Nel valutare la domanda di liberazione anticipata, il giudice di sorveglianza non può non tenere conto del fatto che il detenuto abbia svolto attività lavorativa all'interno del carcere. Secondo infatti la Cassazione l'aver svolto in carcere attività di lavoro dimostra che il soggetto ha aderito alle proposte di "rieducazione" del carcere. Tale principio di diritto è stato messo nero su bianco dalla prima sezione penale con la sentenza n. 4522 dell'otto febbraio 2011. Secondo la ricostruzione della vicenda, il Tribunale di Sorveglianza di Palermo, riconosceva un periodo di tempo come valutabile ai fini della liberazione anticipata mentre negava tale richiesta in riferimento ad un altro periodo, spiegando che in capo al condannato risultasse solo la condotta scevra da rilievi disciplinari, quindi formalmente corretta, ma come tale insufficiente al chiesto beneficio per il quale si rendeva necessaria una fattiva adesione alle proposte rieducative.
Il detenuto impugnava così l'ordinanza del Tribunale di sorveglianza eccependo che non fosse stata valutata, ai fini della liberazione anticipata, il suo lavoro all'interno del carcere. La Corte di Cassazione, prima sezione penale, accogliendo la domanda del ricorrente e annullando l'ordinanza, spiegava che "risulta dunque che il Tribunale di competenza ha omesso di valutare la posizione del detenuto - per il periodo oggetto di diniego - con riferimento al lavoro svolto in carcere dallo stesso, come dalla relativa documentazione che risulta essere stata versata in atti. Tale omessa valutazione configura vizio di motivazione, posto che sia del tutto pacifico che l'attività lavorativa svolta in carcere non possa essere ignorata ai fini in parola onde stabilire se dalla stessa - per qualità, durata, svolgimento a richiesta, ecc. - sia positivamente desumibile, in una con ogni altro elemento di pertinente valutazione, l'inizio di un percorso partecipativo di risocializzai zone meritevole ex art. 54 Ord. Pen.- L'impugnata ordinanza va dunque per tal motivo annullata in parte qua. Il giudice di rinvio si atterrà, nel nuovo esame, eventualmente anche previ ulteriori accertamenti (richiedendo relazione), ai principi dettati dalla presente decisione di legittimità".

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