Quando il web finisce in tribunale: il caso Phica.xx
Tra libertà online e responsabilità penale
La vicenda legata alla chiusura del sito Phica.xx, divenuto per anni luogo di pubblicazione di fotografie e video intimi sottratti o diffusi senza il consenso delle persone ritratte, offre lo spunto per riflettere sul delicato rapporto tra libertà di espressione in rete e tutela dei diritti fondamentali della persona.
La rete digitale, lungi dal configurarsi come una "zona franca" sottratta al diritto, rappresenta uno spazio in cui trovano piena applicazione i principi costituzionali e la normativa penale e civile.
L'applicabilità delle norme penali e civilistiche allo spazio digitale
Già la giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. pen., sez. V, n. 5107/2000) ha chiarito che internet costituisce un mero mezzo di comunicazione: le condotte poste in essere online sono suscettibili di integrare gli stessi reati previsti per i contesti "analogici".
Il legislatore, peraltro, ha rafforzato negli ultimi anni la tutela della sfera privata attraverso strumenti specifici: dal Regolamento UE 2016/679 (GDPR), recepito con il d.lgs. 101/2018, fino all'introduzione nel codice penale dell'art. 612-ter c.p. (c.d. revenge porn) con la L. 69/2019 (Codice Rosso).
Le fattispecie incriminatrici potenzialmente configurabili
La condotta di diffusione di contenuti intimi non autorizzati può integrare una pluralità di fattispecie penali:
• Trattamento illecito di dati personali (art. 167 d.lgs. 196/2003), che punisce l'utilizzo di dati in violazione della normativa privacy con dolo specifico di profitto o danno.
• Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti senza consenso (art. 612-ter c.p.), che sanziona con la reclusione da 1 a 6 anni la pubblicazione o diffusione di contenuti destinati a rimanere privati.
• Interferenze illecite nella vita privata (art. 615-bis c.p.), nei casi in cui i contenuti siano stati carpiti con modalità fraudolente.
• In ipotesi più gravi, associazione per delinquere telematica (art. 416 c.p.), ove emergano strutture organizzate di gestione e profitto.
La Cassazione, in più occasioni, ha ribadito che la diffusione massiva tramite piattaforme digitali aggrava l'offensività della condotta (Cass. pen., sez. III, n. 4616/2020, in tema di revenge porn).
La responsabilità degli utenti "passivi"
Non solo gli amministratori, ma anche gli utenti del sito possono rispondere penalmente. Ai sensi dell'art. 110 c.p., infatti, il concorso di persone nel reato si configura anche per condotte di agevolazione o rafforzamento, quali il caricamento di ulteriori contenuti, i commenti volti a incentivare la diffusione, o la condivisione su altre piattaforme.
La polizia giudiziaria, attraverso il tracciamento degli indirizzi IP, può risalire anche a tali contributi "secondari". La giurisprudenza è sempre più attenta a ricomprendere nel perimetro della responsabilità anche le forme di partecipazione che, pur non essendo determinanti, concorrono a mantenere in vita fenomeni di violazione seriale della privacy (cfr. Cass. pen., sez. V, n. 24431/2019).
Il bilanciamento costituzionale: art. 21 Cost. vs artt. 2, 3 e 13 Cost.
Il caso pone in rilievo il conflitto tra la libertà di manifestazione del pensiero (art. 21 Cost.) e i diritti inviolabili della persona (artt. 2, 3 e 13 Cost.), tra cui la riservatezza, la dignità e l'autodeterminazione sessuale.
Secondo la Corte costituzionale (sent. n. 1/1981), la libertà di espressione non è mai un diritto "tiranno", ma incontra limiti laddove interferisce con beni giuridici primari. In tal senso, la normativa sul revenge porn rappresenta una declinazione necessaria del bilanciamento, volta a tutelare la persona nella sua dimensione più intima.
Considerazioni conclusive
Il caso Phica.xx evidenzia come il diritto penale e la disciplina sulla protezione dei dati costituiscano strumenti essenziali per presidiare la sfera privata nell'ecosistema digitale.
Se, da un lato, l'azione repressiva è imprescindibile, dall'altro si impone un percorso di educazione alla consapevolezza digitale, affinché gli utenti comprendano che la responsabilità in rete è personale e giuridicamente rilevante.
La privacy online non è un'opzione, ma un diritto fondamentale: la sua violazione segna il confine tra libertà online e reato, e legittima l'intervento dei giudici.
Autore: Chiara Ruggiero