre in senso contrario.Ciò consente dunque di ritenere che il soggetto nei cui confronti l'etilometrosegnali un tasso alcolemico di 0.59 g/l si assesti su una fattispecie diliceità, in quanto il reale valore emergente sarebbe 0.5 g/l (in termini, lasentenza già richiamata del Giudice diPace Cesena); la Giurisprudenza di Legittimità contrasta tale impostazioneermeneutica, sulla scorta di un'osservazione legata in maniera inscindibile altessuto letterale delle norme. Si statuisce, infatti, che il centesimo non puòessere ritenuto tamquam non esset,altrimenti da ciò conseguirebbe la necessità di “spostare in avanti” di ungrammo per litro ogni valore segnalato nell'articolo 186 C.d.S. (Cass. pen., sez. IV, 6 aprile 2010, n. 12904).Con maggiore impegno espressivo, la necessità di approssimare produrrebbe unaindebita interferenza col testo della norma, da interpretare, al contrario, inmodo da avere un riscontro pratico nella realtà dei fatti.

3) di maggiore pregnanza, la quale deveportare l'organo giudicante a decisioni ragionevoli e logicamente rigorose,godono le ipotesi in cui lo strumento utilizzato per il test riveli, prima facie e senza bisogno didelucidazioni ulteriori, una deficienza tecnica che porti a risultati paradossalio contraddittori idonei a far rientrare la fattispecie nell'alveo penalmenterilevante. E' il caso prospettato di recente alla Corte di Legittimità (sentenza 35303/2013), che vedeva unsoggetto essere condannato in appello dalla Corte territoriale di Brescia dopoche, sottoposto lo stesso ad alcooltest, l'etilometro aveva segnato il valorealcolemico penalmente rilevante accanto alla dicitura “volume insufficiente”.

La Corte di Cassazione, ribaltando unverdetto di secondo grado che ometteva di conferire rilevanza al contrasto trai dati segnalati dallo strumento, statuiva che la prova con etilometro fosse daconsiderare “inesistente”, potendosi al massimo fondare la sanzionesull'accertamento qualitativo di tipo sintomatico (il quale, nel caso dispecie, portava ad escludere la rilevanza penale e ad ammettere quellaamministrativa, in forza di elementi quali: l'alito vinoso, gli occhi lucidi,l'instabilità, la parlantina “impastata”).

Non si comprendeva (e talecontraddizione non era oggetto di idonea motivazione del giudice d'appello)come la segnalazione di volume insufficiente a trasmettere dati relativi altasso alcolemico potesse ben combinarsi con quella relativa al riscontro ditali dati.

2.4. Influenza delle patologie edei farmaci sullo svolgimento dell'accertamento con etilometro.

La rilevanza di patologie di cui ilconducente soffre o di farmaci da lui assunti prima del controllo può esserescissa in due tipologie: la rilevanza ai fini della “percorribilità”dell'accertamento con etilometro e la rilevanza ai fini dell'attendibilità deirisultati a cui tale accertamento giunge.

Sul primo versante, si vuole intendereche la condizione morbosa o patologica (non l'assunzione di farmaci) cheaffligge il soggetto può costringere gli organi accertatori ad escludere alcunemodalità di controllo. E' il caso del soggetto asmatico (Cass. sent. n. 25399/2012 già in precedenza richiamata) che, acausa della sua condizione, non riesce ad affrontare l'alcooltest. In taleevenienza, l'unico accertamento possibile è quello qualitativo sintomatico, peril cui svolgimento e per i cui esiti si rinvia al paragrafo 2.

Sul secondo versante, ci si chiede se,nel caso in cui le predette patologie o l'assunzione di farmaci abbianocontribuito a innalzare la soglia del tasso alcolemico oltre i valoriconsentiti, possa attribuirsi rilevanza a tali fattori, in senso favorevole alconducente, considerando dunque erronei i risultati mostrati dallo strumentariotecnico.

Anche rispetto a questi contenuti,bisogna scindere la questione in due tronconi: da un lato le patologie,dall'altro i farmaci.

Le patologie possono rilevare al fine digiustificare l'utente della strada, in particolar modo considerati il bassotasso alcolemico rilevato (ma che comunque oltrepassi la soglia del consentito)e l'assenza di altri fattori sintomatici dell'ebbrezza; ciò qualora non siintenda fugare ogni dubbio mediante prelievo ed analisi del sangue.

Sull'assunzione di farmaci, lagiurisprudenza è più rigorosa.

Nel caso in cui il tasso alcolemicooltre i limiti consentiti sia derivato dalla sola assunzione di farmaci (è oneredella parte dimostrarlo), essa si pone come unico fattore eziologicamenterilevante ai fini dell'illecito e dunque il soggetto coinvoltonell'accertamento potrà beneficiare dell'esclusione della sanzione. E' il caso(Tribunale di Milano, sez. VIII penale,15 marzo 2011) di un soggetto il quale, sofferente di bronchite cronicaasmatica, prima del test aveva utilizzato uno sciroppo e un colluttorioantibatterico ed era stato riscontrato positivo all'alcoltest, venendo poiscagionato dalla consulenza tossicologica richiesta dalla difesa.

Se il risultato sfavorevole mostratodall'etilometro è prodotto dall'influsso combinato di alcol e farmaci, ilsoggetto incorre in sanzione, per applicazione di un principio generale chevieta l'imprudenza. Si intende con ciò dire che ogni conducente mediamenteattento può ben comprendere, già in via anticipata e prima di porsi alla guida,che il mix di più sostanze eterogeneepuò comportare degli “sbalzi” in termini di effetti normalmente riconducibiliall'alcol.

In quest'ultimo caso, in sintesi, vieneesclusa la possibilità di ammettere l'errore scusabile del conducente, inquanto egli è ritenuto rimproverabile per la propria condotta poco“lungimirante” (cfr. Corte d'AppelloMilano, sez. II, 7 giugno 2007).

Data: 18/09/2013 11:00:00
Autore: Filippo Lombardi