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Obblighi di FEDELTÀ : Licenziamento legittimo per Concorrenza alla propria azienda



Di  Maurizio Tarantino - Cassazione Civile Sez. Lavoro n. 19096 del 9agosto 2013

Nell'ordinamentoitaliano il rapporto di lavoro è il rapporto giuridico che ha origine dal contratto di lavoro  caratterizzato da: l'obbligazione in capo al datore di lavoro dellaretribuzione e l'obbligazione in capo al lavoratore della prestazionelavorativa.

Come noto, infatti, l'imprenditore è posto a capo dell'impresa e da lui dipendonogerarchicamente i suoi collaboratori (art. 2086 c.c.).

Diconseguenza, l'obbligazione assunta dal lavoratore lo vincola a sottoporsi alledirettive del datore, il quale non è titolare di una semplice pretesa allaprestazione, ma anche di un potere direttivo sulla sua esecuzione.

Ebbene,in virtù di quanto sopra esposto sull'obbligatorietà della prestazione,tuttavia la legge pone a carico del lavoratore ulteriori obblighi (c.d.integrativi) che concorrono a definire la prestazione lavorativa ed il suomodo di essere; tra questi, assume particolare importanza l'obbligo di Fedeltà sancito dall'art. 2105 del codice civile

Esso, rientratra i c.d. obblighi diprotezione a tutela del creditore e consiste nel divieto, da parte delprestatore di lavoro durante il periodo lavorativo contrattualmente previsto, di svolgere attività in concorrenza conl'impresa e di divulgare o quantomeno utilizzare notizie inerenti organizzazionee metodi dell'impresa stessa, tale da poter arrecarle pregiudizio.

Sievidenzia che il contratto di lavoro individuale non regola le suddetteobbligazioni lavorative, ma fa esclusivamente riferimento ad esse, citando irelativi articoli nelle disposizioni contrattuali (se il contratto di lavoro individuale non facesse espresso riferimentoa tali obblighi, il lavoratore sarebbe comunque, ugualmente obbligato allafedeltà, nei confronti del datore di lavoro, per legge).

Premesso tutto quanto innanzi esposto, nel caso di cui ci si occupa,  la Suprema Corte di Cassazione con  la sentenza n. 19096 del 9agosto 2013 ha affermato la legittimità di un provvedimento dilicenziamento intimato ad un dipendente di un laboratorio di analisi che,durante l'esecuzione del rapporto, aveva partecipato ad una srl, ubicata nellevicinanze, finalizzata alla creazione di uno studio medico associato.

Pergli Ermellini, nel caso di specie, si è trattato dellaviolazione dell'art. 2105 c.c., in base al quale il prestatore di lavoronon deve trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza conl'imprenditore, né divulgare notizie attinenti all'organizzazione e ai metodidi produzione dell'impresa, o farne uso in modo da poterle recare pregiudizio.

Igiudici di legittimità spiegano che l'obbligo di fedeltà a carico dellavoratore subordinato va collegato ai principi generali di correttezza ebuona fede di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c. Tale obbligo, quindi, imponeal dipendente di tenere un comportamento leale nei confronti delproprio datore, astenendosi da qualunque atto che possa nuocergli, anchepotenzialmente.

Inoltre,come già sottolineato (si veda, tra lealtre, Cass. n. 6654/2004), integraviolazione del dovere di fedeltà ed è potenzialmente produttiva di danno lacostituzione, da parte di un dipendente, di una società per lo svolgimentodella stessa attività economica del datore di lavoro.

Pertantoalla luce di quanto statuito dalla Cassazione il lavoratore non deve porre inessere i comportamenti espressamente vietati dall'art. 2105 c.c., ma anche evitare qualsiasi altraattività che, per la natura e lepossibili conseguenze, risulti in contrasto con i doveri connessi alsuo inserimento nella struttura e nell'organizzazione dell'impresa, compresa lamera preordinazione di un'attività contraria agli interessi del datore dilavoro, potenzialmente produttiva di danno.

Inaltri termini, gli estremi dell'intenzionalitàdell'infrazione sono integrati anche solo dalla previsione che possanoverificarsi effetti dannosi per gli interessi del datore, vale a dire la consapevolezza dellapotenzialità lesiva della condotta del lavoratore.

Difatti,il rimedio per l' “errore”commesso non può essere la dismissione della partecipazione; un gesto tardivoche non evita la fine del rapporto fiduciario, irrimediabilmente compromessodopo la scoperta che il dipendente aveva una propensione a non curare gliinteressi dell'azienda per cui lavorava; anzi attivandosi per farleconcorrenza

Inconclusione, la Corte Suprema, ha ritenuto chenel momento stesso in cui il lavoratore costituisce una società con il medesimooggetto sociale e sede contigua rispetto a quella di cui èdipendente, per il lavoratore può prefigurarsi che la propria condotta siapotenzialmente lesiva; per questo l'obbligo di fedeltà deve considerarsiinfranto anche in caso di attività «soloprogettuali per la costituzione di una società operante in concorrenza conl'impresa del datore di lavoro».

 

Dott.Maurizio Tarantino

 

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Data: 13/08/2013 10:00:00
Autore: Maurizio Tarantino