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Responsabilità disciplinare avvocato: basta la colpa

Il Consiglio nazionale forense chiarisce che per l'illecito disciplinare è sufficiente la colpa: non serve il dolo né la consapevolezza dell'illegittimità dell'azione


Con la sentenza n. 215 del 2025, pubblicata il 21 dicembre sul sito del Codice deontologico forense, il Consiglio nazionale forense è tornato a pronunciarsi sull'elemento soggettivo dell'illecito disciplinare, ribadendo un orientamento di particolare rilievo per la responsabilità dell'avvocato.

Il fatto oggetto del procedimento disciplinare

Il procedimento trae origine da una condotta professionale ritenuta non conforme ai doveri deontologici, posta in essere dall'avvocato nell'esercizio dell'attività forense. L'incolpato aveva sostenuto l'assenza di responsabilità disciplinare, deducendo di aver agito nella convinzione della liceità del proprio operato e invocando, di fatto, una causa di giustificazione fondata sulla mancanza di dolo.

L'elemento soggettivo nell'illecito disciplinare

Il Consiglio nazionale forense ha chiarito che, ai fini dell'imputabilità dell'infrazione disciplinare, non è richiesta la consapevolezza dell'illegittimità della condotta, né la presenza di dolo, sia esso generico o specifico. È sufficiente, invece, la volontarietà dell'azione che risulti deontologicamente scorretta.
La responsabilità disciplinare può quindi fondarsi anche sulla colpa, intesa come violazione dei doveri professionali per negligenza, imprudenza o imperizia.

Irrilevanza della convinzione soggettiva dell'avvocato

Secondo la decisione, non assume rilievo la circostanza che il professionista abbia ritenuto, soggettivamente, di agire in presenza di una causa di giustificazione o di non punibilità. La valutazione disciplinare resta ancorata alla oggettiva contrarietà della condotta alle regole deontologiche e alla sua riferibilità volontaria all'incolpato.

Le motivazioni della decisione

Il CNF ha evidenziato che il sistema disciplinare forense ha una funzione di tutela dell'affidamento dei cittadini e del decoro della professione. In tale prospettiva, limitare la responsabilità ai soli casi di dolo comprometterebbe l'effettività delle regole deontologiche.
La colpa, pertanto, è elemento sufficiente a fondare l'illecito, purché l'atto sia stato volontariamente compiuto e risulti in contrasto con i doveri imposti dal Codice deontologico forense.

Principio di diritto e ricadute pratiche

La sentenza n. 215/2025 ribadisce un principio chiaro: l'avvocato risponde disciplinarmente anche quando la violazione non sia sorretta da intento doloso, ma derivi da una condotta colposa.
Ne discende un rafforzamento del dovere di diligenza professionale e dell'obbligo di costante attenzione alle regole deontologiche, la cui inosservanza può determinare responsabilità anche in assenza di consapevole volontà di violarle.

Data: 31/12/2025 08:00:00
Autore: Marina Crisafi