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Licenziamento illegittimo per rifiuto a mansioni superiori

Cassazione Civile Sez. Lavoro n. 17713 del 19 luglio 2013


Di MaurizioTarantino - La prestazione di lavoro consiste nello svolgimentodi un'attività (facere … intellettuale omanuale) alle dipendenze dell'imprenditore. Per individuare concretamente tale attività e soddisfare il requisitodella determinazione dell'oggetto del contratto (art. 1346 c.c.), si fariferimento alle mansioni, ossia l'insieme di compiti che il lavoratore èchiamato a svolgere e per i quali è stato assunto, e che identificano laposizione di lavoro del soggetto.

Lo ius variandi ex art. 2103 c.c.(ante riforma), prevedeva il mutamentounilaterale delle mansioni, secondo cui il lavoratore poteva essere adibito amansioni diverse da quelle di assunzione, quindi anche inferiori. I limiti eranorappresentati dalla stessa retribuzione e quindi nessun mutamento sostanziale dellaposizione. Inoltre, era previsto il mutamento consensuale delle mansioni (previsto dall'autonomia contrattuale).

Successivamente , il nuovoistituto novellato dall'art. 13 L. 300/70, introduce una rigida tutela, infunzione garantista, delle mansioni; procedimentalizza lo ius variandi, eliminando ladistinzione tra mutamento delle mansioni unilaterale e consensuale

Invero, l'istituto disciplinal'adibizione del lavoratore alle mansioni per le quali è stato assunto o aquelle equivalenti (mobilità orizzontale)o superiori (mobilità verticale); esclude la mobilità verso il basso (dequalificazioneprofessionale) e considera nullo ogni patto contrario.

E' utile chiarire che sono equivalenti lemansioni che consentono l'utilizzo ed il perfezionamento del bagaglio dinozioni, esperienza e perizia acquisite nella fase precedente del rapportolavorativo. Il datore di lavoro può inoltre assegnare al dipendente mansionisuperiori soltanto per un periodo limitato o in via definitiva.

Al riguardo , l'articolo 2103c.c. opera una distinzione tra "promozionedefinitiva" e "promozioneex lege": la prima è stabile mentre la seconda temporanea, almeno finoa quando non sia trascorso il termine previsto dalla contrattazione collettiva(e non superiore a tre mesi) e purchè l'assegnazione non sia avvenuta persostituire lavoratori assenti con diritto alla conservazione del posto.

Il datore di lavoro può inveceassegnare unilateralmente la "promozione ex lege" quando vi sianoesigenze aziendali (e nel rispetto del termine massimo prescritto dalla legge)ossia la sostituzione di un superiore assente. Sono ipotesi riconducibiliall'articolo 2110 c.c. (infortunio, malattia, gravidanza, puerperio) e 2111c.c. (servizio militare), ma anche ad altri casi previsti dalla legge e dallacontrattazione collettiva (es.: ferie, permesso per lo svolgimento di attivitàsindacali, ecc.).

L'assegnazione provvisoria puòessere disposta dall'imprenditore a seguito di un provvedimento scritto, il cuicontenuto non esige il nominativo del collega sostituito e i motivi dellasostituzione. Peraltro, l'assegnazione di mansioni superiori mediante unprovvedimento formale non è necessario, essendo sufficiente che il datore dilavoro manifesti il consenso all'espletamento delle mansioni superiori.

Il lavoratore ha facoltà di accettare – anche implicitamente – orifiutare la promozione definitiva, seppur favorevole (In tal senso Cass.n. 5192/1994).

Orbene, premesso tutto quantoinnanzi esposto, nel caso di cui ci si occupa, con la sentenza de quo laSuprema Corte di Cassazione con la sentenzan. 17713 del 19 luglio 2013, ha accolto il ricorso di undipendente, che rivestiva la qualifica di quadro, ed era stato mandato a casaper non aver voluto assumere temporaneamente le funzioni di direttore di unipermercato.

Secondo i giudici della Supremacorte, al contrario di quanto fatto dallaCorte di appello, le doglianze del dipendente erano da prendere inconsiderazione in quanto il solo rischio di ricevere una imputazione “è di per sé pregiudizievole”. Inoltre,l'azienda nel prendere la sua decisione aveva fatto eccessivo riferimento sulmansionario interno, che invece è soltanto un documento unilaterale e dunquecon efficacia probatoria limitata.

Per cui gli ermellini hannocassato la sentenza rinviando alla Corte di appello di Palermo che dovràprocedere ad un nuovo esame della controversia sulla base del seguenteprincipio di diritto: “Il rifiuto, daparte del lavoratore subordinato, di essere addetto allo svolgimento dimansioni non spettanti può essere legittimo e quindi non giustificare il licenziamento in base al principio diautotutela nel contratto a prestazioni corrispettive enunciato dall'articolo1460 cod. civ., sempre che il rifiuto sia proporzionato all'illegittimocomportamento del datore di lavoro e conforme a buona fede (Cass. 12 febbraio2008, n. 3304)”.

Pertanto, ne consegue che deveconsiderarsi legittimo il rifiuto opposto da un dipendente di unasocietà che si occupa del commercio e della vendita di alimenti e bevande, eche è articolata sul territorio in più punti vendita, di svolgere il ‘serviziodi permanenza di direzione' di uno di questi - servizio checomporta l'assunzione del ruolo di responsabile dello stesso punto vendita , neisuoi riflessi anche penalistici - se non è dimostrato che si tratta di uncompito rientrante nella qualifica di competenza del lavoratore e che questi haconoscenze adeguate per il relativo svolgimento.

Dott.Maurizio Tarantino

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Data: 19/07/2013 09:52:00
Autore: Maurizio Tarantino