I Giudici di P.zza Cavour con tale sentenza (Cass. civ.sez. III, n. 20106/09), si pronunziano a favore dell'esistenza, quale principio generale, dell' "abuso del diritto" nel nostro ordinamento giuridico e nel diritto civile in particolare.
La sentenza degli Ermellini è un vero e proprio trattato di teoria generale del diritto , su uno dei principi più interessanti e nello stesso tempo controversi , dell'intero alveo del diritto civile, idoneo in astratto ad essere applicato ad una pluralità di fattispecie , in chiave compensativa dei diritti e degli obblighi delle parti, quando una delle due appare in posizione di svantaggio.
In sentenza, l'abuso del diritto appare quale sintomo rivelatore della violazione dell'obbligo di buona fede oggettiva, principio immanente all'intero impianto codicistico.
Per la Corte, gli elementi strutturali e sintomatici dell'abuso del diritto, ricostruiti attraverso l'apporto dottrinario e giurisprudenziale, risultano essere i seguenti: 1) la titolarità di un diritto soggettivo in capo ad un soggetto; 2) la possibilità che il concreto esercizio di quel diritto possa essere effettuato secondo una pluralità di modalità non rigidamente predeterminate; 3) la circostanza che tale esercizio concreto, anche se formalmente rispettoso della cornice attributiva di quel diritto, sia svolto secondo modalità censurabili rispetto ad un criterio di valutazione, giuridico od extragiuridico; 4) la circostanza che, a causa di una tale modalità di esercizio, si verifichi una sproporzione ingiustificata tra il beneficio del titolare del diritto ed il sacrifico cui è soggetta la controparte.
Così argomentando, L'abuso del diritto, non presuppone una mera violazione nel solo senso formale del termine, ma piuttosto un' alterato utilizzo della struttura formale del diritto stesso, per conseguire obiettivi ultronei rispetto a quelli previsti e regolati dal legislatore.
La fattispecie sarebbe ravvisabile, quando, nel collegamento tra il potere di autonomia conferito al privato ed il suo concreto esercizio, risulti alterata la funzione obiettiva dell'atto rispetto al potere che lo prevede, con buona pace della buona fede oggettiva.
L'abuso del diritto quindi, lungi dal presupporre una violazione in senso formale, delinea l'utilizzazione alterata dello schema formale del diritto, finalizzata al conseguimento di obiettivi ulteriori e diversi rispetto a quelli indicati dal legislatore.
Ricordiamo per completezza, che prima di approdare a tale "sentenza /trattato che "battezza" la figura dell'abuso quale principio generale, la previsione della stessa nell'alveo del diritto civile è stata controversa e dibattuta sia in dottrina che in giurisprudenza.
Secondo una parte di autorevole dottrina, il diritto soggettivo non corrisponde ad un concetto assoluto, anzi lo stesso possiede una proporzione intrinseca e come tale ha un limite, oltre al quale non merita più protezione. Il problema non si pone quando tale limite viene fissato direttamente dal legislatore, ma piuttosto quando con un'operazione ermeneutica bisogna ricercarlo.
Il principio cardine ed ispiratore di tale ricerca, potrebbe essere il seguente " si abusa del diritto quando si passa il suo limite obiettivo o si mira a conseguire uno scopo diverso da quello per il quale il legislatore ha concesso il diritto stesso".
Tutto ciò deve però contemperarsi con altre argomentazioni di pari valore, infatti tradizionalmente si asserisce che colui che esercita il proprio diritto soggettivo non è tenuto a risarcire gli altri soggetti in relazione agli eventuali pregiudizi che il corretto esercizio di questo diritto possa aver loro cagionato, ciò che suole compendiarsi con il brocardo "qui iure suo utitur neminem laedit".
Inoltre il progetto originario delle preleggi al cod.civ. prevedeva un articolo 7, poi eliminato, il quale prendeva in espressa considerazione la figura dell'abuso del diritto,, la voluta elisione parrebbe testimoniare la mancanza di volontá dell'inserimento nell'ordinamento di tale asserito principio. (tal senso Cass. Civ. Sez. Lavoro, 2831/90 ) Queste argomentazioni, di opposto segno, circa l'esistenza generalizzata del principio "de quo", hanno portato un'altra parte di ,altrettanto autorevole dottrina e giurisprudenza, ad asserire che la figura dell'abuso del diritto non esisterebbe nell'ordinamento civilistico e che si potrebbe al massimo porre un problema di limiti del diritto, di eventuale eccesso dello stesso, in sintesi di condotte illecite.
La presenza di alcune norme quali gli artt. C.c. 833 (atti d'emulazione) 844 (immissioni) e 1175 (comportamento secondo correttezza) che appaiono vietare l'abuso del diritto soggettivo inteso quale uso anormale, sarebbero comunque disposizioni di carattere eccezionale, non estensibili analogicamente , al fine di prediligere esigenze di certezza,prioritarie per il nostro sistema.
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