Legittimi gli studi di settore anche se il contribuente non partecipa al contraddittorio
Con la sentenza n. 15905/2010 la Cassazione ha stabilito che è legittimo l'accertamento fondato esclusivamente sugli studi di settore anche se il contribuente non ha fornito spiegazioni in sede amministrativa
Con la
sentenza n. 15905 depositata il 6 luglio scorso la Cassazione ha stabilito che è legittimo l'accertamento fondato esclusivamente sugli studi di settore anche se il contribuente non ha fornito spiegazioni in sede amministrativa, rimanendo così inerte rispetto all'invio al
contraddittorio. Secondo il giudizio dei giudici di Piazza Cavour, “egli assume le conseguenze di questo suo comportamento”. In particolare, la Corte, cassando la
sentenza impugnata dell'
Agenzia delle Entrate e citando una
sentenza delle sezioni Unite dello scorso anno (Sez. U.,
Sentenza n. 26635 del 18/12/2009), ha in proposito stabilito che “la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l'applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è “ex lege” determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli “standards” in sé considerati - meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività - ma nasce solo in esito al
contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell'accertamento, con il contribuente. In tale sede, quest'ultimo ha l'onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l'esclusione dell'impresa dall'area dei soggetti cui possono essere applicati gli "standards" o la specifica realtà dell'attività economica nel periodo di tempo in esame, mentre la motivazione dell'atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell'applicabilità in concreto dello "standard" prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente. L'esito del
contraddittorio, tuttavia, non condiziona l'impugnabilità dell'accertamento, potendo il giudice tributario liberamente valutare tanto l'applicabilità degli "standards" al caso concreto, da dimostrarsi dall'ente impositore, quanto la controprova offerta dal contribuente che, al riguardo, non è vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del procedimento amministrativo e dispone della più ampia facoltà, incluso il ricorso a presunzioni semplici, anche se non abbia risposto all'invito al
contraddittorio in sede amministrativa, restando inerte. In tal caso, però, egli assume le conseguenze di questo suo comportamento, in quanto l'Ufficio può motivare l'accertamento sulla sola base dell'applicazione degli "standards", dando conto dell'impossibilità di costituire il
contraddittorio con il contribuente, nonostante il rituale invito, ed il giudice può valutare, nel quadro probatorio, la mancata risposta all'invito.
Data: 08/08/2010 10:00:00
Autore: Luisa Foti